Un testa a testa triennale

    SODO E MINIMA LAVORAZIONE

    I dati su frumento delle prove di Agricoltura blu a Ceregnano (Ro) vedono prevalere il no tillage sul minimum

    Il cambiamento repentino del panorama economico dell’agricoltura avvenuto a inizio autunno del 2008 e che si sta perpetrando anche nel 2009, ha visto il crollo delle quotazioni sui mercati nazionali dei cereali e della soia, comportando gravi conseguenze economiche alle aziende agricole, le quali hanno riconcentrato la loro attenzione sull’ottimizzazione deifattori produttivi per poter mantenere degli utili positivi.

    La gestione delle tecniche colturali secondo metodologie di agricoltura conservativa era passata leggermente in secondo piano negli ultimi due anni, a causa di quotazioni considerevoli dei cereali e soia che permettevano di puntare più sulla produttività a ettaro anziché sulla redditività ottenuta con una equilibrata riduzione dei costi produttivi. In quest'ottica si inseriscono le prove di Agricoltura blu condotte presso l’azienda “Sasse Rami” di Ceregnano (Ro) di Veneto Agricoltura, condotte da un triennio e che vedono a confronto le tecniche di coltivazione con minima lavorazione e semina su sodo.

    In quest’occasione ci concentreremo sulla coltura del frumento, per poi dedicarci in altri contributi a mais e soia.

    L’itinerario tecnico programmato per il frumento ha compreso una concimazione di fondo superficiale, una lavorazione senza inversione degli strati (multitiller o erpice combinato) sulle parcelle MT, mentre le parcelle NT hanno mantenuto il medesimo stato alla raccolta, e la semina ad ottobre, un diserbo in post-emergenza, nitratazione ad inizio marzo, diserbo di post-emergenza primaverile e la difesa fitosanitaria a fine aprile inizio maggio e infine la raccolta. Il percorso colturale nelle due tesi è differito quindi solamente per quanto concerne le lavorazioni del terreno, con qualche lieve variazione per principi chimici e dosi nei tre anni.

    Una completa valutazione delle tecniche applicate, prevede la valutazione delle macchine utilizzate in entrambi le tesi.
     

    Seminatrici per minima lavorazione
    Vaderstad Rapid 300 S Super XL
    (frumento MT 2005/2006)

    La seminatrice meccanica trainata Vaderstad Rapid 300 S Super XL, realizzata negli stabilimenti norvegesi della Vaderstad, con larghezza di lavoro di 3,0 m e un interfila di semina di 125 mm, è composta da un erpice a dischi dentati su due file, del diametro di 450 mm e inclinati rispetto alla direzione di avanzamento di 13°, disposti su due ranghi che assolvono la funzione di eseguire una prima lavorazione del terreno con parziale interramento dei residui.

    La distribuzione del seme viene regolata da una serranda meccanica che agisce su rulli distributori in movimento, mentre la deposizione avviene nei solchi lasciati aperti, da assolcatori a disco del diametro di 410 mm e inclinati di 5 gradi rispetto all’avanzamento e disposti su due file sfalsate e non in linea, che in seguito vengono chiusi dal rullo posteriore a ruote in gomma che permette la chiusura del solco grazie alla pressione esercitata sui lati del solco, evitando così di  compattare il suolo sulla parte superiore dove ci sarà la germinazione delle plantule. L’erpice a denti elastici presente nella parte posteriore assolve la funzione di distribuire in modo omogeneo i residui colturali presenti in superficie.

    Da considerare la presenza di molteplici possibilità di regolazione sia per i dischi di lavorazione, che possono essere esclusi idraulicamente, sia per gli assolcatori di semina che possono determinare la profondità di semina, mentre rullo ed erpice a denti elastici montati posteriormente sono dotati di un parallelogramma articolato permettendo così un oscillazione verticale degli organi di 140 mm.

     

    Amazone Drill Star RP AD 302
    (frumento MT 2006/2007)

    L’Amazone Drill Star RP AD 302 è una macchina combinata composta da un erpice rotante, un rullo e una seminatrice a righe a distribuzione meccanica. Può effettuare la semina diretta su terreno preparato in modo convenzionale o, quando munita di assolcatore a disco, opera anche su terreno sodo e, quindi, in presenza di residui vegetali.

    L’erpice rotante monta degli utensili di forma particolare caratterizzati da una punta rivolta leggermente in avanti. In questo modo parte del terreno superficiale viene sollevata verso l’alto e ciò determina una selezione dimensionale durante la ricaduta: la terra fine tende a depositarsi poco sotto la superficie, lasciando in copertura zollette di maggiori dimensioni, mentre il residuo si deposita al di sopra del terreno comportando un effetto pacciamante. Il letto di semina diventa ottimale dopo il passaggio della livella posteriore.

    Un’altra caratteristica che contraddistingue questo erpice è il minor numero di rotori (10 per 3,0 m di larghezza), cosa che riduce l’intensità della lavorazione (con vantaggi agronomici) e migliora il disimpegno in presenza di residui colturali. A tale aspetto contribuisce anche la lunghezza del dente (320 mm), la maggiore luce libera fra la cassa dell’erpice e il suolo e l’assenza di pieghe e bulloni che potrebbero fornire un appiglio al residuo vegetale. Prova della buona capacità di destreggiarsi nei residui l’impiego su stocchi di mais è la possibilità di lavorare a velocità superiori a 8 km/h.

    L’erpice rotante è sempre seguito da una barra livellatrice e da un rullo compattatore ad anelli gommati. La barra livellatrice favorisce il pareggiamento del terreno lavorato e il rullo esegue un assestamento a bande del terreno, lasciandolo soffice a disposizione del copri seme terminale, mentre il terreno dove andrà deposto il seme è giustamente compresso per garantire un ottimale contatto tra le rispettive superfici. Sul rullo grava gran parte del peso della macchina per cui l’erpice lavora flottante rispetto al terreno. Il dispositivo di aggancio fra le due unità (lavorazione e semina) è pratico e funzionale.

    La seminatrice è meccanica, dotata di riduttore a variazione continua che consente di dosare da 1 a 400 kg di seme per ettaro. Punto di forza è l’assolcatore a disco singolo, liscio e concavo, munito di un secondo disco che regola, limitandola, la profondità di semina e provvede alla sua pulizia. Fra i due è inserito l’adduttore del seme protetto da uno speciale corpo in ghisa. Su ciascun assolcatore grava un peso di 35 kg.

    La chiusura del solco è realizzata da un pettine munito di denti fortemente inclinati e posizionati distanti dall assolcatore per garantire un corretto sfogo al residuo colturale presente sulla superficie. La pressione sull’assolcatore e sul copri seme è regolabile manualmente o anche mediante dispositivo idraulico.
     

    SpeedyCut Forigo-Agriwork 300
    (frumento MT 2007/2008)

    La seminatrice portata combinata, di fabbricazione italiana, è composta da erpice rotante Forigo e seminatrice pneumatica Agriwork. La larghezza di lavoro della combinata è di 3,0 m.

    L’attrezzatura è costituita da una dischiera a dischi verticali diritti e lisci posizionati su cuscinetti lubrificati con un interspazio di 280 mm che precede l’erpice rotante, il quale assolve il compito di tagliare i residui colturali presenti sul terreno. L’erpice rotante è costituito da 12 rotori sui quali sono montati coltelli tradizionali, una lama livellatrice e un rullo tipo packer con raschia fango.

    La seminatrice, dotata di distribuzione pneumatica, con elementi di semina a disco del diametro di 295 mm, dotati di controdisco di 250 mm per la pulizia dell’organo di semina, è predisposta per un interfila di semina di 125 mm. La profondità di semina viene determinata tramite barra filettata e la pressione degli elementi di semina è regolata con molle di acciaio e catene di pretensionamento.

    La distribuzione del seme avviene in modo pneumatico grazie a un ventilatore azionato da una trasmissione a cinghia che deriva il moto dalla coppia conica dell’erpice rotante azionato dalla presa di potenza del trattore. Il seme è dosato da un rullo a celle semiconiche azionato da una ruota dentata posizionata sul lato posteriore sinistro della seminatrice, il tutto controllato dal sistema di monitoraggio elettronico del seme.

    La chiusura dei solchi di deposizione del seme è operata dall’erpice a denti elastici a doppia fila con terminale ricurvo posizionato posteriormente che ha, inoltre, la funzione di distribuire i residui vegetali.

     

    Seminatrici per semina su sodo
    Gaspardo Directa 300
    (frumento NT 2005/2006)

    La seminatrice meccanica trainata Gaspardo Directa 300, costruita negli stabilimenti Gaspardo di Morsano al Tagliamento (Pn), della larghezza di lavoro di 3,0 m con interfila di semina di 125 mm, ha un serbatoio semente di 1.000 dm3. La distribuzione del seme è svolta da rulli azionati da una ruota di traino e regolata da una serranda a ghigliottina, mentre la deposizione del seme avviene nei solchi creati dai dischi assolcatori del diametro di 475 mm che, essendo dotati di bordo dentato e inclinato, riescono a incidere il terreno sodo e i residui presenti, grazie anche alla pressione di 200 kg che grava su ciascun organo lavorante.

    I dischi posizionati su due file e intervallati trasversalmente sono dotati di un anello limitatore di profondità, realizzato in metallo o gomma che permette di far deporre il seme a 55 o 36 mm al di sotto della superficie, e di un sistema di ammortizzazione a molla che permette di regolare il carico indipendentemente. Il seme deposto viene ricoperto dal terreno tramite un ruotino in ghisa dal bordo angolato e leggermente inclinato, posizionato dietro l’assolcatore che chiude il solco di semina. La parte terminale della seminatrice vede il posizionamento di un erpice a denti elastici con funzione di distribuire i residui colturali presenti sulla superficie.
     

    Bertini 22.000
    (frumento NT 2006/2007)

    La Bertini 22000 è una seminatrice da sodo che si caratterizza per la sua polivalenza: può infatti operare la semina di precisione e la semina a righe di tutte le principali colture purché richiedano una distanza tra le file uguale o maggiore di 200 mm. La seminatrice è trainata, della larghezza effettiva di lavoro di 3,0 m con ingombro trasversale in fase di trasporto di 2,5 m e con le ruote di supporto posizionate sulla parte terminale del timone, anteriormente agli organi di semina.

    La struttura portante è composta da un telaio e un timone di collegamento con il trattore, una tramoggia, il sistema di ventilazione, azionato da una pompa idraulica montata sulla presa di potenza del trattore, il sistema di distribuzione del seme e le unità di semina.

    Per la semina a righe la distribuzione meccanica avviene dalla tramoggia con due rulli estrattori di tipo volumetrico (uno per il seme, l'altro per il concime) indipendenti e azionati con trasmissione a catena dalla ruota con possibilità di variazione meccanica del regime di rotazione attraverso un cambio a 81 velocità. Le unità di semina sono collegate singolarmente al telaio attraverso un sistema a parallelogramma articolato e sono formate da organi per la preparazione del terreno, la deposizione del seme e il ricoprimento del solco.

    Gli organi per la preparazione del terreno sono posti anteriormente agli assolcatori e sono costituiti da un singolo disco variamente corrugato (sostituibile in funzione delle condizioni del terreno) affiancato da due bande spiralate in acciaio temperato, e da una paletta ferma residuo che permette di tagliare i residui ed evitare che si pieghino depositandosi sul fondo del solco. La loro funzione è quella di mantenere integri i lembi del terreno e dei residui tagliati e di provvedere alla pulizia del disco stesso. Sono disponibili 4 tipologie di disco, caratterizzati da una diversa larghezza di lavoro e da una diversa aggressività, che vanno selezionate in funzione del tipo di terreno, del tipo di residuo e della distanza fra le file.

    Gli assolcatori sono a doppio disco a "V" stretta, affiancati da una coppia di ruote metalliche di profondità e seguiti da un deflettore di materiale plastico per assicurare meglio il seme al terreno nella fase di caduta. Le ruote di profondità sono metalliche, hanno una larghezza contenuta e una sezione trapezoidale: oltre alla pulizia del disco provvedono quindi anche a fornire una pressione diversificata al terreno dal bordo del solco verso l'esterno.

    L'apparato per la chiusura del solco consta di una coppia di ruote, anch'esse metalliche, di minor diametro, a bordo stellato e leggermente divaricate, anteriormente dotate di un margine dentato. Tutte le componenti descritte sono regolabili, mentre le unità di semina possono essere facilmente spostate e aggiunte per ottenere la distanza tra le file voluta. In presenza di abbondanti residui colturali i problemi di ingolfamento sono stati eliminati disponendo le unità di semina leggermente sfalsate in due ranghi in modo tale da creare una linea spezzata di attacco al residuo.

     

    Agrometal Thesis
    (frumento NT 2007/2008)

    La macchina costruita in Brasile, di tipo trainata meccanica, composta da 14 elementi seminatori costituiti da un disco corrugato turbo montato su braccio mobile con molla di richiamo, per adattarsi al terreno con funzione di taglio dei residui, da un assolcatore a doppio disco liscio per l’apertura del solco e la deposizione del seme, seguito da lama premiseme di plastica e ruote chiudi solco in ghisa posizionate a V, permette di deporre il seme con interfile di 175 mm.

    L’attacco degli organi di semina al telaio avviene tramite 2 bracci articolati su boccole lubrificate e regolati con molle di carico, in modo da poter caricare sul seminatore un peso massimo di 250 kg. Il telaio della macchina è realizzato con tubo strutturale in grado di supportare il peso delle tramogge per la semente e il concime che possono essere distribuiti contemporaneamente. La locomozione stradale e di campo avviene tramite una coppia di ruote posizionate all’estremità posteriore della macchina, che in fase di lavoro transitano sul terreno già seminato.

    La distribuzione meccanica del seme è regolata da un cambio meccanico azionato da una ruota motrice, posizionata tra le due ruote di supporto posteriori, che muove i rulli dosatori. Il sollevamento della seminatrice al termine della fase di lavoro avviene tramite martinetti idraulici posizionati sul timone e sulle ruote posteriori, mentre i tracciafile a disco zavorrato sono azionati idraulicamente in modo indipendente dall’operatore.

    Rese delle colture

    Oltre alle valutazioni tecniche del percorso colturale adottato e delle seminatrici utilizzate, dobbiamo valutare i risultati ottenuti, che sono rappresentati dalle rese delle colture nei tre anni e confrontati fra le due tecniche. La coltivazione del frumento ha coinvolto l’utilizzo di 6 cultivar commerciali, usate in entrambi le tesi e per la durata triennale della sperimentazione. La misurazione delle rese durante la raccolta del frumento è avvenuta sia in modo parcellare sia con la raccolta a pieno campo.

    La raccolta parcellare ha previsto la raccolta manuale delle piante intere presenti sull’area interessata con la consecutiva pesatura della pianta intera, il conteggio delle spighe per metro quadro e la sgranatura delle spighe. La granella è stata utilizzata per la determinazione del peso dei mille semi e di quello per spiga.

    La raccolta in campo sull’intera parcella è avvenuta con la mietitrebbiatrice, dalla quale è stato raccolto un campione per ciascuna varietà per rilevarne l’umidità e il peso ettolitrico, tramite la strumentazione aziendale costituita da un determinatore elettronico Grainmeter.

    L’andamento stagionale ha influenzato in modo statisticamente significativo le rese
    , il peso di 1.000 semi e il peso ettolitrico, con valori decisamente superiori nel primo anno rispetto agli anni successivi. Premesso che tutti i parametri produttivi misurati non si sono dimostrati statisticamente differenti rispetto ai sistemi di lavorazione del terreno, la resa media dei tre anni di prova mostra che la produzione delle parcelle NT è leggermente superiore a quella delle parcelle MT, nonostante quest’ultime presentino un maggior numero di spighe per metro quadro. Minime differenze si notano nei valori relativi al peso dell’intera pianta, dei mille semi e del peso ettolitrico.

    Per quanto riguarda le varietà utilizzate differenze statisticamente significative si sono verificate in entrambe le rese solamente tra le varietà D (poco produttiva) ed E (più produttiva) e nel peso di 1.000 semi ed ettolitrico.

    La Fig. 1 mostra come le rese nell’arco del triennio risultino essere molto simili nella coltivazione con tecnica MT, mentre la semina su sodo comporta una maggior variabilità del fattore cultivar. Si può notare, infatti, che 4 varietà su 6 hanno avuto rese leggermente superiori su NT rispetto a MT e due leggermente inferiori. Tale risultato permette di affermare che la coltura del frumento risente solo in minima parte della tecnica di coltivazione, anzi con la semina su terreno sodo raggiunge risultati simili o superiori alla minima lavorazione. Nonostante questo, la maggiore variabilità riscontrata in NT evidenzia una leggera influenza della lavorazione sulla capacità produttiva della coltura e tende a consigliare tecniche di minima lavorazione per ottenere una resa costante negli anni, a meno che non si abbia una conoscenza approfondita dl panorama varietale che permetta un buon adattamento di alcune cultivar alla tecnica della semina su sodo.

    Valutazioni economiche

    La considerazione delle rese comporta la valutazione economica della coltura stessa in base alle quotazioni annuali ottenute alla borsa merci di Bologna e il conseguente raffronto nel corso dei tre anni. La valutazione economica della sperimentazione condotta considera i costi di produzione, la produzione lorda vendibile realizzata e il reddito lordo prodotto.

    I dati di sementi, concimi, e difesa, risultano essere uguali per ciascuna coltura in entrambi le tesi, poiché le dosi di seme utilizzate sono state fissate nella prima annata e non modificate in seguito. Tale modalità operativa è stata adottata anche per i concimi e le pratiche di difesa dalle infestanti e dalle avversità fitopatologiche. Le variazioni economiche a carico dei fattori produttivi possono essere perciò imputabili solamente a variazioni di prezzo.

    La produzione lorda vendibile è stata ottenuta considerando le rese espresse in precedenza, con i prezzi medi registrati alla borsa merci di Bologna nell’annata di coltivazione che hanno riportato valori di 174,50 €/t per il frumento.

    Considerando la produzione lorda vendibile riportata in Tab. 3, si può notare che il frumento MT ha riportato valori inferiori all’NT. Il reddito lordo mostra il medesimo andamento della Plv, perché si registrano valori considerevolmente superiori nella tesi NT rispetto a MT.

    Nell’annata 2006/2007 si è verificato un consistente innalzamento dei fattori produttivi dovuto in particolar modo ai prezzi di sementi e concimi. Tale condizione ha fatto aumentare i costi di produzione, a cui ha risposto un innalzamento delle quotazioni dei prodotti raccolti, come dimostrato dalle quotazioni della borsa merci di Bologna che ha fissato il prezzo del frumento a 249,00 €/t. Tale insieme di fattori ha permesso di mantenere un reddito lordo positivo in entrambi le tesi, differenziate per un reddito maggiore nella semina su sodo.

    L’annata 2007/2008 si è caratterizzata per i prezzi dei fattori produttivi molto alti che hanno subito un aumento rispetto all’annata precedente, e in aggiunta si è registrato un crollo delle quotazioni delle merci sui mercati nazionali. Infatti, le quotazioni del frumento si sono fermate a 157,00 €/t.

    La media del triennio presenta un vantaggio del frumento nella semina su sodo, in cui riesce a fornire un maggior reddito dovuto in particolar modo al contenimento dei costi produttivi da imputare soprattutto alle macchine impiegate.

    La Fig. 2 mostra come si struttura l’incidenza di ciascun fattore produttivo nel complesso del conteggio dei costi, raffrontando la minima lavorazione con la non lavorazione. In tutti e tre gli anni si può notare che l’unica voce a variare è quella relativa alle macchine legata a interventi più energici nella preparazione del terreno nelle tesi di minima lavorazione. Infatti, si è registrata nella non lavorazione una riduzione media del consumo di gasolio pari a circa 20 €/ha. La rappresentazione grafica considera la media dei costi produttivi dei tre anni di sperimentazione.

    In sintesi possiamo affermare che la coltura del frumento ha permesso di ottenere risultati migliori con la semina su terreno sodo, in quanto le produzioni non hanno subito contrazioni statisticamente significative, ma sono state leggermente superiori rispetto alla minima lavorazione. Parimenti quindi il reddito è risultato superiore alla minima lavorazione soprattutto grazie al minor costo dell’operazione di semina nella tecnica della non lavorazione.
     

    SODO E MINIMA LAVORAZIONE - Ultima modifica: 2009-04-24T14:44:47+02:00 da Redazione Terra e Vita

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