Cassazione: l’attività connessa estesa a chi non fa attività agricola

La Corte di cassazione con la sentenza n. 15708/09 depositata il 3 luglio 2009 sostiene che l’attività connessa può essere svolta anche da un soggetto diverso da quello che effettua l’attività agricola principale

La Corte di cassazione con la sentenza n. 15708/09 depositata il 3 luglio 2009 sostiene che l’attività connessa può essere svolta anche da un soggetto diverso da quello che effettua l’attività agricola principale; l’affermazione è fortemente innovativa e si pone in contrasto con un principio assodato nella prassi secondo il quale le attività connesse sono agricole in quanto accessorie e strumentali alla attività agricola.

 

La questione esaminata riguardava il caso di una società semplice costituita da tre imprese agricole, la quale provvedeva alla trasformazione e vendita dei prodotti agricoli ottenuti sui terreni dei soci.

 

In sostanza gli agricoltori A), B) e C) conducevano autonomamente le proprie aziende agricole e trasferivano alla società semplice D) i loro prodotti agricoli affinché la società fra gli stessi costituita provvedesse alla lavorazione e vendita dei prodotti medesimi.

 

A seguito di una verifica presso la società semplice, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto (correttamente) che l’attività svolta avesse natura commerciale inquadrabile pertanto nell’articolo 2195 del c.c. e non tra quelle agricole di cui all’articolo 2135; di conseguenza occorreva assoggettare a tassazione il relativo reddito prodotto, in particolare riconducendolo alla categoria dei redditi d’impresa.

 

In particolare l’Agenzia aveva sostenuto che non è inquadrabile nel normale esercizio dell’agricoltura l’attività di lavorazione e commercializzazione dei prodotti acquistati, ancorché derivanti dai terreni coltivati dai soci e quindi l’attività ha natura commerciale benché nello statuto fosse inquadrata fra quelle agricole.

La tesi della Agenzia delle Entrate è ampiamente condivisibile in quanto le attività connesse di cui all’articolo 2135 del codice civile (manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione e alienazione) devono avere come oggetto i prodotti ottenuti sul fondo o nell’allevamento e devono essere effettuate dal medesimo soggetto che svolge l’attività agricola principale.

 

La Corte di cassazione afferma invece che la legge non richiede esplicitamente che via sia una connessione di tipo soggettivo o oggettivo, ma che occorre valutare caso per caso la natura agricola o meno dell’attività esercitata, in termini quantitativi e qualitativi degli apporti effettuati dai soci. Il dispositivo ancorché favorevole al contribuente e contrario alla tesi della Amministrazione finanziaria porta a una conclusione che non trova riscontro nelle norme di legge.

 

L’articolo 2135, comma 3, del codice civile dispone che «si intendono comunque connesse le attività esercitate dal medesimo imprenditore agricolo dirette alla manipolazione»; quindi il dettato civilistico dice chiaramente che si deve trattare del medesimo soggetto che svolge le attività agricole e quelle connesse. Si pensi al rigore posto dalla legge sull’agriturismo (L. 20 febbraio 2006, n. 96) in ordine alla circostanza che tale attività è agricola alla sola condizione che sia svolta dal soggetto che esercita l’attività agricola in connessione con essa. Ai fini delle imposte dirette non è possibile inquadrare un soggetto terzo come la società semplice nel caso esaminato dalla Suprema corte, nell’ambito dell’articolo 32 del Tuir che prevede la tassazione in base al reddito agrario; infatti non è possibile attribuire la tassazione catastale a un soggetto (la società semplice) che non ha terreni in conduzione in quanto manca l’oggettivo riferimento al terreno.

Ai fini dell’Iva l’articolo 34 del Dpr n. 633/72 elenca puntualmente i soggetti che possono rientrare nel regime speciale e non prevede fra gli organismi associativi la società semplice costituita tra produttori agricoli ma soltanto le associazioni riconosciute (di produttori) e le società cooperative.

Recentemente il legislatore ha esteso il concetto di imprenditore agricolo alle società di trasformazione con l’articolo 1, comma 1094, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, norma non presa in considerazione nella sentenza della Suprema corte. Tale disposizione prevede che si considerano imprenditori agricoli le società di persone e le società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli che esercitano esclusivamente le attività di trasformazione e vendita dei prodotti agricoli ceduti dai soci. In questo caso il reddito prodotto ha natura di reddito d’impresa determinato in base al bilancio oppure forfetariamente con il coefficiente di redditività pari al 25% dei ricavi.

Cassazione: l’attività connessa estesa a chi non fa attività agricola - Ultima modifica: 2009-08-05T14:09:42+02:00 da Redazione Terra e Vita

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