Bio, boom di vendite nei negozi specializzati e nella gdo

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I tedeschi restano i maggiori consumatori (in Germania sono bio il 5,5% dei consumi alimentari complessivi). In Spagna un balzo in avanti del 90%. Al Sana di Bologna (7-10 settembre) tutti i dati del settore e la presentazione dell'indagine sull'ortofrutta di Assobio.

Da tempo nella maggior parte dei Paesi europei il canale principale per la distribuzione dei prodotti biologici non è rappresentato dai negozi specializzati né tanto meno dai farmers market, ma è la grande distribuzione, anche se con una tendenza diversa da Paese a Paese.

In Francia, per esempio, dove pure operano catene specializzate come BioCoop (vendite annuali per 1,1 miliardi), la Vie Claire, Les Comptoirs del al Bio, BioMonde, Naturalia e Accord Bio (ciascuno con fatturato compreso tra i 200 e i 250 milioni), dal 2008 la leadership nelle vendite è appannaggio delle catene generaliste.

Il fatturato biologico di Carrefour è di 1,3 miliardi (e l’amministratore delegato Alexandre Bompart ha annunciato l’obiettivo di triplicare le vendite per arrivare a 5 miliardi entro il 2022), Casinò ha da anni in portafoglio la catena di supermercato biologici Naturalia (240 milioni) che con Monoprix e le altre insegne del gruppo porta in cassa 1,1 miliardi. Leclerc è a 0,7 miliardi, ma stando a quanto dichiara Michel Édouard-Leclerc, a capo del gruppo, potrebbe investire per arrivarea 200 punti vendita focalizzati sul bio.

C’è anche chi (quasi) raddoppia

La Spagna è un paese nel quale la crescita del consumo biologico è stata del 90% (molto più elevata di quella registrata sulle superfici, +29,3% e per i produttori, +23,6%) e, anche se prevale il canale specializzato, che di recente ha dato vita all’Asociación de Empresarios y Supermercados Ecológicos, il peso di Aldi, Carrefour, Eroski e El Corte Inglés aumenta
mese dopo mese, assieme all’entità delle linee a private label e dello spazio a scaffale.
La scommessa della Gdo sul biologico contribuisce all’aumento della domanda, che a sua volta alimenta un ampiamento dell’offerta.

Se guardiamo invece la Gran Bretagna, vediamo che qui le vendite di alimenti e bevande
biologiche nel 2017 sono aumentate del 6% (contro il 2% di crescita dell’alimentare nel suo complesso secondo la Food and Drink Federation) per un valore di 2,4 miliardi di euro. Il valore delle vendite in Gdo è aumentato del 4,2%, mentre i servizi a domicilio, compresi gli schemi di abbonamento a consegna settimanale, hanno visto un balzo del 9,5%, in linea con l’andamento del retail indipendente e delle vendite dirette, che hanno registrato un +9,7%.

Il maggior mercato europeo è la Germania, dove la quota del biologico sulla spesa alimentare ha raggiunto il 5,7% (rispetto al 2,9% del 2007, un raddoppio in 10 anni), con il 98% delle famiglie che nell’anno ha acquistato almeno una volta prodotti bio. È evidente che l'industria alimentare mainstream e Gdo non potevano stare a guardare: tutte le catene hanno dato rilievo alla categoria nelle loro strategie, con l’intento di attrarre non i consumatori occasionali, ma proprio quel 12% di Bio-Fan che, da soli, rappresentano oltre il 50% della spesa biologica (e anche al di là della gamma bio spendono più della famiglia media). Come risultato, a metà dell’anno scorso la quota di mercato della Gdo ha raggiunto il 63,8% (guadagnando il 4,1% di quota in due anni), in crescita dell’8,8% in valore, quandola crescita in valore del canale specializzato è stata un frazionale +0,4%.

Aldi punta a un’offerta completa

A far la parte del leone è discounter Aldi, che entro la fine dell’anno porterà a 350 le referenze biologiche a suo marchio in Aldi Nord e a 310 in Aldi Süd, con l’obiettivo di offrire
ai consumatori l‘intera spesa settimanale in versione bio.
Gdo nettamente in testa anche in Svezia, dove la sola Ica detiene una quota del 29%
di un mercato che vale 2,8 miliardi di euro (una quota del 9,1% dei consumi alimentari nel
2017, in incremento di 0,4 punti), seguito da Systembolaget (il monopolio di stato sulle
bevande alcoliche) col 19% e da Coop con l’11%, da Axfood, Lidl, Mathem e Netto.
È pacifico che lo sviluppo della distribuzione convenzionale è inarrestabile in tutto il continente e che gli specialisti sono chiamati a considerare nuove formule per mantenere le
quote di mercato.

Cresce anche l'agricoltura biodinamica

Per i buyer internazionali è un’eccellenza dell’agricoltura biologica.
Proprio a Sana il leader specializzato tedesco Denree aveva affermato che l’8% (che potrebbe raggiungere il 20%) del suo fatturato di circa 1 miliardo è rappresentato da prodotti biodinamici. Proviene da aziende biodinamiche il 7% (in aumento) del prodotto venduto dal principale operatore italiano del biologico. L’agricoltura biodinamica in Italia è cresciuta costantemente negli ultimi anni tanto, che il nostro Paese è il primo esportatore al mondo e il 3° produttore in Europa, dopo Germania e Francia. Le aziende biodinamiche italiane sono raddoppiate dal 2007 al 2017: ad applicare le metodiche biodinamiche sono almeno 4.500 realtà, ma solo un numero limitato valorizza la produzione con il marchio biodinamico Demeter. Il biodinamico cresce soprattutto nell’ortofrutta (oggi il 36% della Sau biodinamica), nella vitivinicola (35%) e nella cerealicola (21%).

«Le nuove richieste di certificazione biodinamica del primo semestre del 2018 ammontano al 35% del totale dei controllati - dichiara Carlo Triarico, presidente dell’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica e vicepresidente di Federbio – una crescita che ha imposto di infittire i controlli e la frequenza delle analisi, ma anche di creare un iter di formazione per supportare l’accesso al marchio e un piano di ricerca e sviluppo per le aziende, temi posti al centro del nostro convegno al Sana».

Per cogliere le tendenze di un mercato estero sempre più competitivo, serviranno investimenti in ricerca e formazione e la valorizzazione della biodinamica nel piano generale di sviluppo del biologico italiano.

Anche per questo l’Associazione Biodinamica, in collaborazione con Politecnico di Milano, Fondo Ambiente Italiano e Demeter Italia, ha predisposto un fitto programma con esperti di elevato profilo per il suo 35° convegno, dedicato alla ricerca e all’innovazione che si terrà a Milano il 16 e 17 novembre.

Un osservatorio sull'Italia

Perindividuarne le strategie, nell’ambito del suo osservatorio permanente, BolognaFiere ha commissionato a Nomisma un’indagine sui punti vendita specializzati in Italia, patrocinata da FederBio e AssoBio e dei big della distribuzione Ki Group, La finestra sul Cielo, Ecor NaturaSì e Probios e ha indagato l’andamento di un campione di 200 punti vendita specializzati, dai 90 ai 220 mq e con fatturato tra i 160 e i 940mila euro.

L’analisi, che sarà presentata a Sana (7-10 settembre) rileva che gli specialisti non sono particolarmente preoccupati per il lancio di nuove linee biologiche da parte di un’industria alimentare che diversifica l’offerta, mentre lo sono per la crescente pressione della Gdo.
La maggioranza degli intervistati individua proprio nella concorrenza dei grandi retailer la principale debolezza del canale, che registra una leggera contrazione delle vendite in valore, più sul prodotto confezionato che sui freschi/freschissimi e con andamento differenziato tra esercizi indipendenti e a catena, che soffrono meno.Tra le strategie in adozione, l’inserimento di novità per cogliere l’attenzione del consumatore, ma, soprattutto, la concentrazione su prodotti e marche diverse da quelle presenti sugli scaffali della Gdo, il che si rifletterà sull’organizzazione delle filiere, che potrebbero trovarsi a dover valutare i propri mercati di destinazione, con conseguenze sulle scelte produttive e commerciali.

Anche il pack avrà un suo ruolo: il 40% dei punti vendita vede nelle confezioni compostabili e riciclabili un’opportunità di successo e il 21 scommette sulla riduzione degli imballi.

 

Bio, boom di vendite nei negozi specializzati e nella gdo - Ultima modifica: 2018-09-03T15:11:57+02:00 da Alessandro Maresca

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