Svolta agroecologica per l’agricoltura in versione 5 Stelle

Paolo Parentela illustra ai lettori di Terra e Vita il programma del Movimento 5 Stelle, membro della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati. No secco al Ceta «e a tutti gli accordi internazionali che devastano l’agricoltura italiana».

Negli scorsi numeri di Terra e Vita insieme al ministro Maurizio Martina abbiamo fatto il bilancio del suo operato al ministero delle Risorse Agricole. Oggi vogliamo affrontare i principali problemi del settore con chi si propone di governare il Paese nei prossimi cinque anni e con ricette spesso opposte a quelle degli ultimi tre esecutivi.

A illustrare il programma del Movimento 5 Stelle è Paolo Parentela, membro della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati.

Onorevole Parentela, innanzitutto ci spiega quali saranno i capisaldi della vostra azione di governo in tema di sviluppo dell’agricoltura, tutela del territorio e delle eccellenze del Made in Italy, qualora i 5 Stelle dovessero andare al governo. Cosa prevede il vostro programma?

«Il nostro programma prevede in primis la tutela del Made in Italy, la promozione della filiera corta e la riconversione agro ecologica del nostro settore primario. Tra le azioni prioritarie per la tutela del territorio e del comparto, prevediamo: il divieto di qualsiasi impianto inquinante nelle aree in cui si pratica agricoltura di pregio, stop al consumo di suolo, promozione di un’agricoltura sostenibile, resiliente ai cambiamenti climatici in atto, riduzione progressiva dell’utilizzo della chimica in agricoltura. Proponiamo inoltre l’attivazione dei Piani Nazionali per settori strategici come quello olivicolo, cerealicolo, proteico e della frutta in guscio. Senza dimenticare grandi comparti come l’allevamento, la silvicoltura, l’apicoltura e altri settori come: il lattiero caseario, il vitivinicolo, il comparto ittico e il tema della gestione della fauna selvatica. Il nostro è un programma in continua evoluzione grazie al contributo degli iscritti e di diversi esperti del settore. Prossimamente faremo diversi incontri con gli stakeholder in tutto il Paese per renderlo più condiviso possibile».

Il ministro Martina, proprio da queste pagine, ha rivendicato i successi del suo operato per quanto riguarda la tutela delle eccellenze italiane, sul fronte della lotta alla falsificazione con 240 mila controlli in 24 mesi. Non le sembrano sufficienti?

«Nonostante i tagli di questo Governo dobbiamo ringraziare l’Icqrf e tutte le altre forze dell’ordine per i risultati raggiunti. Ma la strada è ancora lunga.

Come chiesto più volte, servono interventi mirati quali a esempio: più risorse per il personale e un database unico dei controlli, per snellire la burocrazia a carico delle aziende. Purtroppo Martina sarà ricordato come il Ministro che ha distrutto il Cfs, uno dei corpi più efficienti e invidiati in Europa nella lotta contro gli ecoreati e le agromafie. Abbiamo perso un patrimonio di conoscenze che intendiamo recuperare istituendo una forza di polizia ambientale».

L’accordo di libero scambio Ue-Canada, il tanto discusso Ceta, vi ha visto in prima linea nelle critiche a fianco di altri partiti e di alcune importanti organizzazioni di settore. Perché non crede che sia stato un buon compromesso? Prima del Ceta nessun marchio era tutelato…

«Durante un recente question time in Aula abbiamo fatto domande precise in merito ma le risposte del Ministro sono state evasive.

A oggi, non è possibile stimare le conseguenze dell’armonizzazione delle norme Ue con quelle del Canada, né quelle dell’abbattimento delle barriere non tariffarie agli scambi. Permangono troppi dubbi sulla sicurezza alimentare, in primis il principio di precauzione a tutela della salute dei cittadini che caratterizza le norme europee.

Ma su questo trattato, che non è altro che un Ttip mascherato, si stende anche l’ombra oscura della criminalità organizzata. Secondo il rapporto della Direzione Nazionale Antimafia, la ‘ndrangheta, ormai ben radicata in Canada, sta riciclando il suo denaro nel settore agroalimentare e vedrebbe intensificati i suoi affari se questo trattato venisse approvato. Il tutto mentre giace da quasi due anni nei cassetti del Ministero della Giustizia la legge sulle agromafie».

Martina dice che è un punto di partenza e che non ci sono rischi per la tutela alimentare visto che nessuno, tantomeno il Canada, potrà aggirare le norme europee.

«Siamo stanchi di essere preso in giro da questi accordi di libero scambio.

Il Ceta è solo uno dei tanti accordi internazionali che rischia di devastare l’agricoltura italiana. Un’opera di distruzione già avviata con l’accordo Ue-Marocco, che ha fatto crollare il prezzo dei pomodori italiani e degli agrumi calabresi e siciliani o con l’importazione a dazi agevolati dell’olio tunisino. Un film già visto che non vogliamo si ripeta. Stiamo assistendo inermi all’azione distruttiva della globalizzazione, che agevola multinazionali e grandi aziende e distrugge i piccoli produttori, anni di conquiste sociali e la nostra Costituzione. Il Ceta e tutti gli altri accordi simili vanno fermati e il Made in Italy protetto, una volta per tutte».

Altro argomento molto caldo è quello dell’autorizzazione all’uso del Glifosate, sempre più sotto i riflettori dopo il matrimonio tra Bayer e Monsanto. Anche su quest’aspetto ci sono i punti di divergenza con il Governo che ha detto chiaramente “No al Glifosate”?

«I Governi italiani hanno avuto finora un atteggiamento ambiguo sia in Europa che in Italia sulle questioni che riguardano la tutela di ambiente e salute. Lo testimonia l’astensione dell’Italia l’anno scorso in Europa per la proroga del famoso diserbante. Un’astensione che non ha rispettato il voto del Parlamento italiano, che nel 2015 aveva approvato una nostra mozione per vietare il glifosate in tutte le sedi. Questa ambiguità non è più tollerabile soprattutto dopo lo scandalo dell’Efsa, che avrebbe copiato e incollato un dossier sul famoso pesticida proprio dalla Monsanto. Il Movimento 5 Stelle vuole allontanare la chimica di sintesi in agricoltura. Ecco perché nel nostro programma parliamo di conversione agro ecologica. Ogni anno l’Ispra lancia l’allarme pesticidi nelle nostre acque di superficie, oltre il 60% dei nostri laghi e fiumi sono inquinati da queste sostanze. La politica non può girarsi puntualmente dall’altra parte».

L’industria alimentare cresce il doppio dell’economia italiana, però a fronte dei guadagni dei grandi gruppi, i prezzi all’origine delle materie prime continuano a diminuire, con l’agricoltore che talvolta non riesce a coprire neanche i costi di produzione. Come si può garantire redditività alle imprese agricole?

«Il M5S propone di superare le attuali contrapposizioni, a volte insormontabili, tra industria alimentare, grande distribuzione e produttori in modo che “l’intera catena” sia organizzata e permetta una redistribuzione della ricchezza in modo più equo al fine di garantire che l’intero sistema trovi sviluppo e redditività. L’Italia però deve puntare tutto sulla qualità e non sulla quantità. Questa è la più grande sfida che ci compete. Attraverso un’agricoltura biologica, di prossimità e più solidale si possono raggiungere grandi risultati soprattutto per i piccoli produttori che sono la maggioranza nel Belpaese. Fondamentale in questo percorso è anche l’elevata attenzione alla qualità del lavoro e al rispetto della persona».

Secondo voi come deve essere riorganizzata la filiera?

«La filiera agroalimentare riunisce una varietà di operatori (agricoltori, trasformatori, commercianti, grossisti, dettaglianti e grande distribuzione), che agiscono in un sistema di relazioni fortemente asimmetrico in cui la posizione dei soggetti a monte della filiera (produttori e allevatori) è più debole di quella a valle, ovvero i trasformatori ed i distributori, con una forte preponderanza di questi ultimi, in particolare della Grande distribuzione organizzata. Tale asimmetria amplia la sproporzione tra i prezzi alla produzione e quelli al consumo e favorisce pratiche commerciali sleali. Questo tipo di sistema necessita dunque di diverse strategie di settore per incidere sulle distorsioni di filiera che il M5S ha individuato in 4 passaggi fondamentali: aggregazione tra i soggetti interessati; promozione di filiere trasparenti; limitazione dell’importazione selvaggia; promozione della filiera corta».

Lei si è battuto contro ecomafie e agromafie che, soprattutto in Calabria, la sua regione d’origine, per troppi anni hanno lucrato sulla salute della terra e degli italiani. Cosa si impegna a fare il Movimento 5 Stelle per fermare questo fenomeno?

«La Calabria purtroppo è l’emblema dell’Italia in termini di eco reati e agromafie. Abbiamo già presentato varie proposte per riformare la giustizia e il codice ambientale per combattere seriamente il crimine organizzato. Un primo passo è stato far approvare la nuova legge sugli ecoreati. Ma ovviamente non basta. Occorre eliminare la prescrizione, rafforzare i monitoraggi ambientali e investire in bonifiche. L’Italia deve perseguire la via dell’economia circolare grazie alla quale si possono creare migliaia di posti di lavoro di qualità fermando lo sfruttamento in agricoltura e il caporalato che continua a mietere vittime. Solo coniugando il rispetto della terra, della salute e del lavoro possiamo parlare di vero sviluppo sostenibile e lotta vera contro le mafie».

 

Agricoltura di precisione

«Oggi – evidenzia Parentela – è necessario che l’agricoltura assuma pienamente il concetto di sostenibilità ambientale e faccia la sua parte nel contrasto ai cambiamenti climatici in atto. A queste esigenze risponde anche l’agricoltura di precisione che mette a disposizione tecnologie per “misurare e prevedere” e quindi “fare la cosa giusta al momento giusto”; uno strumento utile quindi anche per garantire risparmio energetico, tracciabilità del prodotto e del benessere animale. La politica e il mondo della ricerca scientifica non possono perdere questa occasione».

 

Svolta agroecologica per l’agricoltura in versione 5 Stelle - Ultima modifica: 2017-10-19T09:40:01+02:00 da Redazione Terra e Vita

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