Consumo di suolo, «che fine ha fatto la legge?»

In occasione della Giornata del suolo (5 dicembre) Francesco Vincenzi (Anbi) lancia l'allarme sulla mancanza di una normativa. Coldiretti ricorda che la superficie agricola utilizzabile in Italia negli ultimi 25 anni si è ridotta a soli 12,8 milioni di ettari. «Il suolo è una risorsa preziosa e i fertilizzati sono suoi alleati» afferma Francesco Caterini (Assofertilizzanti)

«Non si possono perdere mediamente  136mila giornate di lavoro all’anno a causa di incuria e mancanza di programmazione nella tutela del territorio». A ricordarlo è Francesco Vincenzi, presidente dell’Anbi, in occasione della Giornata Mondiale del Suolo (5 dicembre).

Ogni anno sono circa 2 miliardi e mezzo i danni causati da frane e alluvioni al territorio, fattore economico, che genera oltre 267 miliardi di valore.

«Serve urgentemente l’approvazione della legge contro uno sfrenato consumo di suolo – prosegue Vincenzi - che si è impantanata nei meandri parlamentari dal 2013, quando ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, era Mario Catania. Allo stesso tempo bisogna che, in materia urbanistica, si inizi a dire dei no e si dia nome e cognome ai responsabili del dissesto del territorio».

Il consumo di suolo in Italia continua a crescere: una velocità di trasformazione di circa 4 metri quadrati al secondo. In termini assoluti, si stima che il consumo di suolo abbia intaccato ormai circa 2.110.000 ettari del nostro territorio. L’intensa urbanizzazione, sviluppatasi senza tenere in alcuna considerazione le aree fragili dal punto di vista idrogeologico, il contemporaneo abbandono delle aree collinari e montane da parte della popolazione e delle attività agricole, i cambiamenti climatici hanno acuito la fragilità del territorio. L’impermeabilizzazione rappresenta la principale causa di degrado del suolo anche in Europa; comporta un rischio accresciuto di inondazioni, contribuisce ai cambiamenti climatici, minaccia la biodiversità, contribuisce  alla progressiva e sistematica distruzione del paesaggio  soprattutto rurale.

Circa il 10% del territorio nazionale è costituito da aree ad elevata criticità idrogeologica. I dati Ispra sono eloquenti: i comuni italiani interessati da aree con pericolosità da frana e/o idraulica risultano 7.145, pari all’88,3%, dove si stimano a rischio oltre 6mila scuole, 500 strutture sanitarie, circa 500mila aziende (agricole comprese), 1,2 milioni di edifici residenziali e non.

La popolazione italiana a rischio frane è calcolata in 5,6 milioni di abitanti, le imprese a rischio sono 362mila, 34.700 sono i beni culturali in pericolo. La popolazione a rischio alluvioni è invece  pari a circa 9 milioni di abitanti, le imprese a rischio sono 879mila, i beni culturali in pericolo sono 40.400.

L'ultima generazione è responsabile della perdita in Italia di oltre un quarto della terra coltivata (-28%) per colpa della cementificazione e dell'abbandono provocati da un modello di sviluppo sbagliato, che ha ridotto la superficie agricola utilizzabile in Italia negli ultimi 25 anni ad appena 12,8 milioni di ettari. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti.

La disponibilità di terra coltivata significa produzione agricola di qualità, sicurezza alimentare e ambientale per i cittadini nei confronti del degrado e del rischio idrogeologico.
Su un territorio meno ricco e più fragile per il consumo di suolo, si abbattono - sottolinea la Coldiretti - i cambiamenti climatici, con precipitazioni sempre più intense e frequenti, con vere e proprie bombe d'acqua che il terreno non riesce ad assorbire.

Il risultato - sostiene la Coldiretti - è che sono saliti a 7.145 i comuni italiani, ovvero l'88,3% del totale, che sono a rischio frane e/o alluvioni, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ispra. Per proteggere la terra e i cittadini che vi vivono, l'Italia deve difendere il proprio patrimonio agricolo e la propria disponibilità di terra fertile, con un adeguato riconoscimento sociale, culturale ed economico del ruolo dell'attività agricola.

Occorre - continua Coldiretti - accelerare sull'approvazione della legge sul consumo di suolo, ormai da alcuni anni ferma in Parlamento, che potrebbe dotare l'Italia di uno strumento all'avanguardia per la protezione del suo territorio.

Assofertilizzanti celebra la Giornata Mondiale del Suolo ricordando l'importanza di questa risorsa non rinnovabile, da cui dipende l'esistenza della vita vegetale, animale e umana.

Il suolo è un elemento cardine della biodiversità, una matrice viva, limitata, in costante evoluzione e cambiamento: fornendo alla pianta i nutrienti necessari quali, ad esempio, azoto, fosforo e potassio, determina la qualità dei raccolti.

«Il suolo è una risorsa preziosa e i fertilizzati sono suoi alleati: hanno un ruolo fondamentale nel fornire i nutrienti principali e secondari che integrano e preservano la fertilità del suolo che è il substrato di crescita delle colture agrarie ed incide in maniera determinante sulla loro espressione produttiva - afferma Francesco Caterini, presidente di Assofertilizzanti -. E' incredibile come in una realtà in cui tutti parlano di alimentazione, cucina e, in generale, di benessere, troppo spesso ancora si sottovaluti l'importanza del suolo».

«I fertilizzati - aggiunge Caterini - contribuiscono ad aumentare in maniera significativa i nostri raccolti e ad affrontare le sfide dei prossimi anni: sfamare i 9 miliardi di abitanti che popoleranno il nostro pianeta nel 2050. Conciliare la tutela del suolo e della terra, con una produzione agricola capace di soddisfare la crescente domanda alimentare, nel pieno rispetto della salute umana e ambientale, è l’obiettivo principale dell'agricoltura di oggi e di domani».

Consumo di suolo, «che fine ha fatto la legge?» - Ultima modifica: 2017-12-05T11:59:31+01:00 da Alessandro Maresca

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