2010/11: produzione mondiale ai minimi e scorte ai livelli di guardia. L’incognita canadese

Sui prezzi del duro lo spettro di un’altra impennata stile 2007

Assenza di offerta estera e ritenzione in Europa. E il timore di un ulteriore calo

Lo scenario delineatosi dopo gli inattesi problemi climatici occorsi a ridosso e durante la fase di raccolta in Canada e Australia inizia ad assumere tinte fosche. Per certi versi si avvicina molto a quanto già vissuto nelle annate 2006-2007.
A fronte di una produzione mondiale 2010 ai minimi degli ultimi sette anni (sui 34,4 milioni di t) e con consumi e scambi che si manterrebbero rispettivamente a 35,8 e 7,3 milioni di t, gli stock di riporto stimati al 31 maggio 2011 saranno prossimi ai 4,3 milioni di t. La gravità del momento si evince da Fig. 1 (situazione del grano duro mondiale negli ultimi anni), ma anche da altri aspetti che possono aiutarci a comprendere meglio cosa sta accadendo.
Il volume degli scambi, ad esempio ( sui 7,5 mio t/anno), è una rigida costante mentre il volume degli stock di riporto, che spesso raggiunge valori di guardia quando è inferiore ai 5 mio/t, ha l’aggravante di essere principalmente detenuto nei magazzini di Usa e Canada. Altro aspetto di rilievo è che anche i consumi sono "rigidi" e seguono l’andamento delle produzioni con un sensibile ritardo temporale, di un 9-12 mesi, rispetto all’andamento dei raccolti; ritardo che riproduce grosso modo la nuova strategia di acquisto (a futuro) dei principali utilizzatori mondiali dopo la crisi del 2007.
Prima di passare all’analisi delle cause della recente impennata dei prezzi, vediamo l’analisi mondiale dei principali paesi esportatori ed importatori. InNordamerica e Australia, l’allerta scatta quando le produzioni aggregate si avvicinano agli 8 milioni di t. Infatti a fronte di una domanda locale (sui 4,8 mio/t) e mondiale molto rigide, una scarsa disponibilità crea immediatamente tensione sui loro mercati con l’offerta che, comprensibilmente, apre un’asta di prezzo ma con una regola: prima soddisfare i molini locali, poi vendere all’estero. Prima del 2006-2007 questa semplice regola non è stata sempre applicata, ma dalla "crisi" in poi gli operatori mondiali sono molto più attenti a non farsi sfuggire nuove occasioni per consolidare inaspettati margini: esattamente quello che è accaduto nelle recenti settimane.

 

PAESI IMPORTATORI
Sul fronte opposto i paesi importatori, spesso deficitari anche degli altri cerali, oltre che di grano duro, vivono un mercato decisamente più complesso, sempre più vulnerabile alla competizione trasversale della domanda dei mangimifici, ma altresì impossibilitato a farlo a sua volta: pasta e cous-cous non si fanno con orzo e mais, qualche volta (ma non in Italia) con i teneri vitrei.
Nel bacino del Mediterraneo (Fig. 3) il duro è da sempre prodotto in aree ad elevato rischio climatico (siccità), la domanda risulta rigidissima (da 21 a 23 mio/t anno) e le importazioni, che negli anni fluttuano attorno ai 4,8 mio/t (pari al 60-65% degli scambi mondiali), sono in gran parte “tecniche” e si rivolgono a grani duri con buone caratteristiche: glutine (per i pastai) ed elevata vitrosità della granella (per il cous-cous).

 

LE CAUSE
Cerchiamo le ragioni di quanto sta accadendo sui nostri mercati: ci stiamo dirigendo verso un nuovo 2007/08? L’unico fattore di difformità sono le scorte iniziali, ampie un pò in tutto il mondo.
Proprio le ampie scorte iniziali, peraltro di ottima qualità nei principali paesi esportatori, assieme alla strategia di acquisto dei principali utilizzatori italiani (a costante copertura del fabbisogno a 6-9 mesi a futuro) sono state la causa del limbo dorato che il nostro mercato ha vissuto fino ai primi di dicembre.
Con una produzione Italia 2010 non sempre perfetta in qualità e la concomitante ampia disponibilità di merce comunitaria ed estera a prezzi “ragionevoli”, la domanda si è fatta sempre meno pressante. Da marzo 2010 molti utilizzatori nostrani, consci delle stime produttive italiane e della necessità di importare, con estrema facilità si sono coperti “per avanti” con grano estero, sia comunitario che canadese, a un ottimo rapporto prezzo/ qualità. I grandi gruppi, in grado di operare in prima persona sui mercati internazionali, tra aprile e giugno 2010 si sono potuti assicurare importanti forniture di merce di qualità per consegna da luglio 2010 fino a gennaio 2011. In attesa dei nuovi raccolti nord americani e australiani e con l’offerta italiana preoccupata di collocare in fretta le partite di grano di minore qualità, i giochi sembravano pressoché fatti.
L’orizzonte è cominciato a cambiare verso metà luglio con l’arrivo delle prime conferme del ritardo vegetativo in Canada e del sempre più probabile rischio climatico (piogge e gelo) durante la fase di raccolta del principale esportatore: da solo il Canada vale un 45% degli scambi mondiali. In caso di raccolto problematico come si comporterà commercialmente il paese della foglia d’acero? Che strategia applicherà il “monopolista” Canadian Wheat Board? Da subito il comportamento degli utilizzatori italiani è stato più che logico: aumento delle coperture “per avanti” con grani esteri fintanto che il prezzo mondiale è rimasto favorevole, per poi gradualmente passare all’Europa e... finalmente all’Italia ove le quotazioni per settimane sono state le più a buon mercato del mondo!
Ai primi di agosto il blocco russo ha imposto a tutto il comparto cerealicolo un sobbalzo nelle quotazioni, ma la notizia che l’Algeria avrebbe introdotto dazi all’importazione a salvaguardia della produzione interna e della riduzione delle ingenti scorte dal 2009, è stata determinante per consolidare per mesi il prezzo del grano duro mondiale e, di fatto, congelare le quotazioni sulle piazze europee e italiane.
Fino alla conferma del completamento dei raccolti in Usa (primi di settembre) e Canada (metà ottobre), in un clima da “quiete prima della tempesta”, è stato l’effetto domino dei prezzi dei grani foraggeri e del mais in particolare a sostenere le quotazioni del duro e a consentirgli di oltrepassare (Fig. 4), anche se con forte ritardo rispetto al resto d’Europa, i 200 €/t alla produzione. In altre parole, per capire dove andava il mercato del duro abbiamo per settimane rivolto l’attenzione al Mar Nero, alle decisioni della Russia, e al settore mangimistico perdendo di vista il vero e solo protagonista del mercato mondiale del duro: il Canada, oltreché la domanda di “proteina”, che soprattutto negli Usa potrebbe vedere partite di grano duro utilizzate per migliorare il tenore proteico dei teneri “spring” e “hard winter” .

 

DOCCIA FREDDA CANADESE
Ai primi di dicembre a Foggia, di fronte a tutti i principali operatori italiani, il Canadian Wheat Board presenta la qualità del raccolto 2010 e “ventila” la possibilità, nonostante la scarsa produzione 2010 indicata in 3 mio/t (-40% sul 2009), di destinare il 15% del raccolto di bassissima qualità alla mangimistica. Se questa notizia è stata una forte disillusione per chi credeva o sperava in un’ulteriore miniera di grano duro a basso prezzo, l’annuncio che per gli stessi motivi “logistici” del 2007, il Canada avrà grosse difficoltà ad offrire nuovi carichi per imbarco primo trimestre 2011 è stata la vera doccia fredda per il mercato italiano e per chi fino ad allora, all’ombra dei molteplici arrivi di navi e dell’ampia offerta da parte delle multinazionali, aveva finto di essere coperto fino a giugno 2011!
Il risveglio del mercato di dicembre è quindi dovuto alla conferma del Canada di essere “logisticamente” fuori dai giochi fino a fine marzo, all’assenza dell’offerta Usa fino ad aprile (causa chiusura invernale dei laghi), e alla riapertura del mercato algerino (con la Francia possibile protagonista). In aggiunta a questi tre motivi, già più che sufficienti a fare decollare le quotazioni, si aggiungono: la conferma che il mercato cerealicolo mondiale sarà orfano del Mar Nero fino almeno fino al giugno-luglio (effetto domino dei prezzi del mais e dei foraggeri); le scarse semine 2010 che a livello europeo (ma si stima anche mondiale) sarebbero inferiori al 2009 e cannibalizzate da teneri, mais e soia.

 

OCCHIO ALLE SEMINE DI USA E CANADA
Oggi possiamo dire che i giochi sono fatti e le prospettive a breve per la domanda non sono affatto rassicuranti, sotto scacco dalla momentanea assenza di offerta estera e obbligata a premere su un’offerta locale che, nel caso dell’Europa, ha le risorse finanziare per regolare ad arte (ritenzione) l’immissione del prodotto, e nel caso dell’Italia, dopo le vendite di novembre, non ha più fretta di collocare la restante parte della produzione, ma anzi è curiosa di vedere fin dove il mercato potrà arrivare. In conclusione, assisteremo ad un nuovo 2007/08? Molto dipenderà dall’atteggiamento commerciale di Usa e Canada nei prossimi mesi e soprattutto dall’andamento delle loro semine primaverili: un’ulteriore calo degli ettari a livello mondiale sarebbe drammatico.

Sui prezzi del duro lo spettro di un’altra impennata stile 2007 - Ultima modifica: 2011-01-12T16:03:38+01:00 da Redazione Terra e Vita

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