Il Progetto di ricerca Sidio ha evidenziato miglioramenti nella gestione della difesa integrata

Olivo: Il rame per la difesa

Soglia
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Il Progetto di ricerca Sidio, realizzato nel periodo 20072010, ha evidenziato miglioramenti nella gestione della difesa integrata in Toscana

La difesa fitosanitaria riveste in olivicoltura un’importanza di grande rilievo soprattutto a motivo delle sue molteplici implicazioni sulla “qualità globale di filiera”.
Delle molte avversità biotiche associate all’olivo (virus, batteri, fitoplasmi, funghi, nematodi, acari e insetti), quelle in grado di causare frequentemente ed estesamente perdite di rilevanza economica sono relativamente poche e fra queste, in Toscana, spiccano per importanza: la mosca delle olive Bactrocera oleae, la coccinigliamezzo grano di pepe Saissetia oleae, l’agente della rogna Pseudomonas savastanoi pv. savastanoi, l’agente dell’occhio di pavone Spilocaea oleagina e, negli ultimi anni, anche l’agente della piombatura Pseudocercospora cladosporioides.
Nell’ottica di fornire un contributo alla definizione di sistemi di difesa olivicola ecocompatibili e sostenibili, il Progetto Sidio (Strategie innovative per la difesa integrata in olivicoltura) nasce come proposta di ricerca in risposta al bando per lo sviluppo del settore olivo-oleicolo toscano, emanato da Arsia Regione Toscana nel 2006 (Bollettino ufficiale della Regione Toscana, n. 14).
Il progetto, realizzato nel periodo 2007-2010, ha avuto come soggetti attuatori il Cra-Abp Centro di ricerca per l’agrobiologia e la pedologia di Firenze, nel ruolo di coordinatore, il dipartimento di Biotecnologie agrarie (Diba) dell’università di Firenze e il dipartimento di Coltivazione e difesa delle specie legnose “G. Scaramuzzi” (Dcdsl) dell’università di Pisa, nel ruolo di partner. Al progetto hanno inoltre collaborato in qualità di “soggetti portatori di interessi collettivi” le seguenti aziende: Villa Montepaldi (San Casciano, Fi), Fontodi (Panzano in Chianti, Fi), Castello di Ama (Gaiole in Chianti, Si), Badia a Coltibuono (Gaiole in Chianti, Si).
Le indagini si sono focalizzate sui seguenti obiettivi principali:
1) approfondimento delle conoscenze sulla simbiosi batterica di Bactrocera oleae e sua manipolazione per la definizione di nuove tecniche di monitoraggio e controllo del dittero (Diba, Entomologia generale e applicata, e Cra-Abp);
2) approfondimento delle conoscenze su alcuni importanti parassitoidi indigeni ed esotici di B. oleae e messa a punto di tecniche di controllo biologico della mosca (Dcdsl, Entomologia agraria e coltivazioni arboree, e Cra-Abp);
3) valutazione degli effetti di differenti tipi di infestazione di B. oleae su alcuni parametri qualitativi dell’olio (Dcdsl, Entomologia agraria e coltivazioni arboree, e Cra-Abp);
4) valutazione della presenza e del ruolo di entomofagi di Saissetia oleae e pianificazione di nuove strategie per il potenziamento del controllo biologico naturale della cocciniglia (Cra-Abp e Dcdsl, Entomologia agraria);
5) messa a punto di tecniche di lotta basate su interventi rameici per la prevenzione delle infezioni di Pseudomonas savastanoi pv. savastanoi, Spilocaea oleagina e Pseudocercospora cladosporioides (Diba, Patologia vegetale).
 

 

Bactrocera oleae e simbiosi batterica
È ben noto che i batteri rivestono, per le mosche della frutta, un ruolo di fondamentale importanza sia come fonte proteica di nutrimento sia per i rapporti simbiotici che instaurano a livello di strutture specializzate del canale alimentare.
Gli studi condotti nell’ambito del progetto hanno permesso di confermare ed evidenziare come Bactrocera oleae (foto 1) abbia due distinti tipi di rapporto con i batteri: una simbiosi stretta con il Candidatus Erwinia dacicola (rilevata soprattutto in popolazioni selvagge), e un’associazione temporanea e occasionale con batteri epifiti (enterobatteriacee e pseudomonadacee) presenti sul filloplano, di cui gli adulti della specie si nutrono e che trasportano a loro volta sulle piante di olivo.
Riguardo a Ca. Erwinia dacicola, le ricerche svolte hanno valutato la possibilità di manipolare la simbiosi batterica come un nuovo sistema di lotta indiretto altamente selettivo ed ecocompatibile. A tale scopo, diverse indagini di laboratorio e di campo (condotte negli oliveti dell’azienda Villa Montepaldi) hanno permesso di verificare come alcuni prodotti ad azione battericida, in particolare il solfato e l’ossicloruro di rame, siano in grado di interrompere la simbiosi batterica, aprendo così nuove e interessanti prospettive di lotta al fitofago.
Considerato che l’applicazione di tale tipo di sostanze trova nelle larve neonate il principale stadio bersaglio e che pertanto sul piano fitosanitario ha un carattere decisamente preventivo, i trattamenti, tanto in olivicoltura convenzionale che in quella biologica dovranno essere effettuati all’inizio di ciascuna generazione ovvero in corrispondenza dei principali periodi di ovideposizione. Tali fasi, nella maggior parte delle aree olivicole della Toscana, si verificano solitamente a fine giugno-primi di luglio, a fine agosto-primi di settembre e a fine settembre-primi di ottobre.
Tuttavia, siccome la fenologia e la dinamica di popolazione della mosca variano sensibilmente da zona a zona e da un anno all’altro in funzione delle diverse condizioni climatiche, un corretto posizionamento di trattamenti con insetticidiantibatterici non può prescindere da una puntuale, attenta e integrata valutazione dei seguenti parametri: 1) consistenza e relativo andamento delle catture di adulti e in particolare di femminemediante l’utilizzo di trappole cromotropiche gialle; 2) sviluppo dei frutti e indurimento del nòcciolo; 3) avvio del processo di ovideposizione; 4) condizioni e previsioni meteo a livello locale; 5) struttura della popolazione preimmaginale.
L’impiego di nuovi formulati rameici a basso contenuto di rame metallo, oltre a poter svolgere un’utile attività nei confronti delle principali malattie crittogamiche dell’olivo, presenta come valore aggiunto piena compatibilità con altri metodi, tradizionali e nuovi, di controllo della mosca, potendo pertanto entrare a far parte di strategie di difesa integrata della produzione olivicola, sia in ambito di agricoltura convenzionale che biologica.
Relativamente alle associazioni che la mosca contrae con le popolazioni batteriche epifite, una serie di prove di campo ha permesso di rilevare che un filtrato batterico ottenuto da colture di Pseudomonas putida (specie frequentemente rilevata sul filloplano dell’olivo e nel canale alimentare della mosca) esercita un considerevole potere attrattivo nei confronti degli adulti e in particolare delle femmine di B. oleae (foto 2).
Anche in questo caso i risultati presentano una notevole importanza applicativa per lo sviluppo, previa individuazione delle sostanze volatili attive, di nuovi e più efficaci sistemi sia di monitoraggio che di controllo del dittero.
Il controllo biologico della mosca delle olive con entomofagi ha una lunga storia in Italia ed è un filone di ricerca applicata meritevole di ulteriori studi per una gestione eco-compatibile della difesa della produzione olivicola.
 

 

Il controllo bio dell’insetto
Nel bacino del Mediterraneo la specie non presenta parassitoidi specifici ed è limitata unicamente da alcuni imenotteri calcidoidei ectofagi polifagi e dall’imenottero braconide endofago Psyttalia concolor (foto 3).
Questo parassitoide, allevabile in laboratorio sulla mosca della frutta Ceratitis capitata, è stato ed è tuttora oggetto di grande interesse nonostante gli insuccessi dei tentativi di introduzione ripetutamente effettuati nella seconda metà del secolo scorso.
Sebbene in condizioni di laboratorio vari aspetti della bio-etologia del braconide siano stati indagati, rimangono da colmare molte carenze conoscitive su aspetti comportamentali della specie in condizioni naturali. Nell’ambito del progetto Sidio, la tematica è stata considerata secondo le seguenti attività complementari: A) valutazione dell’attività di parassitizzazione di P. concolor in campo; B) valutazione dell’attività di parassitizzazione in laboratorio; C) razionalizzazione dell’allevamento del braconide; D) diffusione del parassitoide nelle aree olivicole toscane.
I risultati della ricerca hanno evidenziato come P. concolor (nonostante la specie sia dal 1990 ininterrottamente allevata in laboratorio su Ceratitis capitata) abbia una buona capacità di adattamento alle condizioni sperimentali di semi-campo (foto 4) e come in tali condizioni sia in grado di parassitizzare con successo larve di differenti stadi di mosca delle olive e in particolare quelle di prima e seconda età.
Tale capacità è stata altresì evidenziata, anche con maggior rigore scientifico, dai numerosi biosaggi effettuati in laboratorio in cui P. concolor ha mostrato un successo riproduttivo del tutto simile a quello delle prove di semi-campo.
Da un punto di vista applicativo, le indicazioni derivanti da queste sperimentazioni suggeriscono che per un’eventuale utilizzazione di P. concolor è opportuno effettuare i relativi lanci in campo quando la popolazione preimmaginale della mosca sia costituita prevalentemente da larve di prima e seconda età.
Dalle indagini volte alla verifica della presenza del parassitoide nei differenti comprensori olivicoli toscani, è emerso che P. concolor è frequentemente rinvenibile sulla fascia costiera e nelle isole dell’arcipelago; per contro, nei comprensori regionali interni la specie non è stata reperita neppure nel 2007, anno caratterizzato da un’infestazione eccezionalmente elevata.
La strada del controllo biologico della mosca delle olive con entomofagi passa comunque dalla individuazione di parassitoidi esotici specifici più efficaci, che possano nelle nostre aree integrare l’azione di contenimento comunque svolta da P. concolor e dai calcidoidei indigeni, di norma attivi nel periodo estivo.
 

 

I danni qualitativi
I danni causati da B. oleae consistono in perdite quantitative, principalmente dovute alla cascola dei frutti infestati, e in un decremento qualitativo dell’olio che, a parità di cultivar, dipende principalmente dal tipo e dal grado di infestazione. Per quanto riguarda il primo parametro, un ruolo di primaria importanza è svolto dalla presenza di fori di uscita prodotti dalle larve mature, che espone i tessuti interni del frutto all’azione dell’ossigeno atmosferico inducendo un’accelerazione dei processi idrolitici e ossidativi.
Per approfondire le conoscenze sulla relazione tra infestazione dacica e qualità dell’olio, le indagini condotte nel corso del progetto si sono principalmente articolate in: A) esami dei parametri analitici misurati al momento della raccolta su oli ottenuti da campioni di olive con diverso livello di infestazione; B) valutazione dell’effetto del tempo e dellemodalità di conservazione su acidità libera e perossidi mediante analisi periodiche su oli ottenuti da olive con diverso grado di attacco.
I vari esperimenti hanno confermato come l’infestazione dacica influisca sensibilmente sui parametri qualitativi considerati. Tuttavia la ricerca ha evidenziato che, laddove la trasformazione delle olive in olio avvenga entro le 24 ore dalla raccolta, risultano tollerabili, per le variabili considerate, livelli d’infestazione compresi tra il 10 e il 20% di drupe con fori d’uscita. È stato altresì messo in luce come le condizioni di conservazione dell’olio giuochino un ruolo fondamentale sulmantenimento di bassi valori di acidità libera e numero di perossidi. Infatti, conservando l’olio a temperatura di cantina (circa 14 °C) e al buio si riesce a mantenere l’acidità libera e il numero di perossidi per 6 mesi entro valori molto bassi (0,2% acido oleico e 6 meq di O2 per kg di olio) di poco superiori a quelli misurati subito dopo la raccolta. La conservazione dell’olio ad alte temperature (circa 23 °C) e al buio produce un rapido innalzamento del numero di perossidi e mostra un marcato effetto dell’infestazione dacica. Pochi giorni di conservazione dell’olio alla luce e ad alte temperature (circa 23 °C) provocano un deterioramento ancora più rapido della qualità e il superamento del valore soglia del numero di perossidi richiesto per la categoria degli oli extravergini.
In definitiva i risultati conseguiti permettono una migliore definizione dell’incidenza dell’infestazione dacica alla raccolta su acidità libera e numero di perossidi dell’olio, al variare dei tempi e deimodi di conservazione del prodotto. Questi stessi risultati, opportunamente integrati da ulteriori indagini su altri parametri e variabili, possono permettere di riconsiderare le soglie di tolleranza alla raccolta e aprire interessanti prospettive per gestire in modo corretto e qualitativamente evoluto il binomio “infestazione dacica tardiva- epoca di raccolta dei frutti”.
 

 

Il biocontrollo di Saissetia oleae
S. oleae
, volgarmente nota come “cocciniglia nera dell’olivo” o “cocciniglia mezzo grano di pepe”, è ritenuta uno dei principali fitofagi per gli agroecosistemi oliveto e agrumeto. Originaria dell’Africa (Sud Africa o Eritrea) ha oggi una larghissima distribuzione che interessa molte regioni tropicali e subtropicali.
Le ricerche condotte nell’ambito del progetto hanno mirato ad approfondire le conoscenze sulla struttura e sull’attività della biocenosi ausiliaria presente nelle diverse aree olivicole regionali, per poter poi realizzare – attraverso la determinazione tassonomica, l’allevamento e la diffusione artificiale di specie entomofaghe – l’arricchimento del complesso dei nemici naturali. Le indagini sono state condotte in oliveti di varie aziende delle province di Lucca, Pisa, Livorno, Firenze e Siena, fra cui in particolareVilla Montepaldi, Fontodi, Castello di Ama e Badia a Coltibuono.
In ragione delle bassissime densità di popolazione di S. oleae, rinvenute durante le indagini, la coorte dei nemici naturali associati alla cocciniglia è apparsa oltremodo esigua.
Fra i predatori generici, la specie rinvenuta più frequentemente è il coleottero coccinellide Chilocorus bipustulatus, mentre fra i parassitoidi si sono occasionalmente intercettati esemplari di Scutellista caerulea (Hymenoptera Pteromalidae) a carico di femmine ovideponenti, di Metaphycus lounsburyi a carico di femmine preovigere e di M. helvolus (Hymenoptera Encyrtidae) su neanidi di seconda e terza età della cocciniglia (foto 5 e 6).
Di fatto l’estrema rarefazione della popolazione di S. oleae non ha consentito, come da programma, l’individuazione di oliveti sufficientemente infestati per permettere il prelievo di lotti di popolazioni di parassitoidi del genere Metaphycus e la loro successiva inoculazione in oliveti infestati ma sprovvisti di detti antagonisti.
Tuttavia, a prescindere dall’attuale situazione di generale bassa presenza di S. oleae, alcune specie del genere Metaphycus e segnatamente M. helvolus e M. lounsburyi si configurano, dalle conoscenze ormai consolidate anche a livello internazionale, come importanti e disponibili “fattori” di contenimento delle infestazioni della cocciniglia, da utilizzare, all’occorrenza, in strategie di protezione integrata dell’agro-ecosistema oliveto, basate primariamente su scelte e pratiche di tipo agronomico-colturali.
 

 

Lotta alle malattie
In Toscana le malattie che rivestono un ruolo preminente per aggressività e diffusione sono l’occhio di pavone (agente causale: Spilocaea oleagina; foto 7), la piombatura (agente causale: Pseudocercospora cladosporioides; foto 8) e la rogna (agente causale: Pseudomonas savastanoi pathovar savastanoi; foto 9). Per tali avversità, le ricerche sono state definite e programmate sulla base delle seguenti considerazioni di ordine generale: 1) i formulati a base cuprica sono ancora oggi gli agrofarmaci preferiti nella lotta contro occhio di pavone, piombatura e rogna; 2) queste tre malattie presentano alcuni aspetti di biologia ed epidemiologia relativamente simili, tali da permettere la realizzazione di strategia di lotta combinata; 3) le conoscenze sui cicli biologici di queste stesse malattie necessitano tuttavia di essere approfondite a livello regionale; 4) l’inoculo di S. oleagina, P. cladosporioides e di P. savastanoi pv. savastanoi è normalmente presente sulla pianta stessa e la sua eliminazione può consentire la drastica riduzione dei rischi di nuove infezioni; 5) esistono in commercio nuovi formulati a base di rame, non ancora sufficientemente sperimentati per il controllo di queste avversità.
Parte fondamentale della ricerca è stata quindi la valutazione comparata dell’efficacia di linee di difesa, differenti per epoca e numero di interventi, basate sull’applicazione di alcuni nuovi formulati a basso contenuto di rame metallo e sostanzialmente finalizzate a liberare la pianta dall’inoculo degli agenti patogeni.
A tale scopo sono state anche condotte osservazioni in campo sull’andamento delle malattie, sui fenomeni di fitotossicità da rame e sulla sua persistenza sulle foglie. Tutte le prove sono state eseguite su piante di cv. Frantoio presso l’azienda Villa Montepaldi (foto d’apertura).
Le indagini hanno permesso di appurare che in provincia di Firenze le popolazioni epifitiche di P. savastanoi pv. savastanoi sono numericamente ridotte e biologicamente indeterminabili. A questo riguardo uno studio, volto a definire il peso dell’ambiente sulla selezione dei genotipi rispetto al fattore ospite, ha consentito, mediante l’adozione di specifiche tecniche molecolari, di discriminare ceppi appartenenti alle popolazioni batteriche della provincia di Firenze da quelle di altre aree del bacino del Mediterraneo, evidenziando per le prime un grado di polimorfismo assai inferiore. Ciò lascia ipotizzare che in Toscana la specie abbia selezionato solo alcuni genotipi poco adatti alla vita epifitica.
Per quanto riguarda il decorso dell’occhio di pavone e della piombatura, i rilievi condotti nel triennio hanno messo in luce differenze sostanziali fra le due malattie.
Per l’occhio di pavone i sintomi, che interessano anche le nuove foglie, possono essere visibili durante tutto l’anno; per la piombatura i sintomi si manifestano invece quasi esclusivamente su foglie di almeno un anno di età e mostrano due picchi di massima presenza: ai primi di giugno e alla fine di agosto.
In ordine a fenomeni di fitotossicità, i prodotti commerciali saggiati (solfato tribasico di rame, 15,2%; idrossido di rame, 15%; idrossido + ossicloruro di rame, 10+10%), con trattamenti in “fioritura” e a “indurimento nòcciolo”, non hanno mostrato in alcun caso effetti tossici apprezzabili, attribuibili al rame.
I risultati delle sperimentazioni sul confronto, in termini di efficacia, fra differenti linee di difesa permettono di affermare che, in caso di bassa pressione, l’occhio di pavone può essere controllato anche con un solo trattamento a base di formulati rameici eseguito all’inizio dell’estate; in situazioni di pressione della malattia medio-alta risultano invece necessarie almeno due applicazioni: la prima in estate e la seconda in autunno (dopo la raccolta, per evitare rischi di residui di rame nell’olio); infine se le condizioni sono particolarmente favorevoli allo sviluppo della malattia, possono essere richiesti tre interventi da effettuarsi a inizio primavera, inizio estate e in autunno.
Con problemi congiunti di piombatura, i cui sintomi compaiono, come si è detto, nella tarda primavera, i trattamenti con rame dovrebbero essere almeno due: inizio primavera e inizio estate. Una linea di difesa articolata su tre interventi rameici (effettuati a inizio primavera, inizio estate e nel tardo autunno), dimostratasi capace di controllare perfettamente in ogni caso le due malattie fungine, risulterà sicuramente efficace anche contro la rogna.
 

 

Linee guida d’intervento
Il Progetto Sidio, attraverso lo svolgimento di ricerche applicate e in parte di studi di base, ha permesso il conseguimento di risultati utili al miglioramento della difesa integrata dell’olivo dalle principali avversità biotiche presenti in Toscana.
In particolare sono state definite alcune nuove possibilità di controllo della mosca mediante l’impiego di prodotti rameici in grado di interrompere la simbiosi batterica che costituisce un requisito fondamentale nella biologia riproduttiva del fitofago. Per gli stessi prodotti rameici sono stati definite linee guida di intervento per la protezione dell’olivo dalle tre principali malattie: l’occhio di pavone, la piombatura e la rogna, evidenziando al tempo stesso, per i formulati saggiati, l’assenza di apprezzabili fenomeni di fitotossicità.
Per quanto riguarda il controllo biologico della mosca le ricerche hanno messo in luce come Psyttalia concolor costituisca un valido antagonista da salvaguardare e valorizzare nelle aree olivicole del litorale toscano e delle isole e rappresenti, al tempo stesso, un interessante modello per implementare nuove strategie di controllo biologico con eventuali specie esotiche più efficaci.
In ordine al controllo biologico di Saissetia oleae, i rilievi hanno consentito di confermare, pur in un periodo di retrogradazione della cocciniglia, l’importanza di alcune specie del genere Metaphycus, da tempo riconosciute fra i principali regolatori delle popolazioni del fitomizo.
Infine merita sottolineare l’importanza dei risultati relativi all’incidenza dell’infestazione dacica su alcune caratteristiche qualitative dell’olio che, entro certi limiti, consentono di riconsiderare le soglie di tolleranza alla raccolta.
Parte dei risultati conseguiti nell’ambito del progetto Sidio sono stati presentati in convegni nazionali e internazionali. Le pubblicazioni finora prodotte sono disponibili presso il gruppo di ricerca.


Si ringrazia l’Arsia Regione Toscana per il contributo finanziario e la collaborazione fornita.
Gruppo di lavoro del progetto Sidio: Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, Centro di ricerca per l’agrobiologia e la pedologia di Firenze (Cra-Abp): Bruno Bagnoli (responsabile scientifico), Elisabetta Gargani, Giulia Torrini; università di Firenze, dipartimento di Biotecnologie agrarie (Diba), Patologia vegetale: Giuseppe Surico, Guido Marchi, Antonio Esposito; Entomologia generale e applicata: Antonio Belcari, Patrizia Sacchetti, Aurelio Granchietti; università di Pisa, dipartimento di Coltivazione e difesa delle specie legnose “G. Scaramuzzi” (Dcdsl), Entomologia agraria: Alfio Raspi, Angelo Canale, Augusto Loni; Coltivazioni arboree: Riccardo Gucci, Giovanni Caruso.

 

La bibliografia può essere richiesta all’Autore (bruno.bagnoli@entecra.it)

Olivo: Il rame per la difesa - Ultima modifica: 2011-06-08T17:02:15+02:00 da Redazione Terra e Vita

2 Commenti

  1. Articolo interessante. Nella zona dove ho il mio piccolo oliveto, Monterifrassine (Pontassieve), una delle patologie più diffuse e più difficili da combattere e’ la rogna.

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