Cambiamento lento

agricoltura conservativa
Giampaolo Oliviero
Nell'editoriale di Terra e Vita n.7/2025 Giampaolo Oliviero fa notare si continui a voler dimostrare i vantaggi dell'agricoltura conservativa, quando si tratta di evidenze ormai acquisite. Invece in campo si pratica poco

Negli ultimi anni si sono susseguiti molti convegni sull’agricoltura conservativa. Ma sono ancora utili? Gli effetti positivi delle tecniche di agricoltura conservativa (oggi meglio parlare di agricoltura “rigenerativa”, termine che aiuta a comprenderne gli obiettivi) sono scientificamente e tecnicamente consolidati: c’è poco da scoprire.

In queste riunioni si parla come se si dovesse dimostrare che le tecniche conservative funzionano e sono più sostenibili. Ma non c’è nulla da dimostrare, sono principi generali noti da sempre e scientificamente provati da almeno 30/40 anni.

Allora perché non sono già adottati su ampia scala? Questa la domanda alla quale dovrebbero rispondere questi incontri

Altrimenti diventano non solo inutili ma addirittura controproducenti, perché inducono a pensare che ci siano ancora incertezze sull’efficacia di queste tecniche. Invece di tentare di promuovere il nuovo, che nuovo non è, dicendo che funziona e mostrando qualche slide, è necessario chiedersi perché la gente aggredisce ancora il terreno con gli aratri, nonostante il costo dell’energia e delle macchine.

Le tecniche di lavorazione minima, o nulla, non sono più un’innovazione, sono consolidate, ma poco applicate

Un problema culturale, certo, e più specificatamente di contesto, di comunicazione, di definizione degli obiettivi, di ricerca applicata che persegue rigidi rapporti lineari di causa-effetto tra lavorazioni, lombrichi e fertilità, invece di fare ciò che solo ci è permesso nei sistemi complessi: approccio probabilistico e osservazioni empiriche di parti di essi e del totale. Gli strumenti esistono.

Per introdurre cambiamenti, è necessario studiare quello che non esiste ancora, il futuro, e divulgare le modalità con cui arrivarci e come arrivarci

Il percorso dovrà essere necessariamente basato su principi evolutivi e adattivi (adaptive farming). Servono reti di scambio di informazioni, basate su principi transdisciplinari, in cui far transitare non concetti poveri, per essere fatti propri, in qualche modo, da tutti, ma nozioni complesse veicolate con semplicità e praticità, stimolanti per chi ascolta, in modo che lo sforzo per comprendere, per accettare o rifiutare, sia sempre premiato con la crescita.

Evitiamo di parlare di agricoltura conservativa come di qualcosa di sperimentale, incerto o addirittura un salto nel buio. I benefici che genera non sono in discussione

Quello che si deve discutere è come applicare tali principi nelle diverse colture e situazioni pedoclimatiche, alcune molto difficili o tecnicamente molto tradizionaliste, tanto da non poterli applicare in modo banale e standard. Per questo ci vengono in aiuto alcune tecnologie, indispensabili per pianificare e gestire gli interventi agronomici più efficaci nelle diverse realtà: modellistica di processo, mappe di potenzialità e stabilità produttiva, digital twin. Strumenti potenti e di facile utilizzo, indispensabili per stabilizzare le produzioni e ridurre i costi nel breve. Allo stesso tempo sviluppare tecniche per il mondo dei servizi ecosistemici che avanza (ad esempio la carbon farming).

Cambiare non è facile, ma non dovrebbe essere reso più difficile di quel che è, semmai agevolato. Servono idee chiare sul perché l’innovazione sia un processo evolutivo lento, che non sempre va nella direzione attesa e su quali strumenti dobbiamo adottare per accelerarla senza rischi.


di Giampaolo Oliviero
agronomo

Cambiamento lento - Ultima modifica: 2025-02-23T12:52:03+01:00 da Roberta Ponci

2 Commenti

  1. Molto interessante e condivisibile. Per esperienza, in alcune aree (i.e.: agro pontino) , è molto difficile trovare chi effettua e è in grado di dare consigli su come e quando effettuare le pratiche di lavorazione minima. In queste condizioni è difficile orientarsi.

  2. bisogna modificare i Programmi agroclimatico ambientali nei CSR regionali…
    e finanziare tutte le tenciche agroecologiche… e non il glifosate e la agricoltura integrata che è obbligatoria e non può accedere ai fondi agroclimatico ambientali
    Bisogna solo rispettare le leggi e usare bene i fondi per il biologico, cumulati con quelli agroclimatico ambientali e per il benessere animale…
    Sono a vostra disposizone come agroecologo forense
    Prof.Giuseppe Altieri

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