Grano tenero, duro e orzo. Qualche euro stavolta rimane

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    I punti di pareggio delle colture autunno-vernine. Rese elevate e prezzi modesti ma non pessimi fanno tornare in positivo diversi bilanci. Certo i costi di produzione rimangono da vagliare con attenzione

    L’annata 2017 sarà sicuramente ricordata dai produttori come una delle migliori per quanto riguarda i cereali autunno-vernini. A parte alcune zone del centro sud Italia, generalmente le performance produttive di frumento tenero, duro e orzo hanno superato abbondantemente le aspettative e questo a dispetto di un andamento climatico che, a causa della scarsità di precipitazioni invernali, prometteva rese ben al di sotto delle medie storiche.

    Invece, le poche piogge, cadute evidentemente in momenti favorevoli per le colture, hanno favorito le prestazioni dei cereali a paglia, sia sotto l’aspetto quantitativo, che qualitativo, che sanitario, con attacchi fungini decisamente ridotti. Non sono stati casi isolati, soprattutto nelle aree più vocate della pianura Padana, ma anche altrove, rese per il grano tenero che hanno superato abbondantemente le 8 t/ha di granella, con medie che comunque si sono attestate sulle 7,5 t, per non parlare dell’aspetto qualitativo, caratterizzato da pesi specifici compresi fra 80 e 85 e tenori proteici del 13-14%.

    Perfino in regime di agricoltura biologica si sono registrate produzioni di tenero anche di 6-6,5 t/ha. Stesso discorso per le produzioni di frumento duro al Nord, coltura che invece al Centro-Sud non ha registrato rese esaltanti, ma che comunque ha fornito livelli qualitativi decisamente soddisfacenti, con un peso elettrolitico compreso mediamente fra 81 e 84 kg/hl e tenori proteici spesso superiori al 13%, con una media del 12%.

     

    Tecnica agromomica strategica

    Comune denominatore, comunque, è stato il fatto che le colture seguite in modo puntuale dai produttori dal punto di vista tecnico-agronomico, quindi con appropriate fertilizzazioni e razionale difesa fitosanitaria, hanno ripagato abbondantemente gli investimenti. In tali realtà, infatti si sono registrate le rese migliori, senza dimenticare che, laddove si è provveduto in fase tarda primavera a intervenire con un’irrigazione di soccorso, le rese hanno toccato anche le 9 t/ha. Il tutto per dimostrare che i cereali autunno-vernini, se adeguatamente seguiti, non sono la cenerentola del panorama agricolo italiano. Tutt’altro.

    E sul fronte dei prezzi? Anche sullo scenario mercantile i produttori possono tornare ad avere qualche sorriso.

    Confrontando i listini medi di luglio delle principali piazze nazionali rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, è facile vedere che per il frumento tenero si registrano rincari che superano generalmente il 17%, mentre per il duro va ancora meglio, con apprezzamenti compresi fra il 14 e il 18%. Più calmo il mercato dell’orzo che, a seconda delle piazze, registra solo, si fa per dire, miglioramenti nei prezzi compresi fra il 4 e il 9%. Insomma, una volta tanto, viene smentita la regola che le produzioni abbondanti affossano i prezzi. Mai come quest’anno, infatti, buone performance produttive sono state accompagnate da listini di prezzi soddisfacenti. Pensiamo al fatto che solo dodici mesi fa i produttori lamentavano cali dei listini del 20% per il tenero, addirittura del 40% per il duro, con rese produttive tutt’altro che esaltanti.

    Considerate le rese e i prezzi di questa prima parte della campagna di commercializzazione, è possibile già trarre un primo bilancio economico per i principali cereali a paglia. Sul fronte dei costi di produzione, rispetto al 2016, si sono verificati pochi cambiamenti e questo grazie soprattutto al contenimento dei costi energetici. Mediamente produrre nell’areale padano un ettaro di frumento tenero è costato 1.110 €/ha (si veda anche l’articolo di Eros Gualandi nello speciale di questo numero), per il duro 1.290 €/ha e per l’orzo 895 €/ha.

     

    La redditività colturale

    Quindi, prendendo in considerazione i prezzi medi di luglio della piazza di Bologna è possibile individuare la produzione minima per ettaro che ha consentito di pareggiare i costi di produzione. Ebbene, dal raffronto costi – prezzi, risulta che per ottenere un guadagno per il grano tenero è stato necessario produrre almeno 6 t/ha, per il frumento duro 5,5 t/ha e per l’orzo 5,7 t/ha.

    Certo, produzioni di tutto rispetto, ma che, conti alla mano, quest’anno hanno permesso ai produttori di ottenere un reddito netto che possiamo stimare in media da un minimo di 230 €/ha per l’orzo, fino a un massimo di 350 €/ha per il frumento duro, passando per i 280 €/ha del tenero.

    Insomma, i conti tornano a essere un po’più favorevoli ai cerealicoltori, senza dimenticare che è possibile fare di più ricorrendo a tecniche conservative di lavorazione dei terreni. Chi si è avvalso di minima lavorazione o della semina su sodo ha ottenuto rese analoghe risparmiando anche 80-90 €/ha rispetto alle tecniche tradizionali. Scusate se è poco.

     

    Leggi l’articolo completo di tabelle su Terra e Vita 26/2017 L’Edicola di Terra e Vita

    Grano tenero, duro e orzo. Qualche euro stavolta rimane - Ultima modifica: 2017-09-05T10:30:55+02:00 da Barbara Gamberini

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