Tre obblighi: diversificazione colturale, mantenimento dei pascoli, aree ecologiche

Greening, la deriva verde della Pac

biologico
Pagamento revocato in toto o in parte a chi non rispetta gli impegni “verdi”. Un ecologismo in antitesi con la produttività

Il pagamento per l’agricoltura verde, detto comunemente greening, è la vera novità della Pac, che rientra nel cosiddetto processo di inverdimento del sostegno all’agricoltura: una nuova forma di aiuto che porterà molti cambiamenti nel comportamento di tante aziende agricole e che ha innescato una forte polemica contro la proposta di riforma.

Il greening era stato pienamente annunciato dalla Commissione europea; la proposta di regolamento del 12 ottobre 2011 lo definisce “pagamento per le pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente”. Si pone come una remunerazione per la produzione di beni pubblici, in linea con gli obiettivi della Strategia Europa 2020 per la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Vediamo i contenuti del greening.

 

30% DEI PAGAMENTI

Il greening o pagamento ecologico è una delle componenti del nuovo sostegno della Pac costituito da sei tipologie di pagamenti diretti (tab. 1). È la seconda componente per importanza dopo il pagamento di base, con una percentuale fissa del 30%, uguale per tutti gli Stati membri.

Questo forma di pagamento sarà erogata annualmente per ettaro ammissibile di superficie agricola (vedi definizione di “superficie agricola” in tab. 2). Il pagamento annuale sarà calcolato dividendo l’importo, risultante dall’applicazione del 30% del massimale nazionale o regionale, per il numero di ettari ammissibili a livello nazionale o regionale.

Tenendo conto del budget disponibile, si può stimare che questo pagamento possa attestarsi sui 90-100 €/ha, con delle differenze tra regioni nell’ipotesi di applicazione della nuova Pac a livello regionale.

Gli agricoltori hanno diritto al pagamento ecologico se percepiscono il pagamento di base e se rispettano sui loro ettari ammissibili tre pratiche agricole benefiche per il clima e l’ambiente:

1) diversificazione delle colture;

2) mantenimento dei prati permanenti;

3) presenza del 7% di aree di interesse ecologico.

Le pratiche agricole vanno rispettate congiuntamente. Vediamone nel dettaglio i contenuti tecnici.

 

DIVERSIFICAZIONE NON È ROTAZIONE

Quando le superfici a seminativo superano i 3 ha, gli agricoltori dovranno prevedere tre tipi di colture nella loro azienda.

Ognuna delle tre colture non potrà superare il 70% della superficie a seminativo e dovrà interessare almeno il 5% della superficie a seminativo.

Alcuni importanti elementi:

1) la diversificazione si applica solamente alle colture a seminativo (vedi definizione di “seminativo” in tab.2); non si applica alle colture permanenti legnose e ai prati e pascoli permanenti;

2) si applica alle aziende che superano i 3 ha a seminativo.

Una puntualizzazione: la diversificazione è un concetto diverso dalla rotazione. Si parla di diversificazione ovvero della presenza contemporanea di tre colture nell’azienda, non di rotazione o avvicendamento delle colture. In altre parole, l’agricoltore deve dimostrare la presenza annualmente di tre colture nella propria azienda, mentre non deve dimostrare l’avvicendamento delle colture nelle parcelle agricole. Le tre colture possono essere posizionate anche in corpi aziendali distinti e lontani.

Sono previste tre deroghe, in cui non è obbligatoria l’applicazione della diversificazione delle colture:

– seminativi interamente utilizzati per la produzione di erba (prati avvicendati, esempio erba medica, ecc.);

– seminativi interamente utilizzati a colture sommerse per una parte significativa dell’anno (riso);

– seminativi interamente lasciati a riposo.

La Commissione dovrà adottare un provvedimento per la definizione della “coltura” allo scopo di chiarire, ad esempio, se triticale e grano sono la stessa coltura, se mais e silomais sono la stessa coltura o se le colture intercalari possano essere prese in considerazione.

 

LE CONSEGUENZE DELLA DIVERSIFICAZIONE

La diversificazione delle colture potrà essere rispettata agevolmente in molte aziende agricole a seminativo di medio-grandi dimensioni che normalmente praticano tre colture. Invece creerà molti problemi in aziende agricole specializzate o medio-piccole.

Le aziende monoculturali o specializzate a mais, a grano duro, pomodoro, tabacco, ecc. dovranno introdurre nuove colture per rispettare il greening oppure dovranno rinunciare al relativo pagamento.

Ancora più difficile è il rispetto della diversificazione delle colture nelle aziende medio-piccole. Basti pensare ad aziende di 3-20 ha che praticano la monocoltura annuale, ad esempio che coltivano interamente la loro azienda a grano, poi l’anno successivo a girasole o mais. Queste aziende dovranno coltivare annualmente tre colture con maggiori costi di produzione.

 

I PRATI PERMANENTI VANNO MANTENUTI

Gli agricoltori dovranno mantenere le superfici adibite a prati e pascoli permanenti (vedi definizione di “prato permanente” in tab. 2). In altre parole, le superfici a prati e pascoli permanenti non possono essere trasformate in seminativi.

All’opposto, ci sono dei limiti nella trasformazione dei seminativi a prati e pascoli permanenti: gli agricoltori sono autorizzati a convertire non oltre il 5% delle loro superfici di riferimento a prato permanente.

Le “superfici di riferimento a prato permanente” sono quelle indicate nella Domanda unica del 15 magio 2014.

Il rispetto di questa norma non desta particolari difficoltà nella situazione italiana, anche se va applicata con la debita attenzione.

 

AREE DI INTERESSE ECOLOGICO

Gli agricoltori dovranno dedicare almeno il 7% della loro superficie agricola per scopi ecologici, escluse le aree usate per i prati permanenti. Quindi sia i seminativi che le colture permanenti legnose devono destinare il 7% della superficie agricola per scopi ecologici.

Sono considerati terreni a scopi ecologici:

– i terreni a riposo,

– le terrazze,

– elementi caratteristici del paesaggio,

– le fasce tampone,

– le superfici oggetto di imboschimenti nell’ambito dei Psr.

La Commissione dovrà precisare i tipi di aree di interesse ecologico da prendere in considerazione ai fini del rispetto del greening.

Questa norma è molto impattante per le aziende agricole ad agricoltura specializzata sia al nord che al centro-sud Italia. Un’azienda interamente seminata dovrà sottrarre il 7% della superficie per fasce tampone o set aside ecologico. Analogamente, un’azienda a oliveto, vigneto o frutteto, esclusi quelli di valore paesaggistico, dovrà destinare il 7% ad aree ecologiche.

La sottrazione di superficie agricola per le aree ecologiche desta molte perplessità rispetto all’obiettivo dell’Ue sulla “crescita sostenibile”. È vero che tale norma persegue la sostenibilità, ma sicuramente contrasta con l’obiettivo della crescita, soprattutto con l’obiettivo della produzione di cibo. È, quindi, una norma che va rivisitata per renderla più coerente.

 

AGRICOLTORI BIOLOGICI E AREE NATURA 2000

Gli agricoltori biologici avranno automaticamente diritto a percepire la componente ecologica dei pagamenti, senza essere sottoposti a ulteriori obblighi, dati i benefici ambientali prodotti dai metodi di agricoltura biologica.

Gli agricoltori, la cui azienda ricade totalmente o parzialmente nelle aree Natura 2000, hanno diritto a percepire la componente ecologica dei pagamenti, se rispettano le pratiche previste dalle direttive Natura 2000. In altre parole, le pratiche del greening sono obbligatorie anche per gli agricoltori le cui aziende sono situate in tutto o in parte in zone “Natura 2000” (…), purché si tratti di pratiche compatibili con gli obiettivi di tali direttive.

 

LA MANCATA OSSERVANZA DEL GREENING

Se si accerta che un beneficiario non rispetta gli impegni del greening, il pagamento è revocato in toto o in parte. La riduzione del pagamento è graduata in funzione della gravità, della portate e della durata e della ripetizione dell’inadempienza.

Greening, la deriva verde della Pac - Ultima modifica: 2011-11-07T16:27:08+01:00 da Redazione Terra e Vita

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