Mani cinesi su Syngenta

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1Ren Jianxin 2michel demarè 3john ramsay
ChemChina lancia un’offerta da 43 miliardi di dollari

Da un azionariato diffuso stile public company, ad un unico proprietario (statale). Da un perfetto modello di capitalismo occidentale, alla realtà di maggior successo del post-comunismo orientale. ChemChina ha lanciato nei giorni scorsi un’offerta per l’acquisizione di Syngenta per la cifra monstre di 43 miliardi di dollari. Si dovrebbe chiudere così una vicenda che ha tenuto la società con sede a Basilea (Svizzera) in bilico tra occidente (con il tentativo di Monsanto non andato in porto) e oriente. L’offerta prevede un controvalore di 465 dollari per azione, Nelle prossime settimane avrà inizio l’operazione in Svizzera e Usa e la conclusione della transazione è prevista a fine anno. 

Garanzie di continuità

Syngenta ha comunicato che l’attuale management continuerà a gestire la società. Dopo la chiusura dell’accordo, un Consiglio di amministrazione composto da dieci membri sarà presieduto da Ren Jianxin, Chairman di ChemChina, e comprenderà quattro degli attuali membri del Board di Syngenta. ChemChina si impegna a mantenere i più alti standard di governance in vista di una offerta pubblica di titoli azionari (Ipo) negli anni a venire (in coerenza con la recente richiesta di riconoscimento dello status di economia di mercato avanzata dalla Cina nell’ambito delle regole dell’Organizzazione mondiale del Commercio). «Con questa offerta – ha dichiarato Michel Demaré, presidente di Syngenta – ChemChina riconosce la qualità e il potenziale del nostro business. L’accordo è focalizzato sulla crescita a livello globale, in particolare in Cina e altri mercati emergenti e permetterà investimenti di lungo periodo nel campo dell’innovazione. Syngenta rimarrà sè stessa e continuerà ad avere sede in Svizzera».

« Questo accordo – ha affermato John Ramsay, amministratore delegato – ci permetterà di mantenere ed ampliare la nostra posizione di leadership. Ciò assicurerà agli agricoltori di beneficiare ancora di un’ampia scelta e garantirà la continuità degli investimenti in ricerca». «Le trattative – ha commentato Ren Jianxin, presidente di ChemChina – sono state amichevoli e costruttive. La nostra visione sarà finalizzata alla massimizzazione degli interessi degli agricoltori e dei consumatori di tutto il mondo». 

Le risorse genetiche

In Italia Syngenta è leader nei settori della protezione delle colture e del breeding. Alcune perplessità si sono quindi alzate anche nel nostro Paese in merito alla prospettiva del “trasferimento” in mano cinese di risorse genetiche di colture chiave per il nostro settore primario. A maggior ragione alla luce della recente acquisizione della Psb (società produttori sementi), azienda leader nelle sementi di grano duro,attiva in provincia di Bologna dal 1911. Per altre voci l’offerta del colosso cinese è in grado di dare solidità e longevità a supporto del settore primario. La posizione di vertice di Syngenta contrasta infatti con la debolezza dimostrata negli ultimi mesi sul mercato azionario. Da cosa dipende?

I costi di registrazione

Il fatturato ha continuato a crescere incessantemente, ma l’inasprimento delle regole registrative ha causato negli ultimi anni un aumento più che proporzionale delle spese (gli investimenti in ricerca delle prime 5 società del settore è aumentato del 33% negli ultimi 5 anni). Parallelamente si è ridotto ad un terzo il numero delle nuove molecole immesse sul mercato: una circostanza che dovrebbe fare riflettere soprattutto in Europa. Alla luce anche del contributo che una realtà come Syngenta garantisce come esperienza e know-how nel campo della sostenibilità.

 

 

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Mani cinesi su Syngenta - Ultima modifica: 2016-02-12T12:33:03+01:00 da Sandra Osti

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