L’utilizzo di scoperte della ricerca genetica per curare l’uomo è molto apprezzato dall’opinione pubblica mentre non è così per l’agricoltura, anche se la tecnologia è esattamente la stessa. A dirlo è la professoressa Annalisa Polverari dell’Università di Verona, a margine della giornata di studio “Razionalizzazione delle attività di controllo dei parassiti nelle colture e negli allevamenti” che si è svolta oggi all’Accademia dei Georgofili.
Con le Tea agricoltura più sostenibile
Facendo riferimento al noto caso della donna affetta da una grave malattia genetica, l’anemia falciforme, curata con una terapia a base di editing genetico, Polverari ha dichiarato: «Nel caso delle malattie umane la percezione beneficio-costo da parte dell’opinione pubblica è molto elevata, mentre nel caso delle piante che tutti noi mangiamo questa percezione è molto vaga e il singolo consumatore è spesso inconsapevole di quanto può essere importante una produzione agraria più rispettosa dell’ambiente grazie alle nuove tecnologie che danno agli agricoltori gli strumenti per produrre in maniera sostenibile».

Sempre meno mezzi tecnici
«Attualmente molti fitofarmaci sono stati revocati in quanto tossici e quindi mancano molecole attive efficaci, oltre a questo i cambiamenti climatici aumentano la pressione di molti patogeni – ha sottolineato Polverari – l’agricoltore non riesce più a produrre in quantità né ai costi ai quali siamo abituati. La sostenibilità deve necessariamente diventare un problema del singolo cittadino e consumatore in un mondo in cui c’è bisogno di produrre di più utilizzando meno input: questo possiamo farlo soltanto con la ricerca nel settore delle tecnologie di evoluzione assistita (Tea) che permettono di potenziare geni già presenti nel patrimonio genetico delle singole piante, per renderle più resistenti nei confronti degli stress biotici e abiotici, soprattutto in tempi brevi. Le varietà resistenti si sono infatti prodotte da sempre tramite incrocio ma questa è una procedura che richiede troppo tempo, cosa che oggi non abbiamo».










