Più valore alla carne

Quasi tutto l’import ha prezzi inferiori ai nostri

La filiera italiana delle carni bovine cerca di riprendersi dalla stagnazione che la affligge da anni: l’attività di allevatori e macellatori non fornisce più il reddito di un tempo, siamo troppo dipendenti dall’estero sia nell’import di bovini che in quello di carne, i consumi interni segnano il passo… La fiera Eurocarne ha fatto il punto in diversi convegni. Nella fase d’allevamento, ha detto Kees De Roest, del Crpa, non mancano i problemi: «Oggi i premi Pac permettono ancora di compensare le perdite. Ma con la nuova Pac, questo non avverrà più. Il calo dei premi Pac fino al 2020 sarà del 40% rispetto al 2014 e solo in parte sarà mitigato dai premi accoppiati per i bovini da carne».

Non è tutto: «Negli ultimi 4 anni le importazioni dei capi da ristallo sono diminuite del 17%, come conseguenza delle chiusure degli allevamenti e del calo dei consumi. Questi sono scesi a 19,9 kg pro capite annui. E negli ultimi 3 anni le macellazioni bovine hanno registrato un declino dell’11%». Il numero delle vacche nutrici in Italia dal 2010 al 2014 è sceso da 372mila a 328mila. La redditività degli allevamenti di Charolaise «nel secondo, terzo e quarto trimestre del 2014 è stata negativa, con una perdita fra i 20 e i 30 euro per 100 kg a causa delle oscillazioni negative del mercato».

Inoltre, fa sentire il suo peso la dipendenza italiana dall’estero. È la situazione della maggioranza degli allevamenti italiani che, eccezion fatta per i circuiti delle razze autoctone la cui incidenza è minoritaria, acquistano vitelli giovani dall’estero per farli crescere sino al peso di macellazione.

L’import di carne lo conferma: «L’Italia importa oltre il 50% del fabbisogno. E quasi tutta la carne estera arriva a prezzi inferiori della nostra», ha detto Giuliano Marchesin, direttore di Unicarve. E di fronte al forte import di carne bovina, ha contunato Marchesin, «c’è un solo modo per salvare la zootecnia bovina da carne in Italia: rendere riconoscibile la carne con un marchio di qualità che il consumatore riesca a ricordare quando deve scegliere».

I produttori italiani devono quindi puntare con decisione sulla tracciabilità della carne, ha continuato Marchesin, e sulla presentazione al consumatore di informazioni trasparenti. Questo significa per esempio distinguere la carne italiana in vendita da quella estera «con una denominazione del prodotto unica e con un marchio nazionale unico, come già si sta facendo con Vitellone ai cereali Sigillo italiano, marchio che può essere abbinato anche a eventuali marchi regionali già operativi».

Un’altra proposta per una ripresa del settore è il rilancio della linea vacca-vitello, sostenuto dal nuovo progetto “Meetbull”, presentato a Eurocarne. Un progetto che parte dal Veneto: protagonisti Aia e Arav, la Regione Veneto, l’Università di Padova, Unicarve e Azove. Meetbull prevede un’inedita collaborazione tra stalle da latte e stalle da carne per sostenere la linea vacca-vitello usando la rimonta interna delle stalle da latte. Mediante l’uso del seme sessato, spiega il presidente Arav Floriano De Franceschi, «sostituiremo le nascite di vitelli maschi delle razze da latte, che non hanno ritorno economico, con nascite di capi meticci da carne, che hanno un valore commerciale nettamente più alto, in modo da avere un prodotto al 100% italiano».

Consumi in flessione. Calabrese: lavorare sulla divulgazione

Nel 2014 in Italia, è emerso a Eurocarne, i consumi di carne hanno perso in media il 3,8% in volume e il 4,7% in valore rispetto all’anno precedente, con punte del -6% in volume e del -6,4% in valore per la carne bovina (fonte: Ismea). Fra le contromosse proposte dalla fiera veronese, quella del nutrizionista Giorgio Calabrese: l’informazione nutrizionale rivolta ai consumatori deve ricominciare a dare importanza al ruolo della carne nella dieta. «Soprattutto nell’alimentazione dei bambini, che solo assumendo regolarmente questo alimento possono avere una crescita equilibrata. Ma anche nell’alimentazione degli anziani, la cui salute e il cui benessere dipendono dal ferro, dalla vitamina B12 e dagli aminoacidi essenziali della carne. È fuorviante la tendenza anti-carne che sta prendendo piede oggi».

Un’altra risposta si può trovare in una ricerca Sg Marketing che ha interpellato mille responsabili acquisti: la provenienza italiana, le modalità di allevamento, l’alimentazione dell’animale, l’età di macellazione, colore e tenerezza della carne sono i primi elementi che determinano la qualità della carne, secondo i consumatori del nostro Paese.                G.S.

Più valore alla carne - Ultima modifica: 2015-05-25T16:35:31+02:00 da Sandra Osti

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