Il progetto Differ sostiene diversità, fertilità e resilienza nel biologico e nel biodinamico

Podere Forte di Castiglione d'Orcia (Siena)
L’obiettivo del progetto Differ, seguito dall'Università di Firenze, è definire pratiche agro-ecologiche per l’implementazione della sostenibilità in sistemi agro-zoo-forestali biologici e biodinamici basati sulla coltivazione di vite e olivo

Con l’ultimo bando del Mipaaf su agricoltura biologica è stato finanziato il progetto Differ. Le prime attività di ricerca del progetto, iniziato nel gennaio scorso, si sono sviluppate in piena crisi Covid ma, nonostante le difficoltà, si sta già consolidando una comunità di attori che hanno strutturato e stanno ulteriormente sviluppando le iniziali idee progettuali a partire dalla sperimentazione già in atto presso l’esperimento di lungo termine su agricoltura biologica e biodinamica MoLTE, dell’Università degli Studi di Firenze.

L’obiettivo generale del progetto Differ è quello di definire pratiche agro-ecologiche per l’implementazione della sostenibilità in sistemi agro-zoo-forestali biodinamici e biologici e basati sulla coltivazione di vite e olivo.

Unità operative e aziende

Le attività di ricerca, sperimentazione e divulgazione dei risultati sono condotte da tre unità operative espressione di una stretta collaborazione tra enti formativi pubblici e privati, costituite da: l'Università degli Studi di Firenze, capofila del progetto, e da Apab-Istituto di formazione e Associazione per l'Agricoltura Biodinamica  per le quali il referente è Carlo Triarico.

Il presidente dell’Associazione per l’agricoltura biodinamica infatti nell’ottica di perseguire una strategia di alleanze costruite negli anni anche attraverso i numerosi convegni internazionali, ha previsto di stabilire collaborazioni utili al progetto con Paola Migliorini (presidentessa di Agroecology Europe),  Centro Assistenza Imprese Coldiretti Toscana, Demeter Associazione Italia e con agronomi specializzati nel settore dell’agricoltura biologica quali  Francesca Castioni e Giovanni Cerretelli.

Il progetto vede coinvolte otto aziende biodinamiche e biologiche  dell'Italia centrale e meridionale, tra cui l'azienda sperimentale dell'Università degli Studi di Firenze, dove le suddette pratiche agro-ecologiche sono testate e validate (vedi tabella sotto). Le attività sono suddivise in quattro linee di ricerca, ovvero sperimentazione di pratiche agro-ecologiche per la diversificazione dei processi aziendali, impatti delle pratiche sulla fertilità del suolo, valutazione socio-economica, co-ricerca e co-innovazione.

Le aziende pilota del progetto DIFFER

Nome azienda

Certificazione

Regione Ordinamento colturale
Biologica Biodinamica
Az. Agricola di Montepaldi

Si

No

Toscana Viti-olivicola, ceralicola
Az. Agricola Pasquale Amico

Si

Si

Campania Orticolo-cerealicola
Az. Agr. Romualdi Tommaso

Si

No

Toscana Viti-olivicola, ceralicola
Az. Agricola Mascagni Bianca

Si

No

Toscana Cerealicolo-olivicola
Azienda Agricola Amico Bio

Si

Si

Campania Orticolo-cerealicola
Cooperativa Vitulia

Si

Si

Calabria Olivicola, cerealicolo-ortofrutticola
Podere Forte

Si

Si

Toscana Viti-olivicola, ceralicolo-zootecnica

L’elevato grado di biodiversità e la multifunzionalità sono elementi riconosciuti per qualificare i sistemi produttivi sostenibili. Nella collina interna italiana, zona a elevato valore ambientale e paesaggistico, questi aspetti rivestono un’importanza se possibile ancora più grande.

La ricchezza della collina interna

Queste aree, talvolta erroneamente considerate in passato economicamente marginali, occupano ben il 30,3% della superficie nazionale e, fatta eccezione per le aree montane a bassa intensità di utilizzo agricolo (35,2%), costituiscono da un punto di vista della morfologia dei suoli il tipo produttivo più rappresentativo della nostra agricoltura. Su queste aree insiste quasi un quarto della popolazione, e sono relativamente più diffuse nel Centro e Sud Italia (49,9 e 30,4%, rispettivamente). È su queste aree che si basano gli studi del progetto Differ.

Vista l’ampia diffusione dei sistemi agrari basati su vite e olivo nella collina interna, è necessario altresì sviluppare ordinamenti e pratiche colturali che consentano di diversificare e rendere più sostenibili tali coltivazioni arboree, riducendo quindi il rischio economico d’impresa.

In quest’ottica, il metodo biodinamico di gestione aziendale offre un modello che prescrive l’obbligatorietà dell’introduzione e del mantenimento della componente animale nell’organizzazione aziendale. Questo metodo adotta inoltre pratiche agronomiche che potenzialmente sono in grado di gestire la composizione delle popolazioni microbiche del terreno in modo da ottimizzare localmente il riciclo della sostanza organica e degli elementi nutritivi.

Dato che al momento attuale il contesto socio-economico e culturale ha impedito l’ampia diffusione del metodo biodinamico, appare necessario sperimentare e validare in un contesto scientifico le pratiche sopracitate e conseguentemente promuoverne l’adozione presso gli agricoltori.

 Questi ultimi potranno quindi combinare le loro conoscenze esperienziali con i risultati sperimentali per poi proporle ad una platea allargata di aziende agricole. Tra queste consideriamo sia quelle che già utilizzano il metodo biologico che quelle in conversione al metodo biologico o al metodo biodinamico.

Ormai, fin dalla metà del secolo scorso, l'agricoltura ha perso l'apporto di sostanza organica, che per secoli è stata il principale responsabile della fertilità. Tale sostanza organica veniva fornita degli allevamenti diffusi sul territorio, ma l'attuale sistema produttivo predominante, avendo concentrato gli allevamenti in zone limitate, produce un letame che, anziché apportare benefici al suolo, è causa di inquinamento, per esempio, da eccesso di azoto.  I costi di trasporto del letame, ovvero spese sostenute) per trasferire su lunghe distanze un materiale sostanzialmente formato d'acqua (in confronto ai concimi di sintesi) ha limitato, se non azzerato, la distribuzione di sostanza organica sui suoli coltivati.  Quindi alcuni sistemi di gestione agricola si sono preoccupati di approvvigionarsi di sostanza organica nei modi più vari: vicinanza di allevamenti, sovesci, utilizzo di compost, di residui di lavorazione di industrie alimentari etc.

 L'attuale offerta di sostanza organica comprende del letame essiccato o pellettato, del letame fresco, ma da un punto di vista chimico-fisico anche i cumuli biodinamici possono essere considerati come degli apporti di sostanza organica estremamente attivi. Quindi il progetto in oggetto si pone come obbiettivo lo studio dell'effetto di aggiunte di sostanza organica di varia natura per il miglioramento della fertilità del terreno.

Diversificazione e resilienza

Oltre a testare nei campi sperimentali MoLTE indicatori di fertilità dei suoli, anche tramite l’esecuzione di tre tesi di laurea, in questo periodo, pur nel rispetto delle norme di sicurezza, il gruppo di coordinamento del progetto ha incontrato singolarmente tutti i partner e le aziende toscane (gli incontri con le aziende in Campania e Calabria sono stati pianificati non appena è stato dato il via libera agli spostamenti interregionali ma non sono stati ancora effettuati).

Negli incontri con aziende e partner sono state strutturate due linee di co-ricerca e co-innovazione: una volta a studiare tutte le potenziali vie di diversificazione degli ordinamenti produttivi aziendali, al fine di aumentare la resilienza delle aziende al cambiare delle condizioni di mercato; e un’altra che focalizza su strategie di gestione dei suoli che conservino e aumentino la fertilità.

Riguardo alla prima linea di co-ricerca e innovazione, l’ordinamento produttivo prevalente nella collina interna italiana è basato su vite e olivo. Seppure abbiano dimostrato di poter garantire una forte redditività, la combinazione della forte competizione sui mercati italiani ed esteri con gli elevati costi di manodopera, ha ridimensionato la pur sempre importante fiducia riposta dagli imprenditori in questi due settori.

Multifunzionalità allargata

Questo aspetto è stato esacerbato dalla corrente crisi sanitaria, durante la quale i settori più colpiti sono stati quelli delle esportazioni dei prodotti agro-alimentari di qualità, in testa vino e olio. Allo stesso tempo il mercato richiede, con sempre maggior forza, altri prodotti di qualità quali pane e pasta, leguminose e cereali in granella per consumo umano e carni da filiere a denominazione locale.

Oltre alle sopracitate opportunità di mercato, le attività di agriturismo, educazione ambientale, zooterapia (in inglese, pet therapy) etc. possono permettere alle aziende, in un’ottica di multifunzionalità allargata, di diversificare sia il reddito che le produzioni agricole, fornendo al contempo all’ambiente e al territorio una vasta gamma di servizi.

Quindi, da un punto di vista multifunzionale, elementi di diversificazione quali differenti razze animali e varietà vegetali, ordinamenti colturali e produttivi, componenti a varia funzionalità ecologica nel paesaggio agrario, promossa anche dalla diversità dei suoli e degli ambienti tipica delle aree collinari, possono dare origine a nuove e rinnovate attività che consentano alle aziende un aumento del valore assoluto e della stabilità del reddito.

Sistema agro-forestale sostenibile

Sistema agro-forestale basato su olivo e vite presso l’Azienda Romualdi

Riguardo alla seconda linea di co-ricerca e innovazione, il ricongiungimento funzionale tra l’allevamento e l’azienda agricola con le sue produzioni vegetali e le risorse alimentari fruibili, distingue la produzione biologica, la quale già di per se potenzialmente costituisce un modello di sistema agro-zoo-forestale sostenibile.

Tuttavia, bisogna tenere in conto che l’attuale scarsità di allevamenti nella collina interna e la conseguente ristretta disponibilità di letame, ha indotto/costretto gli agricoltori, pur nel rispetto delle norme sull’agricoltura biologica, a sostituire parzialmente le sorgenti di fertilità interne al sistema quali sostanza organica di origine animale e vegetale con input organici esterni.

Quindi si rende necessaria la messa a punto di nuovi modelli di produzione primaria che superino il dualismo tra produzioni vegetali (agro-forestali) ed animali, ricollegando e richiudendo le catene di produzione e di riutilizzo degli elementi nutritivi, aumentando l'efficienza ecologica del sistema produttivo nel suo complesso.

Condivisione degli obiettivi

Nel caso di aziende appartenenti a comprensori con scarsa disponibilità di letame o comunque con scarse opportunità di mercato per i prodotti zootecnici, bisogna prevedere fonti alternative di approvvigionamento della sostanza organica. Nelle declaratorie Fao si legge che l'agroecologia cerca di ricollegare i produttori e i consumatori attraverso un'economia circolare e solidale che privilegia i mercati locali e sostiene lo sviluppo territoriale. Tuttavia non sempre è chiaro come si possa ottenere un risultato così ambizioso, soprattutto quando le dimensioni di scala sono grandi.

La condivisione di obiettivi, sistemi di gestione e di organizzazione è un passo avanti in questa direzione ma in assenza di un’organizzazione logistica evoluta rischia di essere inefficace. Vi è la necessita di creare, o meglio ripristinare, le connessioni economiche, sociali ed ecologiche tra sistemi urbani e sistemi rurali appartenenti ai soliti territori.

Consumatori organizzati in collettività

Gruppo di coordinamento DIFFER e agricoltori dell’Azienda Romualdi

Un primo passo in un’ottica di economia circolare può essere compiuto accoppiando alla fornitura di alimenti da produttori locali a consumatori organizzati in collettività (ad esempio, gruppi di acquisto solidale, mense scolastiche o aziendali, mercati contadini co-gestiti) sistemi di riciclo dei nutrienti basati sulla raccolta e il controllo certificato di qualità di rifiuti organici selezionati conferiti dai gruppi di consumatori agli agricoltori, magari integrati con i residui della gestione del verde urbano.

Un po' quello che avviene tra il comparto degli allevamenti e il comparto foraggero-cerealicolo in un’azienda ad ordinamento produttivo misto, ma su una scala ben più ampia dove l’“elemento animale” è dato dalla popolazione della città e l’elemento di produzione vegetale è dato ad esempio dall’insieme di aziende orticole e frutticole collocate in ambito urbano e peri-urbano. È questo solo un esempio di economia della condivisione (sharing economy) applicato a vantaggio di un sistema di economia circolare.

Equilibro fra sistemi urbani e rurali

Da un punto di vista logistico non è facile da attuare ma è pur vero che, soprattutto in un’ottica di aumento della popolazione dei centri urbani fino al 70%, sarà sempre più necessario ristabilire un equilibrio dei flussi di materia tra sistemi urbani e sistemi rurali. Vincere una tale sfida vorrebbe dire migliorare le diete delle popolazioni urbane, migliorare le economie delle popolazioni rurali e migliorare lo stato dell’ambiente in generale grazie all’aumento costante della sostanza organica nei suoli.

Tuttavia, questo obiettivo richiede uno sforzo congiunto di organizzazione da parte di tutti gli attori, inclusi agricoltori, trasformatori, consumatori, certificatori, ricercatori e politici responsabili delle pratiche di governance locale, e questo è un altro ambito sul quale si svilupperanno le attività del progetto Differ.

L'autore, Cesare Pacini, è del Dipartimento Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI) dell'Università di Firenze

 

Il progetto Differ sostiene diversità, fertilità e resilienza nel biologico e nel biodinamico - Ultima modifica: 2020-07-24T14:30:36+02:00 da Alessandro Maresca

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