Pomodoro da industria, ecco i professionisti del biologico

pomodoro da industria
L’Op Apoconerpo coltiva 1.200 ettari con varietà peronospora resistenti. E contro le malerbe sarchiatura, teli pacciamanti e manodopera

Circa 5.300 ettari dedicati ogni anno al pomodoro da industria dagli agricoltori di 17 cooperative. Di questi, 1.200 sono coltivati con il metodo biologico. Sono i numeri più significativi per quanto riguarda la solanacea da trasformare in passata, concentrato e cubetti, di Apoconerpo, una delle più grandi Op italiane del settore ortofrutticolo che da circa 25 anni si dedica alla coltivazione in bio. Gran parte degli ettari si trovano nel bacino del Nord, il resto in Toscana.

La produzione si aggira sulle 510mila tonnellate, di cui 118mila biologiche, trasformate negli stabilimenti di proprietà di Pomposa (Fe) e Ravenna. Il raccolto toscano, circa 60mila tonnellate, è quasi tutto destinato all’impianto di trasformazione di Albinia (Gr).

Inoltre, Apoconerpo ha rapporti commerciali con quasi tutte le industrie conserviere del Nord Italia. Le cooperative che si dedicano in particolare al biologico sono Propar e La Fenice. Le rese medie per il biologico si aggirano tra le 68 e le 71 tonnellate per ettaro.

Varietà resistenti

Ovviamente quando si parla di pomodoro da industria biologico si pensa a come contrastare malattie fungine e infestanti. «Oggi abbiamo a disposizione varietà resistenti alla peronospora – spiega il responsabile pomodoro da industria di Apoconerpo Luca Artioli – quindi la genetica ci dà una grande mano a produrre pomodoro da industria utilizzando solo i prodotti autorizzati per l’agricoltura biologica Se vogliamo raggiungere buoni risultati bisogna partire da un buon seme – ribadisce – le varietà resistenti sono ormai fondamentali». Le cooperative aderenti ad Apoconerpo sono clienti dell’azienda sementiera parmense United Genetics da almeno dieci anni.

Per contrastare le malerbe i produttori che conferiscono ad Apoconerpo stanno sperimentando i teli pacciamanti e poi si utilizza tanta manodopera per estirparle a mano. Ma, anche se molto costoso, si sta facendo largo il diserbo meccanico. «Ci stiamo dotando di sarchiatrici innovative che riescono a muoversi nell’interfila – precisa Artioli – hanno un costo molto alto ma lavorano davvero bene».

Luca Artioli

Ovviamente i costi produttivi sono elevati e le rese inferiori al convenzionale. Un gap compensato dal prezzo che l’anno scorso per il bacino Nord è stato ritoccato al rialzo di 5 euro la tonnellata dopo anni in cui era fermo a 130 €/t.

«Non si può produrre pomodoro biologico a basso costo, quindi il prezzo pagato ai produttori deve essere adeguato – sottolinea Artioli – se guardiamo altre colture, il prezzo del prodotto biologico è doppio di quello convenzionale. Nel pomodoro non è così, anche se il prezzo attuale è un giusto equilibrio tra i costi, le rese e il margine per gli agricoltori».

La stragrande maggioranza degli ettari coltivati in biologico sono nelle province di Ferrara e Ravenna, soprattutto in prossimità della costa. Non è un caso. «La vicinanza al mare fa in modo che ci sia sempre un po’ di ventilazione – racconta Artioli – questo scongiura i ristagni di umidità e quindi rende meno facile lo sviluppo di malattie fungine. Poi riusciamo a fare pomodoro bio anche altrove, ma qui viene meglio».

Pomodoro da industria, ecco i professionisti del biologico - Ultima modifica: 2021-01-20T15:02:29+01:00 da Simone Martarello

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