Rurale e Biologico, il “caso” del Distretto toscano della Val di Cecina

Il doppio riconoscimento è arrivato alla fine di giugno, a meno di tre anni dalla sua prima istituzione: l'approccio agro-ecologico emerge dai numeri, con oltre il 50% della superficie bio o in conversione

Stefano Berti, presidente del Distretto Rurale e Biologico della Val di Cecina
Con 37 Distretti del Cibo iscritti al Registro Nazionale istituito presso il Ministero, la Toscana è la regione che più ha scommesso su questo nuovo strumento di aggregazione delle comunità locali

La Toscana, che conta ben 37 Distretti del Cibo iscritti nel Registro Nazionale del Ministero delle politiche agricole (10 rurali, 1 biologico, 21 strade del vino, dell’olio e dei sapori e 5 Comunità del cibo), è tra le Regioni che più hanno voluto scommettere su questo nuovo strumento di aggregazione delle comunità locali istituite con legge nazionale (la 194/2015).
Novità nella novità è il doppio riconoscimento ottenuto in queste settimane dalla Val di Cecina, già distretto rurale dal dicembre 2019 ed ora, da fine giugno, anche distretto biologico, in coerenza con quanto previsto nell'azione 6 del proprio progetto economico-territoriale. Il tutto "in considerazione del numero di aziende e della SAU della Val di Cecina, che per circa il 33% ha già ottenuto la certificazione biologica".

Il presidente Berti: "prima Rurale, ora anche Biologico"

Il Presidente del Distretto, Stefano Berti, ha espresso soddisfazione per il rafforzamento e gli importanti risultati che il Distretto ha già conseguito in questi primi due anni di vita. "Il modello agricolo biologico - sottolinea - ha fra i suoi obiettivi peculiari il miglioramento del suolo, la tutela della biodiversità e delle acque e il benessere animale. Tutti elementi che concorrono al contrasto al cambiamento climatico e alla conservazione della natura, rendendo più resiliente l’agricoltura. L’approccio agro ecologico è determinante per affrontare la sfida climatica ed arrestare la perdita di biodiversità, con miglioramenti in termini di occupazione e sviluppo rurale sostenibile. In questo quadro di obiettivi l’organizzazione in Distretti Rurali e in Distretti Biologici, rappresenta un passaggio strategico in termini di differenziazione territoriale, per accrescere la reputazione, la professionalità degli operatori e la competitività dell’intero sistema".

Superfici per il 33% in biologico, il 21% in conversione

Al 33% della superficie in biologico si aggiunge in Val Cecina un 21% in conversione, numeri che porteranno presto a superare il 50% della superficie agricola utilizzabile. Il dato non è uniforme in tutti i Comuni del Distretto, all'interno del quale svettano per adesione al biologico i Comuni Pomarance, Volterra e Montecatini; più indietro risultano Riparbella, Monteverdi Marittimo, Montescudato, Cecina, Guardistallo e Casale Marittimo. Il Distretto si propone proprio la maggiore diffusione del metodo della produzione biologica e di pratiche di economia circolare, dando vita ad una rete in grado di rendere più competitivi tutti i soggetti che ne fanno parte. "Pensiamo al Distretto - spiega il presidente Berti - anche come ad un erogatore di servizi di informazione e di valorizzazione, ad un interlocutore privilegiato per le istituzioni, un volano per attrarre in Val di Cecina un turismo di qualità e destagionalizzato e, non da ultimo, come un soggetto in grado di presentare progetti e ottenere finanziamenti a livello regionale, nazionale ed europeo".

Una quindicina in tutto i Distretti Biologici in Italia

Una quindicina in tutto i Distretti Biologici presenti nel Registro Nazionale, tra cui quello unico regionale delle Marche. Allo scorso febbraio non ne figuravano altri con "doppio passaporto", a riprova del particolare lavoro che si è fatto in Val di Cecina.
Quali ora i prossimi obiettivi? "Le direttrici lungo le quali muoversi - evidenzia Stefano Berti - sono tante: promuovere le attività multifunzionali legate all'agricoltura biologica, semplificare l'applicazione delle norme di certificazione, sostenere il consumo locale di prodotti biologici, costruzione di rapporti di filiera, promozione del biologico presso ristoranti, alberghi, mense e gruppi di acquisto solidali, oltre ovviamente all'adozione di un marchio d'area identificativo delle bio produzioni della Val di Cecina".
Un ruolo e una responsabilità importante per il raggiungimento di questi obiettivi sarà ovviamente degli enti locali aderenti al Distretto Biologico, senza il cui impegno molto delle azioni e dei traguardi previsti potrebbero rimanere solo delle enunciazioni.

La Regione punta molto su questo nuovo strumento

“L’iscrizione nel registro nazionale dei 37 Distretti del cibo è una grande occasione che ci permette di valorizzare ancora di più queste realtà, baluardi della difesa del paesaggio, della sua memoria, della biodiversità e dei sapori che solo una grande terra come la Toscana sa regalare grazie alle persone che ostinatamente scelgono di viverci e di mantenerla", ha dichiarato la vicepresidente e assessora regionale all’agroalimentare Stefania Saccardi.
"I Distretti del cibo, che sono intersettoriali, rappresentano quindi uno strumento che può portare vantaggi in termini di sinergie e di possibilità di ottenere finanziamenti, ma anche acquisizione di un maggiore appeal in termini turistici. Non in secondo piano, possono contribuire alla conservazione del paesaggio, favorire lo sviluppo territoriale, la coesione e l'inclusione sociale e l'integrazione di attività caratterizzate da prossimità territoriale”.

Rurale e Biologico, il “caso” del Distretto toscano della Val di Cecina - Ultima modifica: 2022-07-11T18:49:07+02:00 da Gilberto Santucci

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