Boom della soia, ma è troppo il seme non certificato

filiere
In Italia le superfici destinate alla moltiplicazione della soia sono raddoppiate in 4 anni, ma cresce anche il fenomeno della riproduzione del seme aziendale. Assosementi lancia una campagna informativa destinata a tutti gli attori della filiera produttiva

Crescono per il quarto anno consecutivo le superfici destinate alla moltiplicazione di soia in Italia, leader in Europa per questo comparto secondo le statistiche ufficiali 2016 di Escaa (European Seed Certification Agencies Association). Tuttavia aumenta contemporaneamente anche l’autoriproduzione di seme aziendale, pratica che preoccupa per le conseguenze fitosanitarie che l’uso di tale seme può determinare a discapito della redditività del raccolto e per le diverse forme di illegalità cui può dare origine se scambiato o posto in commercio.

Ad affermarlo è Assosementi, l’Associazione che rappresenta le ditte sementiere italiane, che alla vigilia delle semine di soia ha diffuso insieme alla Società cooperativa d'interesse collettivo agricolo dei Selezionatori costitutori (Sicasov) il leaflet “Attenzione alle frodi”: l’obiettivo è di richiamare agricoltori e operatori agricoli sui possibili illeciti che possono derivare dal commercio di seme non certificato e dall’autoriproduzione di seme di varietà di soia tutelate.

«Dal 2012 a al 2016 nel nostro Paese gli ettari destinati alla moltiplicazione di soia sono praticamente raddoppiati, passando da 6.300 ai 12.300 nel 2016 (dati CREA-SCS), aumentando la disponibilità di produzioni locali per le filiere di soia di qualità, eccellenza del Made in Italy - ha dichiarato Gianluca Fusco, presidente della Sezione colture industriali di Assosementi. Si tratta di un autentico boom, reso possibile anche grazie all’innovazione delle nuove varietà fornite dal settore sementiero. Questo successo rischia però di essere minacciato dalla diffusione di seme non certificato, che può compromettere la qualità e la sanità delle produzioni e, in termini più ampi, ostacolare il progresso della filiera».

«Secondo le stime in nostro possesso, nel 2016 il fenomeno dell’auto-riproduzione di seme aziendale avrebbe interessato più di 60mila ha sui 288mila destinati alla coltivazione della soia censiti dall’Istat, ha aggiunto Fusco. Sono dati allarmanti per questa coltura, che occupa il primo posto in Europa in termini di superfici coltivate (dati Coceral e Copa-Cogeca), per il rischio dello scadimento della qualità delle produzioni, la mancanza di tracciabilità e il supporto allo sviluppo competitivo di cui l’agricoltura ha bisogno. Nasce da qui l’esigenza di condividere una corretta informazione con tutti gli operatori della filiera produttiva della soia: con il leaflet “Attenzione alle frodi” ci siamo rivolti a rivenditori, contoterzisti e stoccatori per sensibilizzarli sui rischi conseguenti a pratiche agricole poco lungimiranti, che a fronte di un risparmio effimero nell’immediato, possono risultare un ostacolo al futuro sviluppo della filiera» ha concluso Fusco.

Boom della soia, ma è troppo il seme non certificato - Ultima modifica: 2017-04-26T08:16:46+02:00 da Alessandro Maresca

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento
Per favore inserisci il tuo nome