Ettore Prandini: «Agricoltori protagonisti della svolta sostenibile»

ettore prandini
Ettore Prandini
Più liquidità alle aziende, abolizione dell’Irpef agricola e “sovranità alimentare” da raggiungere col rafforzamento delle filiere

Richiesta di regole chiare sulle azioni ambientali della nuova Pac, anche se «gli agricoltori sono già protagonisti della svolta sostenibile». Per quanto riguarda i titoli, l’auspicio che siano eliminate posizioni di rendita fondiaria o finanziaria «che nulla hanno a che fare con l’agricoltura». E poi la convinzione che il progetto Cai sia un’opportunità di crescita per il settore primario italiano, da ottenere anche «sostenendo il reddito degli agricoltori, eliminando definitivamente l’Irpef agricola, sviluppando ancora di più le filiere nazionali e promuovendo la digitalizzazione delle campagne». Parole, opere e qualche omissione, soprattutto sui alcuni temi delicati dell’attualità agricola, del presidente nazionale di Coldiretti Ettore Prandini.

A Bruxelles si sta lavorando alla nuova Pac. Cosa pensa degli eco schemi?

«Gli agricoltori sono già protagonisti della svolta sostenibile, ma per accompagnare il settore servono regole chiare, non montagne di carta. Nella proposta di regolamento sui piani strategici della Pac, il sostegno è inteso a migliorare ulteriormente lo sviluppo sostenibile dell’agricoltura, degli alimenti e delle aree rurali. Per il conseguimento degli obiettivi ambientali, la proposta ha previsto per gli agricoltori il rispetto di misure obbligatorie attraverso una condizionalità rafforzata con le misure del greening e l’adozione di misure facoltative nel primo pilastro con gli eco-schemi e nel secondo pilastro con le misure agroambientali. L’eco-schema offre maggiore autonomia e flessibilità ai singoli piani nazionali europei per definire il contenuto effettivo delle azioni ambientali e climatiche sostenute nell’ambito del primo pilastro, lasciando agli agricoltori la facoltà di aderire o meno alle misure individuate».

Le percentuali sono sostenibili dall’agricoltura italiana o andrebbero fatte correzioni? Se sì, quali?

«Le discussioni sulle percentuali minime degli eco-schemi sono ancora in corso. Qualsiasi dotazione sarà stabilità per gli eco-schemi sarà vincente ed efficace, indipendentemente dalle percentuali, solo se prevedrà misure che gli agricoltori possono applicare senza problemi e che siano adeguate alla realtà locale in modo da produrre un reale beneficio ambientale. Inoltre, per conseguire l’obiettivo di una maggior ambizione ambientale, tali misure dovranno prevedere un adeguato sostegno per gli agricoltori affinché siano incentivati all’applicazione anche per premiare le imprese più virtuose dal punto di vista ambientale.

Qualsiasi dotazione
sarà stabilità
per gli eco-schemi
sarà vincente
ed efficace
solo se prevedrà misure che gli agricoltori possono applicare
senza problemi

Le risorse finanziarie inizialmente stabilite per gli eco-schemi, in caso di utilizzo parziale, dovranno poter essere riutilizzate per la loro distribuzione a favore dei pagamenti diretti. L’eventuale successo o insuccesso dell’eco schema dipenderà dalla semplicità della misura nella sua dimensione burocratica e amministrativa: accesso alle misure, verifiche e controlli. Quanto quella operativa: applicazione concreta delle misure. È chiaro, infatti, che a decretare il successo dell’eco schema saranno gli agricoltori».

Titoli o non titoli? A oggi sembra rimangano. Qual è la posizione di Coldiretti?

«Vanno eliminate posizioni di rendita di carattere fondiario o finanziario, che nulla hanno a che fare con l’agricoltura. Siamo convinti serva una redistribuzione che favorisca la quantità di lavoro e il valore aggiunto generato dall’impresa agricola. La discussione sulla futura Pac legata o meno ai titoli è prematura fino a quando non avremo un quadro definitivo delle future regole e non sarà decisa l’applicazione in Italia del regolamento transitorio. La decisione potrà essere presa solo dopo un’accurata simulazione dell’impatto economico sulle singole imprese agricole e sui settori produttivi per evitare che possano essere messe a rischio il primo obiettivo della politica agricola comune che è il sostegno al reddito delle imprese agricole.

La distribuzione delle risorse Pac tra gli agricoltori in Italia è ancora per buona parte legata al sistema storico di attribuzione delle risorse. Il valore dei titoli è stato calcolato in base al valore dell’importo medio per ettaro delle risorse Pac percepite nel triennio 2000-2002, con l’applicazione del disaccoppiamento stabilito dalla riforma Pac del 2003. Quindi, buona parte dei titoli hanno un valore che è ancora differenziato tra le diverse aziende agricole. Allo scopo di evitare drastiche conseguenze economiche, è necessario proseguire il percorso della convergenza interna in modo che il valore dei titoli possa essere gradualmente allineato al valore dell’aiuto medio nazionale. Solo successivamente i titoli potrebbero quindi essere eliminati, in quanto non avranno motivo di esistere».

A proposito di pagamenti diretti, un recente lavoro del ‘vostro’ Leporati che abbiamo appena pubblicato su Terra e Vita (n.37/2020, ndr), evidenzia come in Italia l’80% degli agricoltori percepisca meno di 5mila euro l’anno. Le sembra corretto? E soprattutto giusto anche per il futuro od occorre cambiare qualcosa?

«I dati 2019 evidenziano che in Italia circa l’81% degli agricoltori riceve meno di 5.000 euro. Il dato italiano risente dall’elevato numero di beneficiari non professionali e dall’entrata come beneficiari della Pac negli ultimi anni dei produttori che erano storicamente esclusi dai benefici come viticoltori e ortofrutticoltori con valore dei titoli in convergenza verso la media nazionale. In Italia circa la metà della spesa (in Ue il 58%) è concentrato nelle tre classi di pagamento che vanno da 10.000 a 100.000 euro a sostegno delle imprese agricole professionali. La prossima Pac prevede l’applicazione obbligatoria del pagamento al reddito redistributivo che potrà incidere sulla redistribuzione dei pagamenti alle aziende di piccole e medie dimensioni, in particolare per quelle che impiegano più lavoro e che più investono in produzioni di qualità e danno un contributo fondamentale per la valorizzazione e il mantenimento del tessuto socio-economico del territorio».

L’ingresso dei consorzi in Cai sta creando alcuni malumori, vedi Consorzio agrario del Friuli e Terre Padane. Può spiegare una volta per tutte qual è l’obiettivo di questa operazione? Rinascerà la Fedit?

«Si tratta di una grande opportunità per costruire una piattaforma di servizi per l’agricoltura italiana. In un mercato dei mezzi tecnici e dei servizi sempre più concentrato Cai rappresenta un risposta di sistema per offrire agli agricoltori italiani e alle filiere made in Italy migliori condizioni di accesso al mercato degli input e dei servizi. Si tratta di creare un sistema di distribuzione e di assistenza tecnica robusto e in grado di assecondare la sua missione mutualistica, permettendo a tutti di fruire delle potenzialità dei nuovi strumenti digitali, di servizi di assistenza innovativi, di servizi finanziari moderni. Questo può essere reso possibile costruendo economie di scala, volte a razionalizzare le funzionalità dei consorzi ed economie di scopo volte e mettere a fattor comune risorse ed expertise presenti nel sistema.

Quello che nascerà sarà un grande ed efficiente hub di servizi all’agricoltura italiana. Una piattaforma moderna, capace di tenere insieme esigenze degli agricoltori e del mercato degli input e dei servizi. Nei prossimi anni dovremo affrontare una transizione ecologica e tecnologica senza precedenti questa è la nostra risposta a questa sfida. Crediamo sia un sentiero obbligato per tenere insieme la distintività del made in Italy e l’ambizione a costruire un’agricoltura moderna, remunerativa e sostenibile sia da punto di vista ambientale che sociale».

cai è una grande opportunità
per costruire
una piattaforma
di servizi per l’agricoltura italiana

Si dice che uno degli obiettivi sia recuperare i famosi soldi dell’ammasso degli anni del Dopoguerra. Qual è la cifra esatta: 330 milioni o circa 120? In questo periodo di crisi pandemica lo Stato sta intervenendo molto nell’economia, lo farà anche in agricoltura? Questi soldi, se arriveranno, finiranno alle banche alle quali sono stati ceduti i crediti?

«Non è così. Il nostro è un progetto che guarda la futuro, non al passato. È vero che come nel dopoguerra la pandemia ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico della filiera del cibo e delle necessarie garanzie di qualità e sicurezza ma ne sta però mettendo a nudo tutte le fragilità sulle quali è necessario intervenire. Faccio solo un esempio. Oggi quasi una famiglia su 3 (32%) che vive in campagna nei comuni con meno di duemila abitanti non dispone di una connessione a banda larga.

Il pesante digital divide italiano va quindi colmato per poter utilizzare al meglio anche nelle campagne tutto il potenziale delle nuove tecnologie: dalla scuola on line ai corsi di aggiornamento a distanza fino all’agricoltura 4.0 per ottenere un incremento di produttività accompagnata dalla riduzione dei costi e a favore della sostenibilità ambientale ma anche cogliere le opportunità del turismo nelle aree interne e del commercio on line.

Dai droni che verificano in volo lo stato delle colture ai sistemi informatizzati di sorveglianza per irrigazioni e fertilizzanti, dall’impiego di trappole tecnologiche contro i parassiti dannosi alla blockchain per la tracciabilità degli alimenti sono solo alcune delle innovazioni possibili. Per questo Coldiretti ha siglato con Tim e Bonifiche Ferraresi per il progetto Cai un accordo per portare la banda ultralarga nelle aziende e sostenere con nuove soluzioni tecnologiche, anche quelle che derivano dalla valorizzazione dei big data grazie alla capillare diffusione dei Consorzi».

Quando sarà presentato il piano industriale di Cai? Che caratteristiche avrà?

«Il piano di Cai è frutto del lavoro dei Consorzi aderenti e delle componenti del sistema Cai. Sarà sicuramente un piano ambizioso, perché la sfida da cui muove l’iniziativa è ambiziosa: costruire un hub di servizi per il sistema agricolo nazionale, che punta a colmare i gap di fruizione dei servizi più tradizionali, che esistono in molte aree del paese, anche per debolezze logistiche e infrastrutturali e dall’altro lato darà una grande spinta alle nuove tecnologiche. Mantenendo però la capacità di visione locale, di contestualizzazione del rapporto con gli agricoltori e distinguendosi in questo modo da altri competitor. Questo richiederà sicuramente un irrobustimento dei servizi di assistenza, un ampliamento della gamma dei prodotti offerti e investimenti volti a creare le condizioni per una migliore fruizione delle soluzioni tecnologiche e digitali oggi disponibili da parte di tutti i nostri agricoltori».

Altra questione “calda”: la nuova convenzione tra Agea e Caa. Si dice che sia Coldiretti l’ispiratrice di questo riassetto, per avere un maggior controllo dell’agricoltura italiana e più introiti dai servizi svolti.

«Coldiretti ha preso atto delle proposte di Agea e le ha sostenute nella convinzione che andassero nella direzione giusta per una maggiore tutela del settore.  Il Caa Coldiretti ha da sempre portato avanti una politica di rigoroso innalzamento dello standard qualitativo dei servizi forniti alle aziende. La convenzione tra Agea e i Caa ha per oggetto l’attività di costituzione, custodia e aggiornamento dei fascicoli aziendali che non solo rappresentano la base documentale cui l’Agea fa riferimento ma sono utilizzati dalle amministrazioni nei procedimenti che riguardano le imprese agricole. Peraltro, la nuova convenzione graverà il Caa Coldiretti di ulteriori costi senza nuovi introiti. Ci aspettiamo però maggiori tutele per tutti i produttori agricoli e per un settore che merita un’attenzione e un rigore maggiore rispetto al passato».

Serve tutelare
il reddito degli agricoltori usando la leva fiscale: l'Irpef agricola andrebbe cancellata

Tre cose che il governo dovrebbe fare subito per l’agricoltura italiana.

«Bisogna partire dalla tutela il reddito degli agricoltori con proposte concrete come quelle avanzate dalla Coldiretti. Dobbiamo usare la leva fiscale per dare respiro alle imprese, con la stabilizzazione della cancellazione dell’Irpef agricola e con ulteriori mesi di esonero contributivo per dare liquidità immediata. È necessario difendere e promuovere le filiere 100% italiane dalle pratiche sleali e con una informazione trasparente sull’origine delle materie prime di tutti gli alimenti. Su questo fronte abbiamo appoggiato con forza la battaglia del Governo italiano e della ministra Bellanova contro le etichette a semaforo o Nutriscore e per l’obbligo in Europa sull’origine.

Ma dobbiamo anche rendere le aziende agricole protagoniste del Recovery plan e con un Piano strategico nazionale per la nuova Pac senza burocrazia e a misura di impresa. Come Coldiretti insieme a Filiera Italia abbiamo presentato al presidente del Consiglio Giuseppe Conte intervenuto alla nostra assemblea, progetti già cantierabili che vanno dagli interventi sugli invasi e le infrastrutture irrigue, agli investimenti nelle filiere a partire dalla zootecnia, dai cereali e dall’olio, fino al grande progetto di 50 milioni di alberi da filiera italiana per il nostro Paese e per rilanciare le aree interne. Se vogliamo dare un futuro verde all’Italia e garantire la nostra sovranità alimentare le risorse del Next generation Ue sono fondamentali.

Secondo Ettore Prandini quali saranno le colture su cui puntare in Italia per il futuro?

«Abbiamo proposto al Governo di investire per dimezzare le importazioni dall’estero e far sviluppare appieno il potenziale agroalimentare del Paese. Ce la possiamo fare su un orizzonte di 10 anni. Ma dobbiamo aiutare le imprese agricole in un percorso di sviluppo e cambiamento legato anche alla capacità di produrre e trattenere nuovo valore nelle filiere. Le parole d’ordine sono: digitalizzazione delle campagne, foreste urbane per mitigare l’inquinamento in città, invasi nelle aree interne per risparmiare l’acqua, chimica verde e bioenergie per contrastare i cambiamenti climatici e progetti per le filiere produttive. E tracciabilità per una grande alleanza con i consumatori che rafforzi il vero made in Itay in Italia e nel mondo. Perché non dimentichiamo che pur con tutte le enormi difficoltà legate alla pandemia le nostre esportazioni agroalimentari sono riuscite a crescere del 1,2% superando i 33,5 miliardi di euro nei primi nove mesi del 2020».

La galassia Coldiretti in cifre

1,4 milioni di associati

20 federazioni regionali

95 federazioni interprovinciali e provinciali

724 uffici di zona

5.668 sezioni comunali

369 mercati di Campagna amica

Ettore Prandini: «Agricoltori protagonisti della svolta sostenibile» - Ultima modifica: 2021-01-11T17:07:59+01:00 da Simone Martarello

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