Per fortuna il prosciutto San Daniele non si può delocalizzare

San Daniele
Molte meno industrie manifatturiere, molte più agroalimentari. Lo studio delle Camere di Commercio di Pordenone-Udine certifica l'importanza del comparto primario per il Nord-Est. Grazie al legame con il territorio le denominazioni non si possono delocalizzare e danno forza a tutta l'economia del Friuli Venezia Giulia

L’industria alimentare del Friuli VG cresce e va nella direzione opposta al manifatturiero. Lo certifica il Centro studi, Ufficio statistica della Cciaa di Pordenone - Udine, che ha recentemente pubblicato i dati relativi all’industria alimentare nell’economia regionale, al 31 dicembre 2018.

Chi cala e chi cresce

Tra l’altro, infatti, il dossier camerale segnala che, nell’ultimo quinquennio, il comparto dell’industria manifatturiera alimentare e delle bevande mostra un leggero aumento delle localizzazioni attive: erano 1.102 nel 2012, oggi sono 1.152 (+50). Un andamento del tutto diverso rispetto al manifatturiero che, nel periodo 2013-2018, perde ben 483 unità. Le 797 imprese attive nel settore, operano con 8.306 addetti e un valore aggiunto pari a 522,3 milioni di euro che valgono il 7,5% dell’intera industria manifatturiera regionale. Il maggior numero di localizzazioni riguardano i prodotti da forno e i farinacei (537), seguite da quelle della lavorazione e conservazione delle carni (175) e quelle delle bevande (126). Riguardo sempre alle localizzazioni, è la ex provincia di Udine a fare la parte del leone, con 607 posizioni organizzate. Distanziata, al secondo posto, la ex provincia di Pordenone, con 276.

A Trieste (caffè)
e San Daniele (prosciutto)
il maggior numero delle imprese

Il porto del caffè e il borgo del buongusto

Il Comune più agroindustriale risulta essere la capitale del caffè: Trieste, con 128 localizzazioni attive, seguito dal più “piccolo”, San Daniele del Friuli (61), patria del prosciutto Dop. E proprio l’attività di trasformazione della coscia suina fa segnare un record nella località collinare con il 39,1% delle attività comunali dedicate all’agroalimentare, sulle attività complessive (Trieste è al 12,9%).

Vocazione per l'export

Il Friuli VG, dice ancora il Centro Studi camerale, occupa il 9° posto, tra le regioni italiane, per il valore dell’export che è pari a 624,4 milioni di euro. Se si prendono in considerazione solo le bevande, la regione scende all’11° posto con un valore di poco superiore ai 141 milioni di euro, con un incremento del 2,52% sul 2017. Bevande che raggiungono, principalmente, gli Stati Uniti (con un +10,46%), la Germania (+6.55%) e il Regno Unito (in calo, però, del 20,4%).

Complessivamente, nel 2018 l’economia del Friuli VG ha esportato prodotti alimentari e bevande per un valore pari a 765 milioni di euro. Il contributo maggiore (40%) è dato dal caffè, tè, cioccolato, caramelle e confetteria. I prodotti da forno pesano per il 18,5%; le bevande per il 18,4% e i prodotti di carne per il 13,2%. Il 40,5% dell’export regionale è realizzato dalle imprese della ex provincia di Udine (per 310 milioni di euro); il 46,6% dalle imprese di Trieste; il 15,8% da quelle operanti nella ex provincia di Pordenone e il restante 9% dalle imprese del Friuli Orientale.

Davanti al valore delle importazioni di prodotti alimentari e bevande, negli ultimi tre anni, vi è il segno più che equivale, nel 2018, a un valore di 341,3 milioni di euro con un saldo commerciale positivo, comunque, per 420 milioni di euro. Solo i prodotti ittici e i lattiero-caseari, denunciano un saldo negativo. Per quest’ultimo settore, le maggiori importazioni provengono dalla Germania, dal Belgio e dalla vicina Slovenia, mentre i prodotti alimentari esportati prendono le strade che portano, soprattutto, verso la Germania, gli Stati Uniti e la Francia.

Per fortuna il prosciutto San Daniele non si può delocalizzare - Ultima modifica: 2019-06-24T12:05:11+02:00 da Lorenzo Tosi

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