Coronavirus, in grave crisi anche la pioppicoltura

pioppicoltura
Lo stop agli abbattimenti degli alberi sta provocando un grave danno economico sia agli imprenditori agricoli proprietari dei pioppeti sia alle aziende che lavorano il legno

Con l’emergenza coronavirus va in crisi anche la pioppicoltura della pianura padana, punta di diamante della produzione legnosa a uso industriale in Italia, sia per compensati, imballaggi, carta e pannelli che per mobili e arredamenti in genere. Con la sospensione delle attività industriali e commerciali, tra cui le fabbriche del compensato e del legno, si fermano anche nel Basso Veronese gli abbattimenti di pioppi, mandando all’aria tutta la programmazione annuale.

Bloccata tutta la filiera del legno

«Tutto il mondo della selvicoltura è bloccato – spiega Roberto Trevisani, pioppicoltore di Confagricoltura Verona che ha l’azienda agricola a Sorgà –. Sono fermi quindi gli abbattimenti e i prelievi legnosi, che avrebbero dovuto andare avanti a pieno ritmo fino ad agosto, quando le fabbriche chiudono. Prevediamo che, con la situazione attuale, tutto venga spostato all’autunno. Questo significa che, se non si taglia, non è possibile piantumare o ripristinare il terreno per altri usi agricoli. Tutta la filiera, a catena, andrà in crisi, perché se il commerciante non riceve pagamenti, non ne arrivano neppure ai pioppicoltori».

Trevisani, con la tempesta di metà luglio di due anni fa, aveva perso 20 ettari di pioppeto. Ha ceduto una parte del terreno e, rimboccandosi le maniche, ha piantumato di nuovo 10 ettari a pioppi. «Era stata una botta, ma questa è di gran lunga peggiore, perché non so quando ci riprenderemo. Tutta la filiera sarà bloccata per mesi: falegnami, navi da crociera, camper, caravan, arredi. Macchinari fermi, abbattitori tutti a casa. E sarà ferma anche la produzione di legno di pioppo, importantissima sia per sottrarre all’atmosfera parte del carbonio corresponsabile dell’effetto serra, sia per arricchire il terreno di sostanze nutritive. Perciò ci auguriamo che, a poco a poco, l’attività industriale riprenda, altrimenti saranno a rischio aziende e posti di lavoro».

Lo stop alla pioppicoltura è un problema per le cartiere, per i produttori di cippato per impianti a biogas e per tutti gli autisti che hanno autotreni appositamente attrezzati per il trasporto dei tronchi.

Altra tegola su un settore che si era appena risollevato

Una mazzata che non ci voleva, perché il settore stava cominciando a intravvedere la luce dopo dieci anni di buio. «Nel 2019 era iniziato un trend positivo che, secondo le previsioni, avrebbe dovuto continuare fino al 2027, grazie alla forte richiesta di compensato in tutto il mondo e quindi di pioppi maturi.  – sottolinea Gian Luigi Pippa, presidente della sezione regionale di colture legnose e pioppicoltura di Confagricoltura –. Con il Crea e Veneto Agricoltura avevamo anche avviato, un anno fa, un campo sperimentale a Ceregnano, vicino a Rovigo, con una selezione di piante resistenti, per incentivare la sostenibilità ambientale in pioppicoltura. Ci auguriamo che i nostri sforzi non vengano vanificati da questa grave emergenza e soprattutto ci auguriamo che non ci sia chi speculi su questo, ribassando i prezzi ai produttori».

In Veneto, secondo i dati 2019, ci sono circa 3.000 ettari di pioppi. La provincia di Rovigo è capofila con 700 ettari, seguita da Padova, Verona e Venezia che veleggiano a quota 600. Vicenza e Treviso sono fanalini di coda con numeri meno significativi. Sono 900, in tutto, i coltivatori: in testa Padova con 262, seguita da Treviso con 190, Venezia con 188, Rovigo e Verona con 111 e Vicenza con 31.

 

Coronavirus, in grave crisi anche la pioppicoltura - Ultima modifica: 2020-04-02T17:26:11+02:00 da Simone Martarello

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento
Per favore inserisci il tuo nome