Cesare Soldi: «Serve l’aiuto accoppiato anche per il mais»

mais
Introdurre l’aiuto accoppiato, promuovere i contratti di filiera anche togliendo il tetto agli ettari sottoscrivibili, rivedere i limiti sulle micotossine e ridurre le accise sul gasolio

«Anche nella situazione attuale se dovessi indicare la ricetta ideale per produrre mais direi che è quella scritta nel piano maidicolo nazionale, quello condiviso da tutta la filiera e approvato in Conferenza Stato-Regioni a luglio 2019». Nei giorni in cui la coltura è al centro del dibattito tecnico e politico-istituzionale per i timori di problemi nell’approvvigionamento e per i prezzi schizzati sopra quota 400 €/t a causa della guerra in Ucraina, il presidente dell’associazione italiana maiscoltori Cesare Soldi ha le idee molto chiare su come procedere e invita a non farsi prendere da facili entusiasmi: «Già prima della guerra le prospettive della maiscoltura erano incerte, ora lo sono ancora di più, bisogna fare bene i conti».

Oggi chi sta beneficiando di questi prezzi altissimi?

L’80% del raccolto del 2021 è stato venduto già tra settembre e ottobre dello scorso anno. Quindi i 400 euro di oggi sono un miraggio per gli agricoltori. Quello a cui guardano pensando a cosa seminare in queste settimane è il prezzo di settembre-ottobre 2022, che oggi è una grossa incognita. Quindi siamo in una situazione nella quale abbiamo costi di produzione alti e certi e valore del prodotto incerto. Per questo l’imprenditore agricolo deve fare bene i conti. Oltre all’incremento del prezzo dei fertilizzanti, urea in primis, ci sono i costi dell’energia, non solo per i lavori in campo ma anche per essiccare la granella. E poi in questo momento il problema dei fertilizzanti non è solo il costo, ma anche la disponibilità. E senza urea il mais non si fa perché senza il giusto apporto di sostanze nutritive le rese e la qualità ne risentono pesantemente.

Presidente, ci spieghi la via che la maiscoltura italiana dovrebbe seguire

Le azioni da compiere che erano state individuate come necessarie nel piano del 2019 le dividerei in due categorie: più urgenti e a medio e lungo termine. La prima cosa che ho chiesto è l’introduzione di un aiuto accoppiato al mais già da questa Pac. La seconda è la promozione dei contratti di filiera: maggiore dotazione finanziaria all’interno del decreto di competitività di filiera, via al limite dei 50 ettari per la coltivazione sotto contratto e svincolare gli aiuti dagli aiuti de minimis. In Italia si coltivano circa 600.000 ettari di mais da granella. Nel 2020 con i soldi messi a disposizione per la sottoscrizione di contratti di filiera è stata coperta solo il 20% della superficie.

Quindi le potenzialità sono enormi. Quarto: abbiamo chiesto di ridurre l’Iva e le accise sul gasolio per ridurre i costi. E poi di rivedere i limiti delle micotossine, in particolare delle aflatossine. Lo abbiamo visto nella scorsa campagna sulla borsa di Milano, dove il mais con 20 ppb aveva un prezzo uguale a quello con 5 ppb. In sostanza: se la pancia è vuota si va meno per il sottile. Queste sono le cose da fare subito per gestire l’emergenza.

E nel medio-lungo periodo?

Bisogna sviluppare la ricerca e soprattutto le Nbt. Poi, ci dovrebbe essere un rinvio e una rivisitazione sia della strategia Farm to Fork sia della nuova Pac.

E dare la possibilità di coltivare le aree Efa?

Sì, può essere utile, anche se il mais ha bisogno di terreni nobili per rendere al meglio.

Come potrebbe essere migliorato il Psn?

Sicuramente dovremmo avere accesso all’eco-schema 4 sui sistemi foraggeri estensivi (vedi Terra e Vita n. 7/2022 pag. 34-36, ndr), dal quale i seminativi, incluso il mais, sono stati di fatto esclusi in forma discriminatoria.

Come dovrebbe essere modificato l’eco-schema 4?

Non bisogna vietare il diserbo che oggi di fatto ci impedisce di accedere ma prevedere una riduzione come prevede l’eco-schema 2. Il premio concesso per chi aderisce all’eco-schema attuale è nettamente inferiore alla perdita di produzione che si avrebbe applicandolo.

Può essere più preciso: in concreto come si potrebbe ridurre l’impiego di agrofarmaci senza pregiudicare la produzione?

Ad esempio si potrebbero escludere i prodotti più pericolosi che già sono destinati a uscire dal mercato. Poi si potrebbero ridurre gli interventi ed eseguire i controlli con il registro elettronico.

E sul resto della Pac cosa si dovrebbe rivedere?

Di sicuro la questione delle rotazioni. Dal 2023 non ci potranno essere mono successioni sulla stessa parcella. Questo incide notevolmente sulle scelte di coltivazione degli agricoltori. Chi fa granella di solito dedica più del 50% della propria Sau aziendale al mais. Ma anche molte aziende zootecniche del Nord Italia saranno penalizzate, in particolare quelle che utilizzano insilati di mais per la razione. Poi è vero che c’è la seconda coltura, ma se il mais va in secondo raccolto ha rese inferiori.

Oggi da tutte le simulazioni fatte sommando pagamento di base e greening un maiscoltore può contare su pagamenti diretti di 360 euro a ettaro (dati Ismea 2020). Dal 2023, con l’entrata in vigore della nuova Pac nella declinazione italiana, il sostegno a ettaro si dimezzerà a 180 euro, perché non avremo più accesso al pagamento accoppiato, né al redistributivo perché le aziende maidicole hanno estensioni ampie per supplire alle basse marginalità e, come già detto, di fatto ci è negato l’accesso all’eco-schema 4.

Che margini ci sono per modificare il Psn?

Prima dello scoppio del conflitto in Ucraina eravamo in una fase di attesa delle eventuali osservazioni della Commissione europea al piano presentato dall’Italia che dovevano arrivare a fine marzo. Da queste si dovrebbe attivare una volontà politica di modificare o almeno limare gli eco-schemi. Credo che chiedere una riduzione e non il divieto dell’utilizzo dei prodotti fitosanitari sia in linea con lo spirito del Green Deal, perché se c’è un divieto da subito non c’è un percorso che accompagni l’agricoltura verso la transizione ecologica. Bisogna attivare un percorso di learning by doing, cioè imparare facendo. Ora, con la situazione che si è venuta a creare, tutti i seminativi, non solo il mais, sono molto penalizzati, quindi bisognerebbe fare una riflessione molto seria. Negli ultimi giorni ho notato un’accelerazione molto netta nella presa di coscienza della gravità della situazione degli approvvigionamenti, quindi sono fiducioso.

Cesare Soldi: «Serve l’aiuto accoppiato anche per il mais» - Ultima modifica: 2022-03-24T09:34:51+01:00 da Simone Martarello

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