Seminatrici, la sfida del momento

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Le attrezzature si trovano a operare in terreni sempre più grossolani e con residui

La semina è l’operazione più delicata del processo produttivo e per questo motivo fino a pochi anni fa era realizzata solo su terreni perfettamente preparati, anzi troppo preparati. L’obiettivo di ottenere una deposizione regolare, una profondità costante, una perfetta copertura e un’efficace adesione del terreno al seme, portava l’agricoltore a lavorare il suolo con grande intensità sino a ottenere un letto di semina caratterizzato da terra fine, talvolta addirittura polverulenta.

Negli ultimi tre decenni vi è stata una progressiva inversione di tendenza: il terreno per la semina diventa sempre più grossolano e, sempre più spesso anche se in misura diversa, è presente sulla sua superficie del residuo della coltura precedente. Tutto questo, che ha basi agronomiche forti che qui non indaghiamo, complica l’azione delle seminatrici. Queste attrezzature, per affrontare questa nuova sfida, sono state oggetto di una profonda revisione sia nella sua architettura, sia nei suoi organi fondamentali e, più di recente, arricchite con una dotazione elettronica che facilita la regolazione e il controllo dell’operazione.

Prendendo spunto dalla manifestazione Nova Agricoltura, svoltasi a fine luglio, può essere utile svolgere qualche considerazione sulle seminatrici a righe per poter individuare fra le molte, la soluzione opportuna per la propria condizione pedo-climatica e organizzativa.

 

Le combinate con erpice rotante

Queste seminatrici hanno il pregio di combinare la lavorazione alla semina rimanendo compatte, e il difetto di asservire la seminatrice, macchina potenzialmente in grado di operare a elevate velocità, all’erpice rotante, che invece è inevitabilmente lento. Per queste loro caratteristiche sono apprezzate soprattutto dai terzisti che operano in aree a elevata frammentazione fondiaria, dove la compattezza, la manovrabilità e la possibilità di realizzare la semina e la lavorazione (unica o di affinamento) in un solo passaggio sono molto apprezzate.

All’interno di questa tipologia, sarebbe opportuno orientarsi verso seminatrici capaci di operare su terreno sodo: buona soluzione per i secondi raccolti e più in generale per la semina di cereali autunno vernini in condizioni di suolo non compattato. Ciò è possibile quando i denti dell’erpice sono sufficientemente aggressivi e riescono a gestire eventuali residui colturali, lasciandoli defluire senza intasarsi; quando è presente un rullo che riassesta il terreno lavorato contribuendo a disgregare le zolle; quando la seminatrice è dotata di elementi indipendenti con un buon carico su ciascun elemento, che le consentano di mantenere uniforme la profondità di deposizione.

Inoltre è bene verificare la possibilità di regolare la profondità di lavoro dell’erpice senza compromettere la qualità della semina in modo da permettere, quando le condizioni lo consentono, l’esecuzione di una lavorazione molto superficiale. È quindi opportuno analizzare i collegamenti fra l’erpice e il rullo posteriore e fra questo e gli assolcatori, privilegiando quelli dotati di parallelogramma articolato capaci di garantire anche questo assetto. Regolare la profondità di lavoro dell’erpice a soli 5-6 cm offre l’opportunità di lavorare a maggiori velocità (8-9 km/h) migliorando la capacità di lavoro, altrimenti molto bassa (4-5 km/h).

Dato l’impiego tipico di questa tipologia è auspicabile che possa operare anche una eventuale concimazione localizzata, in modo tale da compensare la ridotta capacità di lavoro eseguendo un maggior numero di operazioni. Ovviamente sarebbe opportuno che la tramoggia del seme e quella del concime garantiscano una buona autonomia e siano di capacità tali da consentire di sincronizzare i rifornimenti. Altri elementi che potrebbero essere presi in considerazione sono la possibilità di calibrare automaticamente il dosaggio di seme e fertilizzante, la possibilità di realizzare tramline, l’ergonomia in fase di rifornimento.

 

Le combinate con utensili a disco

Questa tipologia, nelle versioni più compatte, entra in diretta concorrenza con le combinate tradizionali. Rispetto a queste ultime offrono maggiori capacità di lavoro e sono meno energivore. Di contro richiedono una maggiore attenzione agronomica. Rendono molto bene quando il terreno è in tempera, ma, a differenza delle combinate tradizionali, si destreggiano anche in suoli umidi (condizione non poi così rara nelle semine autunnali). La capacità di lavorare anche su terreno umido dipende molto dalla forma dei dischi di lavoro e semina: meglio quelli conici e piatti a quelli convessi.

 

Leggi l'articolo completo su Terra e Vita 45/2015 L’Edicola di Terra e Vita

Seminatrici, la sfida del momento - Ultima modifica: 2015-11-12T16:18:42+01:00 da Sandra Osti

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