Prezzi delle commodity agroalimentari, regna l’instabilità

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Lattiero-caseari sull’ottovolante, più lineari cereali e carni. Ma ora c’è l’inflazione

Negli ultimi 15 anni l’andamento dei prezzi delle commodity agroalimentari nel mondo ha registrato numerosi cambiamenti, dopo decenni di lenta riduzione in termini reali, dalla forte e rapida impennata del 1972/73, che aveva preceduto la grande crisi petrolifera e dei cambi nei turbolenti primi anni Settanta.

Dal 2007 è iniziato un vero e proprio ottovolante dei prezzi agroalimentari sui mercati internazionali. Un forte rialzo si è verificato prima della grande crisi economica finanziaria del 2008 con un massimo nel 2009 a cui è seguito un triennio di riduzioni e una nuova impennata nel 2011-2012. La successiva riduzione dei prezzi si è stabilizzata dal 2014/15 in concomitanza con l’inizio della lenta ripresa economica mondiale, che ha interessato, anche se in modo meno marcato, l’Italia. All’inizio del 2020, quando è esplosa la pandemia da Covid-19, i prezzi internazionali dei prodotti agroalimentari sono diminuiti, sia per i lockdown applicati dai singoli Paesi, sia per la chiusura delle frontiere nei principali Paesi produttori ed esportatori. Nella prima fase della pandemia i consumi sono stati assicurati facendo ricorso alle scorte.

Ben presto però è emersa la necessità di assicurare l’approvvigionamento di prodotti agricoli e alimentari per non aggravare ulteriormente l’impatto economico e sociale dell’emergenza sanitaria. Gli scambi internazionali hanno ripreso ad aumentare, anche per la ripresa della crescita che si è caratterizzata da un rimbalzo del Pil più rapido delle aspettative. È quindi iniziata una nuova impennata dei prezzi dei prodotti agroalimentari internazionali, che è proseguita ininterrottamente per oltre 20 mesi, fino a fine 2021, quando si è raggiunto il picco, con il valore più alto degli ultimi dieci anni, come riportato dalla recente pubblicazione dell’Indice Fao dei prezzi agroalimentari (Fao, Food Price Index, 6 gennaio 2022).

Fig. 1 Prezzi di alcuni prodotti agroalimentari durante il periodo pandemico
Fonte: Fao Food price index

Un 2021 da record

Nel 2021 l’incremento delle quotazioni dei prodotti agroalimentari sui mercati internazionali è stato di oltre il 23%, quando l’Indice Fao ha raggiunto quasi 134 punti a dicembre, rispetto a 100 del periodo 2014/2016. Se si considera però il valore più basso dell’Indice Fao, rilevato nel maggio del 2020, l’impennata dei prezzi agroalimentari nel periodo pandemico ha superato in media oltre il 40%.

Il rilevante e prolungato aumento non è però stato uniforme fra i cinque grandi aggregati di prodotti agroalimentari considerati dalla Fao. Il comparto degli oli vegetali ha registrato il più forte incremento (178 punti dell’Indice Fao), anche se con qualche oscillazione nel corso del 2021. Anche la crescita dei cereali è stata consistente (140 punti), ma con un andamento più lineare nel corso dell’anno. I prodotti lattiero-caseari hanno registrato un incremento molto più contenuto (128 punti), con una tendenza del tutto simile a quella dei cereali. Aumenti dei prezzi più modesti si sono registrati invece per lo zucchero (116) e per le carni (111). Nella seconda parte del 2021 si nota una leggera riduzione e stabilizzazione delle quotazioni per i comparti più dinamici (oli e cereali) e anche per le carni, mentre continua il lieve recupero dei lattiero-caseari, che si conferma anche nel primo mese del 2022 (fig. 1).

Anche all’interno di queste grandi tipologie di prodotti agroalimentari si sono registrate significative differenze che rendono più problematica l’analisi delle tendenze generali. Se l’aumento medio dei prezzi dei cereali è stato di oltre il 27% nel 2021, valori molto più elevati si sono registrati per mais e grano, rispettivamente 44% e 31%, determinati in particolare dall’aumento della domanda, grazie alla ripresa delle maggiori economie e alla contemporanea restrizione nell’offerta di alcuni dei grandi Paesi produttori, spesso condizionata dalle variazioni delle condizioni climatiche. Solo per quanto riguarda il riso i prezzi sono diminuiti. Da un lato per la maggiore offerta dei grandi produttori asiatici, dall’altro per la loro minore capacità di esportazione, a causa anche della generale difficoltà della logistica e dei trasporti internazionali che hanno influito sui prezzi e sulla competizione nell’utilizzo dei container.

Fig. 2 Indice dei prezzi nel periodo 2000-2021

Fonte: Fao Food price index

Oli vegetali in rapida ascesa

L’incremento medio annuo più marcato di sempre si è registrato nei prezzi degli oli vegetali: +65%. La forte contrazione registrata a dicembre ha riguardato in particolare l’olio di palma e il girasole, mentre i prezzi di soia e colza sono rimasti più o meno costanti, anche in considerazione della forte domanda indiana e di altri Paesi asiatici.

Anche il minore aumento dei prezzi delle carni (+12%) presenta significative differenze. I maggiori incrementi si sono registrati per le carni ovine, seguite da quelle bovine, mentre per la carne suina le quotazioni sono diminuite nella seconda parte del 2021, per la riduzione progressiva delle importazioni cinesi. A dicembre 2021 si è però verificata una riduzione dei prezzi sia per le carni avicole, data la maggiore offerta, sia per le ovine per le maggiori produzioni in Oceania.

A fronte di un incremento medio dei prezzi dei prodotti lattiero-caseari di quasi il 17% nel 2021, sono aumentati in modo rilevante quelli di latte in polvere e burro, a causa della maggiore domanda globale e delle minori produzioni in Europa e Oceania. La minore produzione nell’Ue ha visto però un incremento nella trasformazione in formaggi, che però hanno subito un leggera riduzione nelle quotazioni. I prodotti lattiero-caseari sono quelli che negli ultimi quindici anni hanno mostrato l’oscillazione più marcata delle quotazioni, un vero e proprio ottovolante.

Gli andamenti differenziati dei prezzi delle principali commodity agroalimentari sui mercati internazionali, proprio nel periodo della pandemia, stanno quindi provocando ulteriori elementi di instabilità tra gli operatori della catena alimentare internazionale, e data la loro rilevanza possono influenzare in misura non trascurabile anche le prospettive future della competitività e degli investimenti nei diversi grandi comparti dell’agroalimentare. Questo è particolarmente rilevante per l’Unione europea che nel settore agroalimentare mantiene una leadership a livello mondiale, sia come principale esportatore che importatore. In questo ambito il ruolo dell’Italia non è affatto trascurabile e si caratterizza sempre più per un Paese di commercializzazione e trasformazione di produzioni agroalimentari.

Dalla seconda metà del 2021 ulteriori elementi di instabilità e incertezza sui mercati internazionali sono stati introdotti dal rapido e forte rincaro dell’energia (petrolio e gas in particolare). Come era già avvenuto fin dalla prima crisi petrolifera del 1973, questi aumenti si riflettono sui costi di produzione in agricoltura, a cominciare dai carburanti, per estendersi ai mezzi tecnici, che vanno ad aggiungersi a quelli dei prodotti per l’alimentazione zootecnica.

Inoltre, nel 2021 si è fatta sempre più evidente la ripresa dell’inflazione, che per l’Italia è stata stimata dall’Istat al 4,8%, e molto probabilmente caratterizzerà anche il 2022. Il suo impatto non sarà uniforme sui costi di produzione e sulla redditività dei diversi comparti agroalimentari. Sarà dunque necessario seguire questi andamenti, in particolare sul mercato Ue, che più interessa l’Italia, in modo da poterne valutarne e comprendere meglio il possibile impatto sulla catena alimentare e fra le sue diverse filiere.

Prezzi delle commodity agroalimentari, regna l’instabilità - Ultima modifica: 2022-03-08T16:01:30+01:00 da K4