Webinar "Nocciolo e cimici, nemici giurati" del 25 novembre 2020

nocciolo e cimici
Lorenzo Tosi

di Lorenzo Tosi

Cimici e nocciolo, la sfida si vince con la competenza

Le nuove soluzioni bio e la marcia in più delle strategie territoriali

Non basta una sola stagione di lanci di Vespa Samurai per risolvere il problema della cimice asiatica. E non basta un’annata sfavorevole ad Halyomorpha halys per evitare danni da cimici sulle colture, in particolare sul nocciolo. Si tratta di una coltura in forte espansione in Italia. La cimice asiatica pure e il corileto è uno degli ambienti che predilige. La presenza in Italia di parassitoidi come Trissolcus mitsukurii e T.japonicus, quest’ultimo lanciato su vasta scala nel recente progetto nazionale di lotta biologica, accende forti speranze per il contenimento dell’insetto alieno. Ma a complicare ulteriormente il quadro ci pensano le cimici “nostrane”: Gonocerus acuteangulatus, Palomena prasina, Nezara viridula, ecc. che quest’anno, in alcuni areali, fatte le dovute proporzioni, hanno lasciato il segno sulla coltura.

Gonocerus e Palomena

«Una recrudescenza – spiega Luciana Tavella dell’Università di Torino – che può essere un indice dello squilibrio provocato sul sistema agroecologico del noccioleto da H.halys». Quasi tutti i parassitoidi autoctoni non hanno infatti successo contro la cimice asiatica e i tentativi di parassitizzazione si risolvono in una loro diminuzione di numero e di efficacia contro le “nostrane”.  «All’opposto – ribatte Tavella– la causa più plausibile dei danni di quest’anno risiede invece nella diminuzione delle presenze di cimice asiatica nella scorsa primavera a causa di fattori climatici». Gli agricoltori hanno abbassato la guardia, non effettuando i trattamenti e Gonocerus e Palomena ne hanno approfittato.

La tecnica prima di tutto

Se non fosse per le decine di milioni di danni, sembrerebbe la trama di un cartone animato di Hanna & Barbera, il classico inseguimento in cui i corilicoltori giocano il ruolo del gatto e le cimici quella del topo. La morale di questi storici cortometraggi era sempre la stessa: chi sa adattarsi usando l’intelligenza e la furbizia vince ribaltando vecchie abitudini e luoghi comuni. In agricoltura capita lo stesso: se il nostro Paese vuole giocare un ruolo di primo piano nella coltura del nocciolo, occorre prima di tutto risolvere le problematiche tecniche e quella della cimice è senz’altro la numero uno.

Per questo Ferrero Hazelnut Company ha organizzato assieme a Terra e Vita il seguitissimo webinar “Nocciolo e cimice, nemici giurati”, che ha tenuto per quasi tre ore incollati agli schermi di pc e smartphone 800 tra tecnici e produttori lo scorso 25 novembre.

L’impatto sulla qualità

«Riconosciamo – assicura Eric Schlesinger, Direttore Generale di Ferrero Hazelnut Company – e premiamo l’eccellenza della nocciola italiana. Non solo per la qualità del prodotto, ma anche per le diffuse competenze sia dei produttori che della comunità scientifica».

«Dobbiamo però rilevare – puntualizza – come negli ultimi anni sia la resa che la qualità della produzione nazionale sia risultata altalenante e tra le maggiori cause di questa situazione c’è proprio la cimice». Si tratta del problema principale per la qualità dei prodotti ricavati dalla nocciola, che da soli valgono oltre la metà del fatturato della società multinazionale con sede ad Alba (Cn).

I saluti introduttivi di Eric SchlesingerDirettore Generale di Ferrero Hazelnut Company

«La qualità di questa materia prima è fondamentale per l’industria dolciaria – conferma Lucia Bailetti, direttore del Centro Italiano di Analisi Sensoriale -. I test effettuati sui consumatori mettono in evidenza che il sapore di nocciola è l’elemento che marca maggiormente sia la percezione della qualità sia la shelf life del prodotto trasformato».

Il cimiciato è il maggiore attributo negativo, ma non esiste un descrittore specifico: «la contaminazione – spiega la ricercatrice – altera il quadro aromatico del prodotto nel suo complesso, aumentando le sensazioni di rancido, astringente, odore di buccia e di terra». L’unica chance per evitare questa alterazione è quella di lavorare a monte per evitare la presenza e l’attività della cimice nel corileto.

La chiave del monitoraggio

«Una presenza che può essere molto precoce – continua Tavella –. L’attività trofica delle cimici, se si verifica in maggio, può causare cascola e “vuoto”. In seguito, dall’accrescimento del seme fino alla raccolta (il guscio non le ferma), determina l’alterazione chiamata cimiciato». Imbrunimenti e deformazioni causati dagli enzimi salivari che possono condizionare, anche con poche nocciole colpite, tutta la massa di prodotto trasformato. La difesa è difficile: contro le cimici “nostrane” ci sono pochi principi attivi registrati, il monitoraggio è complicato e può essere compiuto solo tramite “frappage”, ma sono insetti monovoltini che prediligono habitat semi-naturali. Prima dell’arrivo di H.halys la stategia più efficace era l’approccio agroecologico.

L’arrivo della cimice asiatica ha cambiato tutto. Si tratta infatti di una specie polivoltina (più generazioni all’anno), polifaga e altamente mobile, con un’elevata dannosità sul nocciolo. Il monitoraggio è oggi facilitato dalla disponibilità di trappole alimentate da feromoni di aggregazione, l’approccio integrato, con il corretto posizionamento di formulati chimici consente di ridurre i danni e per il futuro l’approccio biologico, grazie alla diffusione dei parassitoidi “d’importazione” e anche grazie a soluzioni innovative come l’uso di simbionticidi (vedi riquadro) consentirà di trovare la formula più adeguata per limitare l’invasione.

Affinchè le strategie abbiano successo occorre però seguire un approccio territoriale, con una efficace attività di monitoraggio e tempestivi avvertimenti. Ferrero HCo sta contribuendo a sviluppare queste reti di monitoraggio in molte zone d’Italia.

Le attività regione per regione

Il webinar ha fatto il punto sulle attività in corso. «In Sicilia – spiega Gaetano Siscaro dell’Università di Catania –la presenza di H. halys è agli inizi: è stata riscontrata ma non ha prodotto danni sulle colture».  La presenza del nocciolo nell’isola assume un importante ruolo in territori di alto valore naturalistico e paesaggistico. I danni causati dalle cimici nostrane arrivano al 15% nelle colture tradizionali. La strategia per farvi fronte è quella di incentivare la ricerca di soluzioni ecosostenibili, cimice asiatica permettendo.

In Campania purtroppo la cimice asiatica ha già invece cominciato a fare sentire, da quest’anno, la sua pressione sulle colture, in particolare su melo e nocciolo. «Abbiamo però già attivato – spiega Massimo Giorgini, dell’Ipsp-CNR di Portici (Na) – una rete di monitoraggio su nocciolo, in collaborazione con il Servizio fitosanitario, Ferrero Hco e Fondazione Mach – che può consentirci, con avvisi in tempo reale, di realizzare strategie di difesa sostenibile e di individuare i corridoi naturali adatti per i lanci di vespa samurai, che in questa regione devono ancora partire».

«Nel Lazio – illustra Stefano Speranza del DAFNE, Università della Tuscia – la gestione sostenibile del corileto può fare affidamento su approcci di agricoltura di precisione». Un caso studio sui Monti Cimini ha messo a confronto la gestione integrata (Sqnpi) e biologica del corileto, rilevando le maggiori difficoltà di quest’ultima nei confronti della cimice (ma le soluzioni bio più efficaci, ovvero Vespa Samurai e simbionticidi, devono ancora arrivare).

Il Piemonte è stata tra le prime regioni a segnalare la presenza della cimice asiatica, nel 2013, e a registrare i danni su nocciolo. «Il danno medio – ricorda Lorenzo Berra di Agrion – causato dalla cimice prima di H.halys era inferiore al 2%. Nel 2017 è arrivato al 20-30%». Una situazione che ha spinto all’organizzazione, dal 2018, dell’efficace rete dell’Osservatorio cimice asiatica.

Obiettivo sostenibilità

«Una struttura che – spiega Berra – in collaborazione con il Coordinamento Corilicolo e con il sostegno di Ferrero HCo, ha consentito di implementare la rete di monitoraggio regionale e d’intervenire in modo mirato contro la cimice asiatica attraverso l’emissione tempestiva di bollettini specifici». Il danno medio della cimice sui corileti di questa regione si è così abbassato subito al 7-8% nel 2018, è salito oltre il 10% nel 2019, riducendosi al 2% quest’anno, consentendo una forte riduzione dei trattamenti fitosanitari.
«Ferrero -conclude Schlesinger – continuerà ad investire su queste attività per potenziare i sistemi di monitoraggio. Ma per contrastare con efficacia la cimice asiatica occorre soprattutto l’azione sinergica dei produttori a tutela della qualità dei raccolti». «Il nostro obiettivo – ribadisce – è la coerenza con le strategie di difesa sostenibile e per ribadire questo impegno stiamo per lanciare un innovativo progetto di agricoltura “rigenerativa”».

Il controllo simbiotico

È una strategia di lotta completamente originale ed è stata ipotizzata e studiata per la prima volta al mondo al DiSafa dell’Università di Torino. «Le cimici – spiega Alberto Alma –  ospitano simbionti primari intestinali necessari alla loro sopravvivenza e Halyomorpha halys non sfugge a questa regola». Subito dopo la schiusa le neanidi rimangono per un certo periodo di tempo sulle uova per acquisire il batterio Pantoea carbekii». Il trattamento delle ovature con prodotti battericidi si è dimostrata una strategia efficace nell’abbattere la popolazione di H.halys e il prodotto più efficace è risultato Dentamet, fertilizzante integrato a base di sali di rame e di zinco complessati con acido citrico. Le prove eseguite nell’ultimo anno ne hanno confermato l’efficacia e la selettività sui parassitoidi oofagi e predatori naturali. La strategia suggerita da Alma per i corileti convenzionali integra questo trattamento con un intervento insetticida abbattente alla comparsa degli adulti. Per i corileti bio la sola applicazione del battericida sempre al superamento della soglia termica di 18° e poi 4-5 trattamenti ogni 10 giorni.

Questione prezzi

Prezzi delle nocciole in calo nell’ultimo anno e alcune delle domande di chiusura del webinar hanno toccato questo tasto dolente. «Sostenibilità e qualità sono discorsi importanti, ma se non c’è redditività passano in secondo piano»: così ha sostenuto un utente intervenuto in chat.

Facendo due calcoli il risultato economico di questa coltura è in realtà garantito anche a questo livello dei prezzi e fa invidia a molte altre colture. Eric Schlesinger, Direttore Generale di Ferrero Hazelnut Company non si è comunque sottratto al confronto e ha ricordato che la causa dell’abbassamento delle quotazioni non è strutturale, ma è legata a fattori congiunturali esogeni. Ha inciso ovviamente la crisi economica legata agli effetti della pandemia che ha limitato in tutto il mondo le occasioni di consumo fuori casa, tanto è vero che gli utilizzi di nocciola sono in calo a livello mondiale ma non per Ferrero. Ha inciso fortemente soprattutto la forte svalutazione della lira turca, la valuta del maggiore produttore mondiale di nocciole. Due fattori di squilibrio che dovranno trovare una soluzione nel medio periodo, ma che non disincentivano l’impegno di Ferrero in favore della qualità e del rafforzamento delle politiche di filiera nel nostro Paese.

Guarda il video conclusivo con le domande dal pubblico e le risposte dei relatori

Nocciolo e cimici, nemici giurati – contenuti webinar - Ultima modifica: 2020-12-14T17:15:07+01:00 da Redazione Terra e Vita
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