Vincenzo Michele Sellitto
sellittovincenzomichele@gmail.com
Faculty of Agriculture – Banat University of Agricultural Sciences and Veterinary Medicine Timisoara
Vincenzo Michele Sellitto
sellittovincenzomichele@gmail.com
Faculty of Agriculture – Banat University of Agricultural Sciences and Veterinary Medicine Timisoara
Nel corso degli ultimi vent’anni l’evoluzione delle metodiche per sequenziare il DNA ha permesso di studiare il patrimonio genetico completo non solo di tutte le principali piante di interesse agrario, ma anche di molti dei simbionti batterici che vivono nel suolo. In parallelo, abbiamo oggi a disposizione metodiche economiche, veloci, facili da usare e precise per modificare il genoma sia delle piante che dei batteri così da poter disegnare in modo razionale le caratteristiche che essi devono avere per permettere una agricoltura sempre più produttiva e sostenibile. E’ infatti oggi possibile progettare in modo razionale e costruire la comunità microbica che serve per sostenere al meglio la crescita delle piante facilitando l’assorbimento di nutrienti dal suolo, sfruttando la produzione di ormoni vegetali e/o stimolando la risposta delle piante a patogeni. In parallelo possiamo lavorare al genoma delle piante per contrastare le malattie delle piante. Nel secolo scorso la genetica permetteva di ottenere nuove varietà con grandi difficoltà e grandi investimenti, motivo per cui si cercava di coltivarle sulle aree più ampie possibili, andando a ridurre l’agrodiversità. Ricorrendo invece alla progettazione razionale di simbionti microbici e piante oggi possiamo pensare di sviluppare una soluzione adatta per ciascuna esigenza colturale rispettando le vocazioni (e le tradizioni) dei territori. Possiamo quindi realizzare una agricoltura che sia non solo più sostenibile, in quanto in grado di produrre usando meno fertilizzanti, acqua e agrofarmaci, ma anche più vicina alle esigenze specifiche di ogni territorio. Non solo quindi nuovi simbionti e nuova varietà, ma un modo nuovo di vedere la ricerca al servizio dell’agricoltura.
La T(t)erra è in difficoltà, stretta tra la grande siccità del 2022 e le paurose ondate di calore che hanno già colpito il sud-est asiatico. Tutto ci fa presagire un’estate complessa, caratterizzata da fenomeni estremi con i quali dobbiamo inevitabilmente confrontarci. E allora, nello scenario globalmente compromesso in cui ci troviamo a vivere (e in una particolarmente fase critica per il pianeta, anche a causa della pandemia da Covid 19) essere portatori di una visione quantomeno ‘costruttiva’ è un valore che il pubblico riconosce e apprezza. ADAPTATION fa, ormai già da anni, giornalismo costruttivo sui temi del cambiamento climatico e dell’ambiente at large. E lo fa in maniera da stressare le azioni virtuose, i progetti, le idee e le pratiche che possono veramente essere game changers, sulla via dell’adattamento al cambiamento climatico.
Le ‘storie’ raccontate su www.adaptation.it sono tante ed in continuo aumento, moltissime sono storie italiane e tra queste ce ne sono varie che riguardano proprio la terra. Nel senso della gestione sostenibile, delle tecniche più innovative di soil management (con minimo o nullo uso di prodotti chimici), delle lavorazioni mini-impattanti, del gene editing di frontiera sulle piante, delle coltivazioni ‘alternative’ come idroponica e vertical farming. Basterebbe questo, forse, ad infondere fiducia nell’opinione pubblica ormai prostrata da un’informazione a senso unico.
In ultimo, agli scienziati viene chiesto di non stare più solo nei laboratori o, comunque, di muoversi nel rassicurante perimetro delle loro ricerche ma di diventare ‘attivisti’ per il clima, di suonare la sveglia per quella (larga) parte della politica e del pubblico che ancora non ha ben chiaro quanto sia urgente agire. Nella presentazione si parla, dunque, anche de ”l’effetto Don’t look up” e dello scienziato americano Peter Kalmus che è diventato l’anima di Scientist Rebellion.
Alessio Mengoni
Professore associato di Genetica al Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Firenze
Le piante come tutti gli altri organismi non sono isole ma racchiudono e accolgono una enorme varietà di microorganismi, i quali ne condizionano crescita, salute e resistenza agli stress ambientali.
Tra i numerosi gruppi di microorganismi associati, tra i più rilevanti per la nutrizione delle piante vi sono gli azotofissatori, che possono vivere sia liberi nel suolo, sia associati con le radici o addirittura in simbiosi con i tessuti della pianta. Gli azotofissatori sono in grado di catalizzare la produzione di ammoniaca dall’azoto atmosferico, e poi integrare l’ammoniaca nella sintesi delle proteine cellulari. In questo contesto sono perciò degli elementi chiave nell’apportare azoto assimilabile da parte delle piante e di conseguenza una alternativa o un complemento agli input di fertilizzazione azotata. Gli azotofissatori simbionti, detti rizobi, sono elementi chiave nel successo delle colture di leguminose sia da foraggio, che da granella o da sovescio. Negli ultimi anni, grazie a raffinate tecniche di indagine di biologia molecolare, si sono poste le basi per identificare geneticamente i migliori rizobi da utilizzare come bioinoculanti per le differenti specie di leguminose anche in relazioni alle condizioni colturali.
Nella presentazione saranno quindi illustrate le conoscenze attuali sugli azotofissatori e le applicazioni già esistenti così come gli sviluppi di prossima applicazione legati alle ricerche in ambito biotecnologico.
Massimo Zaccardelli
massimo.zaccardelli@crea.gov.it
Crea-Centro di ricerca Orticoltura e Florovivaismo, sede di Pontecagnano (Salerno)
Le leguminose sono piante straordinarie perché, oltre a svolgere la fotosintesi clorofilliana – come fanno tutte le piante verdi – sono anche in grado di fissare l’azoto atmosferico. Ciò avviene grazie ad una simbiosi che si instaura, a livello radicale, con specifici batteri che vivono nel suolo o che si trovano sui semi, denominati rizobi. Questa simbiosi permette alle leguminose di assimilare grandi quantità di azoto dall’atmosfera, consentendo così la produzione di semi commestibili e foglie molto ricchi/e di proteine e altri nutrienti; dall’altra parte, i rizobi si accrescono nei tubercoli radicali grazie agli zuccheri che la pianta fornisce attraverso la fotosintesi, processo quest’ultimo altrettanto straordinario in quanto consente di trasformare l’energia solare in energia chimica contenuta nei carboidrati.
Molte ricerche condotte presso la sede di Pontecagnano (SA) del CREA-Centro di ricerca Orticoltura e Florovivaismo, hanno evidenziato come, selezionando ceppi di rizobio più efficienti nella simbiosi azotofissatrice, siano in grado di incrementare in modo molto consistente (anche del 40-60%) la produzione di leguminose da granella importantissime per l’alimentazione umana (es. fagiolo, cece, lenticchia, lupino) e per l’alimentazione del bestiame (es. pisello proteico).