Notizia numero uno: dal prossimo 1° gennaio 2017 si ricompone la diaspora della ricerca vitivinicola italiana. All’interno della riforma che ha portato alla nascita di Crea, consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (si veda riquadro) è infatti prevista anche la riunione dei centri di ricerca in viticoltura di Conegliano, Arezzo, Turi (Bari) e di quello di enologia di Asti, oggi divisi secondo criteri territoriali (poco funzionali ad una strategia di sviluppo nazionale focalizzata sui settori produttivi di pregio). Sorgerà così il Crea Eno-Vit, sotto la direzione e il coordinamento del centro di ricerca di Conegliano, proprio come avveniva fino al 2004. «Un’occasione per ribadire – commenta Diego Tomasi, direttore del Crea-Vit di Conegliano – che la qualità del vino si fa con la stretta interazione tra le fasi di vigneto e di cantina, o se vogliamo, con il dialogo tra agronomo ed enologo».
Genetica e precision farming
Notizia numero uno bis (non c’è un preciso ordine di importanza): il Piano triennale di ricerca per lo sviluppo delle biotecnologie sostenibili, per cui il Mipaaf ha stanziato 21 milioni di € nella legge di stabilità, punta a dare slancio a settori decisivi come la genetica e la precision farming e rimette al centro la ricerca pubblica affidando il ruolo di regia dell’operazione proprio al Crea. «Per il settore vitivinicolo italiano – ribadisce Tomasi – le nuove tecnologie offrono le chance di rafforzare le nostre peculiarità, valorizzare ulteriormente una filosofia produttiva alternativa a quella della Francia, ma anche a quella del nuovo mondo, e che in questo particolare momento storico si sta dimostrando vincente». Quello del vino è infatti un settore apparentemente anarchico, soprattutto in Italia. Allergico a linee di sviluppo imposte dall’alto. Eppure il confronto fra i vini dozzinali prodotti nel periodo ante anni ’60 e la qualità delle produzioni di questi ultimi decenni, dimostra che nel sistema è stato iniettato il propellente giusto. Un elisir di ricerca e valorizzazione la cui ricetta è stata messa a punto in questo angolo della Marca trevigiana. Fin dall’anno della sua fondazione, nel 1923 come stazione sperimentale nata da una costola della scuola enologica, e ancor più dal dopoguerra ad oggi, il Crea-Vit Centro di ricerca per la viticoltura di Conegliano si è infatti assunto l’onere della valorizzazione del “vigneto” Italia attraverso la verifica dell’interazione tra il nostro patrimonio di vitigni e gli ambienti vocati per la loro coltivazione.
Terroirist e antiterroirist
Nell’acceso confronto tra “terroirist” (i francesi) e “antiterroirist” (i produttori del nuovo mondo più propensi a valorizzare l’approccio varietal) che ha caratterizzato l’enologia mondiale a cavallo degli anni duemila, il nostro Paese ha potuto così percorrere una strada alternativa più logica, basata su un approccio “terroir X vitigno”. E questo grazie a due dei settori di più intensa attività dell’istituto. Da una parte lo studio del germoplasma, in cui da sempre Conegliano svolge un ruolo cardine per tutto il territorio nazionale, dall’altro quello dei sistemi viticoli. Al momento attuale nella collezione ampelografica gestita dal centro sono custodite ed allevate oltre 3300 accessioni tra vitigni da vino (molti minori e autoctoni di diverse regioni d’Italia), da tavola, ibridi produttori diretti e portinnesti. Nell’azienda di Susegana (Tv) è inoltre presente il campo catalogo nazionale in cui sono raccolte tutte le varietà iscritte al registro nazionale delle varietà da vite (un numero crescente di accessioni è duplicato e conservato anche in vitro come gene-bank). «La collezione del Crea-Vit – spiega Tomasi – viene utilizzata anche per studiare, per l’appunto, la fisiologia della vite nell’interazione genotipo-ambiente». L’elemento che sta scompligliando le carte negli approcci di valorizzazione basati sul solo terroir, o sulla sola varietà, è infatti il cambiamento climatico in atto. Per questo a Conegliano sono state valutate le diverse capacità di adattamento dei vitigni al clima. Innanzitutto per la caratterizzazione delle accessioni (per un carattere che sarà decisivo per i programmi di miglioramento genetico futuro), grazie alla possibilità di mettere in correlazione la serie storica dei dati fenologici raccolti annualmente a partire dal 1964, con quella dei dati climatici.
Varietà plastiche e non
«La fenologia – commenta il direttore – è uno dei migliori indicatori dell’effetto del global warming, responsabile dell’accorciamento del ciclo vegeto-produttivo della vite registrato nell’ultimo ventennio e quantificabile in 6/8 giorni per ogni grado di incremento della temperatura media annuale». Tomasi si è sempre occupato di studi relativi alle relazioni tra i caratteri qualitativi dell’uva e le condizioni ambientali, un’esperienza che gli permette di spiegare le ragioni del diverso grado di plasticità delle differenti cultivar. «I valori aromatici delle uve riflettono sia l’impronta del terroir (il Pinot grigio ad esempio accumula più terpeni nei suoli argillosi, mentre la Glera predilige tessiture più grossolane) e dell’andamento stagionale». La diminuzione dell’escursione termica tra giorno e notte, tipica del global warming, influisce negativamente su terpeni e metossipirazine. Significa che i vini futuri potranno essere più morbidi e rotondi, più ricchi di sentori di frutta matura, piuttosto che floreali e fruttati (proprio il contrario di quello che chiede oggi il mercato). Ma gli studi di Conegliano sulla relazione tra clima e fenologia della vite puntano anche all’obiettivo della messa a punto di strategie di adattamento, attraverso l’innovazione delle tecniche di gestione del vigneto (forme di allevamento, tecniche di potatura, concimazione e sistemi di subirrigazione). Epicentro di questi studi è l’azienda sperimentale di Spresiano (Tv), 20 ettari in un corpo unico (si veda riquadro) investiti da vigneti con sesti di impianto di nuova concezione, adatti alla completa meccanizza-zione.
Resistenza a portata di mano
La messa a punto di soluzioni innovative come le nuove tecniche di miglioramento genetico (cisgenesi e genome editing – si veda Terra e vita 11, pagg. 12-13) e di precision farming si inseriscono alla perfezione nelle linee di ricerca portate avanti dal Crea-Vit di Conegliano. Le attività di selezione condotte fino a oggi, come istituzione singola o in collaborazione con altri costitutori, hanno portato all’omologazione di oltre 300 cloni di vitigni di uva da vino, da tavola e portinnesti. «Attualmente l’attività è focalizzata su tre vitigni: glera, corvina e merlot: i cloni e le varietà che avranno successo per il futuro non saranno quelle più produttive, ma quelle caratterizzate dal miglior grado di adattabilità ai cambiamenti climatici». Negli ultimi anni sono stati intrapresi anche programmi di miglioramento genetico per ibridazione finalizzati alla selezione di nuove varietà di vite resistenti alle principali malattie fungine (peronospora e oidio). I progetti in partenza basati sulle nuove tecniche di miglioramento genetico consentirebbero di superare questo approccio. «L’obiettivo è anche qui quello di valorizzare i nuovi vitigni nei loro tradizionali ambienti di coltivazione. Non più varietà diverse, caratterizzate dalla presenza di una percentuale, seppur minima, di patrimonio genetico proveniente dalle specie resistenti, bensì varietà in pratica uguali a quelle di pregio, caratterizzate però dalla presenza di geni di resistenza». Si tratterebbe di qualcosa assimilabile ad un clone resistente di una varietà tradizionale, e le nuove tecnologie promettono tempi inferiori agli 8-10 anni per ottenerli. Una parte dei 21 milioni stanziati per il progetto triennale di ricerca del Mipaaf andrà alla rivoluzione digitale della precision farming e alla genetica.
Sensori iperspettrali nei cieli
«La sfida di abbinare i vantaggi correlati a queste tecnologie a costi accessibili per la maggior parte delle imprese impone di intraprendere la strada delle sinergie con i più attivi centri di ricerca e le aziende più innovative».
A questo proposito un progetto di ricerca di viticoltura di precisione messo a punto dal Crea-Vit di Conegliano prevederebbe il ricorso a nuove famiglie di sensori. Una sensoristica che non si basa su camere termiche o multispettrali, bensi su camere iperspettrali, per l’analisi della risposta spettrale della vegetazione e della salute delle piante. Sensori messi a punto da un’azienda italiana specializzata, finora utilizzati solo in alcuni aeroporti europei e in grado di lavorare su lunghezze d’onda diverse da quelle utilizzate finora in agricoltura (350-2.700 micron invece degli attuali 400-1.000, sensibili a cambiamenti di temperatura e colore inferiori a un decimo di grado). La precisione e sensibilità di rilevamento consentirebbe di individuare con maggiore tempestività la manifestazione dei sintomi (come le macchie d’olio per la peronospora), ma anche, dopo opportuna calibrazione, anche i segnali di eventuali stress idrici e il grado di maturazione delle uve. Il peso dell’apparecchiatura (oltre i 30 chili) rende necessario l’utilizzo di un aeromobile teleguidato caratterizzati da 6 metri di lunghezza e 8 metri di apertura alare, messo a punto da un’altra azienda italiana. Una tecnologia che promette di monitorare giornalmente oltre 10mila ettari di vigneto, adatta alle esigenze di consorzi di produttori, o di irrigazione o consorzi di tutela (con gli opportuni sensori è possibile anche la verifica delle rese produttive o l’identificazione varietale). «Impianti più flessibili e cloni più resistenti a terra e sentinelle più efficienti nei cieli: sarebbe un sistema di prevenzione in linea con l’obiettivo di consolidare il futuro del nostro sistema produttivo».
Il viaggio nel CREA
Un ente con competenze multidisciplinari. Strutture scientifiche diffuse su tutto il territorio nazionale articolate in dodici aree tematiche (agricoltura e ambiente, alimenti e nutrizione, cerealicoltura e colture industriali, colture arboree, difesa e certificazione, foreste e produzione legno, genomica e bioinformatica, ingegneria e trasformazioni agroalimentari, orticoltura e florovivaismo, politiche e bioeconomia, viticoltura ed enologia, zootecnia e acquacoltura).
Con questo numero inizia il viaggio di Terra e Vita attraverso l’ente di ricerca vigilato dal Mipaaf nato l’anno scorso dalla fusione tra Cra e Inea. Un ente retto dal Commissario straordinario Salvatore Parlato e dai commissari delegati Michele Pisante e Alessandra Gentile e in cui operano circa 1.600 persone di Recupero, conservazione, caratterizzazione e valorizzazione delle risorse genetiche viticole. In oltre 90 anni quella che uno dei principali rami di attività del Crea-Vit di Conegliano ha permesso di accumulare un gran numero di informazioni ampelografiche e molecolari che sono state di recente organizzate e inserite su un database accessibile a chiunque (www.vitisdb.it). L’identificazione clonale o varietale può avvenire attraverso i tradizionali indici ampelografici o ampelometrici, oppure biochimici (che sfruttano il polimorfismo di una serie di metaboliti contenuti nell’uva) e genetici (analizzano il polimorfismo di particolari porzioni di DNA).
Dagli anni ’80 infatti ha avviato la descrizione dei vitigni su base molecolare contribuendo alla validazione dei 6 marcatori microsatellite conosciuti, e consentendo lo sviluppo di Siv, servizio di identificazione delle varietà dei vite che fa uso di marcatori Ssr e che sta contribuendo a portare chiarezza al catalogo nazionale delle varietà e dei cloni, eliminando i casi di sinonimia (ad esempio quello tra Pignoletto e Grechetto spoletino. Un ulteriore archivio che verrà presentato al prossimo Vinitaly e che arricchirà l’attività di servizio del Crea-Vit è quello relativo alla disponibilità delle varietà e dei cloni: d’ora in poi i dati delle denunce di produzione vivaistica saranno infatti di disponibilità esclusiva dell’ente di ricerca. Oltre che sulla valorizzazione del germoplasma viticolo italiano e ai sistemi colturali, l’attività del Crea-Vit è imperniata su questi altri capitoli:
- Difesa. Oltre allo studio di parassiti fungini, virus, batteri e insetti e al grande lavoro su fitoplasmi come la flavescenza dorata il ricercatore Alessandro Zanzotto spiega che l’attività del Crea-Vit in questo settore è incentrata anche sulla validazione di modelli previsionali per la produzione integrata e sull’individuazione di tecnologie di distribuizione più efficienti e sostenibili.
- La piattaforma di metabolomica, costituita da due laboratori presso la sede centrale di Conegliano, ha sviluppato un nuovo approccio per lo studio dei metaboliti estratti dall’uva. I copmposti maggiormente studiati sono polifenoli, antociani, fitoalessine, terpeni, precursori di aromi.
- Controllo e certificazione dei materiali di moltiplicazione della vite. Attività di carattere ispettivo che interessa il vertice della filiera vivaistica e la formazione dei tecnici regionali per i controlli di routine.
- Le aziende sperimentali. Susegana: 11,6 ettari su terreno pianeggiante di medio impasto in provincia di Treviso; Spresiano, 20 ettari su terreno ghiaioso e limoso nella stessa provincia. Casacotta, 73,4 ettari nel comune di Montelibretti (Roma).