Si è scritto e letto parecchio nelle ultime settimane di questo annus horribilis per la vendemmia italiana. Il susseguirsi delle gelate, delle grandinate e poi dei lunghi mesi di siccità ci consegnano ahimé un quadro in cui il comune denominatore – anche a livello europeo e mondiale - resta la scarsità di prodotto, pur se in presenza di una buona qualità delle uve.
Tanto è stato scritto anche sul ruolo sempre più decisivo dei cambiamenti climatici e su come la scienza potrà in qualche modo contribuire a ridurre e arginare l’impatto del riscaldamento globale sulla viticoltura italiana ed europea.
Con molta più cautela è stato invece affrontato finora il discorso delle possibili ricadute economiche di una vendemmia da tutti riconosciuta come una delle più scarse di sempre, non solo in Italia e in Europa.
Un dato a mio avviso è incontrovertibile: se le uve quest’anno scarseggiano, è evidente che andremo inevitabilmente incontro ad un aumento del prezzo delle uve. Per una ragione semplicissima: se un agricoltore si ritrova quest’anno a raccogliere la metà della sua produzione abituale di uva (dopo non pochi sforzi profusi e proteggere le sue vigne da gelo, grandine, siccità), non può andar incontro ad una remunerazione pesantemente decurtata in virtù del prodotto che manca, altrimenti sarebbe a rischio la sua stessa sopravvivenza economica.
Tutelare il reddito di chi coltiva le uve resta imprescindibile. Se i redditi degli agricoltori venissero dimezzati o subissero forti riduzioni rispetto alle retribuzioni delle precedenti campagne, si minerebbe la stessa ossatura della viticoltura italiana. Perché non dimentichiamo che è proprio grazie a chi produce le uve che si scongiura l’impatto negativo che l’abbandono dell’agricoltura e del presidio del territorio porta con sé in molte aree del nostro paese. Senza considerare tutti i benefici in termini di salvaguardia dei nostri vigneti straordinari, così come di piccoli paesi e di intere comunità.
Non possiamo mettere a rischio la ricchezza intrinseca della biodiversità e della bellezza dei nostri territori che tutto il mondo ci invidia. Ecco perché manterremo come cooperazione l’impegno di continuare a liquidare i nostri soci, anche in annate disastrose come questa, con prezzi sostenibili affinché le centinaia di viticoltori, grandi e piccoli, della penisola possano continuare a preservare la viticoltura italiana.
I consumatori non dovranno quindi stupirsi se ci sarà un aumento del prezzo finale delle bottiglie. Si tratta di un aumento di poche decine di centesimi a bottiglia che è assolutamente necessario per consentire a chi fa vino di continuare a fare il proprio mestiere.
Se il prezzo al consumo dovesse rimanere invariato a farne le spese sarà chi tutti i giorni va in vigna a lavorare, di questo dobbiamo tutti essere consapevoli.
di Ruenza Santandrea
Coordinatrice settore vino
di Alleanza delle Cooperative
@ruenza1; @CooperativeAgro