Da Bruxelles arriva una settimana densa di decisioni che incrociano commercio, sicurezza alimentare e clima. L’Unione europea si muove tra due polarità: da una parte l’apertura dei mercati e la firma del trattato con il Mercosur. Dall’altra la necessità di rafforzare le difese interne in un contesto di crescente instabilità climatica ed economica. Il quadro che emerge è quello di un’agricoltura europea chiamata a trasformarsi per sopravvivere, senza perdere di vista la sua missione originaria: garantire reddito agli agricoltori, sicurezza alimentare ai cittadini e competitività alle filiere.
Mercosur: un “ombrello” legale prima della firma
L’accordo commerciale con i Paesi del Mercosur — Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay — torna al centro della scena. Per placare le resistenze di diversi Stati membri (Francia, Irlanda e Austria in primis), la Commissione ha proposto un regolamento di applicazione immediata che introduce clausole di salvaguardia automatiche e più trasparenti.
Il principio è chiaro: niente liberalizzazione senza protezione.
Le nuove norme prevedono:
- monitoraggio costante delle importazioni di prodotti sensibili (carni bovine e avicole, zucchero, miele, riso, agrumi);
- indagini rapide, da concludersi entro 4 mesi;
- misure provvisorie entro 21 giorni in caso di “danni gravi” o rischio di destabilizzazione dei mercati.
Christophe Hansen, commissario europeo all’Agricoltura, ha parlato di un passo «senza precedenti», capace di dare “certezza e protezione agli agricoltori europei” mentre l’Europa continua a credere nel multilateralismo commerciale.
Il pacchetto dovrà ora passare al vaglio del Parlamento e del Consiglio, ma l’intenzione di Bruxelles è chiara: firmare il trattato Mercosur entro fine 2025, blindando le produzioni europee più vulnerabili.
Clima, perdite e sostegni mirati
La seconda misura annunciata riguarda le calamità naturali che hanno devastato mezza Europa: gelate, grandinate e piogge torrenziali hanno colpito frutticoltura e orticoltura in sei Paesi (Bulgaria, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania).
Per loro arriva un aiuto straordinario da 50 milioni di euro dal fondo agricolo di riserva. Gli Stati membri potranno aggiungere risorse proprie fino al 200% della quota ricevuta.
I pagamenti dovranno essere completati entro il 30 aprile 2026.
Una misura “di pronto intervento” che — seppur limitata — rappresenta un segnale politico: la Commissione riconosce la crescente vulnerabilità dei sistemi agricoli e la necessità di strumenti più agili e tempestivi.
Come funziona la “clausola di salvaguardia”
Quando si attiva: se l’import di un prodotto causa o minaccia di causare danni economici significativi a un settore agricolo europeo.
Chi la chiede: la Commissione può agire d’ufficio o su segnalazione di uno Stato membro o di un’organizzazione agricola.
Tempi: indagine entro 4 mesi, misure provvisorie (come dazi o contingentamenti) in 21 giorni nei casi urgenti.
Durata: le misure restano in vigore finché il mercato non torna stabile, con verifiche periodiche.
Governance europea: conti in ordine, controlli da rafforzare
Sul fronte amministrativo, la Corte dei Conti europea ha dato parere favorevole ai conti 2024 della Commissione, riconoscendo la regolarità della gestione finanziaria e un calo del tasso d’errore (dal 5,6% al 3,6%).
Resta aperta la questione della semplificazione: Bruxelles vuole rendere più agili i fondi strutturali e agricoli, ma i revisori avvertono — semplificare sì, purché i controlli restino solidi e trasparenti.
Dossier sociali e geopolitici: le faglie dell’agricoltura europea
Il nuovo accordo con il Marocco, che aggiorna le relazioni commerciali agricole, ha sollevato proteste da parte della European Coordination Via Campesina, secondo cui il testo “ignora la sentenza della Corte di Giustizia” e legittima lo sfruttamento delle risorse del Sahara Occidentale.
Sul fronte interno, Copa-Cogeca appoggia la semplificazione della Pac ma chiede di lasciare agli Stati membri la competenza sulla condizionalità sociale, ritenendo improprio che Bruxelles imponga standard occupazionali unici per tutti.
Sono segnali di un’Europa ancora frammentata su come bilanciare commercio, diritti e sovranità nazionale.
Alimentazione e salute: il ritorno del “One Health”
Mentre la politica discute, il mondo scientifico lancia un monito: non ci sarà sostenibilità agricola senza sostenibilità sanitaria. Nel workshop “One Health” ospitato dall’Istituto Superiore di Sanità, esperti e ricercatori hanno ribadito che la salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente sono parti di un unico sistema.
Intanto il nuovo rapporto EAT-Lancet 2.0 riafferma che i sistemi alimentari contribuiscono per oltre un terzo alle emissioni globali di gas serra e che la transizione verso diete più vegetali è inevitabile — purché non penalizzi i produttori agricoli, ma li accompagni con incentivi, formazione e strumenti di reddito.
“One Health”: cosa significa davvero
Un’unica salute: approccio integrato che lega salute umana, animale e ambientale.
Applicazioni pratiche: gestione antibiotici negli allevamenti, riduzione pesticidi, sicurezza alimentare, tutela della biodiversità.
Perché interessa gli agricoltori: sempre più politiche (Pac, strategia Farm to Fork, piani fitosanitari) si ispirano a questo principio, premiando le aziende che adottano pratiche sostenibili e tracciabili.
Perché tutto questo riguarda l’Italia
Per le filiere italiane — dall’olivicoltura alla zootecnia di qualità, dalla frutta al vino — le scelte di Bruxelles hanno ricadute immediate.
Le clausole di salvaguardia possono contenere i rischi concorrenziali delle importazioni; i fondi straordinari per le calamità alleviano le perdite; ma la vera sfida è di prospettiva: costruire un modello produttivo capace di restare competitivo anche dentro le regole del Green Deal.
Le aziende italiane che sapranno investire in innovazione, digitalizzazione, agricoltura rigenerativa e filiere corte avranno più strumenti per resistere agli shock del mercato e ai cambiamenti climatici.
Verso una nuova stagione europea
Il messaggio che arriva da Bruxelles è chiaro: l’Europa vuole restare una potenza agricola, ma sa di doverlo fare in modo diverso. Le protezioni commerciali e i fondi emergenziali servono a guadagnare tempo. La vera sfida sarà trasformare i sistemi alimentari in modo inclusivo, evitando che la sostenibilità si traduca in disuguaglianza.










