L’agricoltura europea rischia di invecchiare prima ancora di riuscire a rinnovarsi. Con un’età media dei conduttori di 57 anni e un terzo delle superfici gestite da agricoltori prossimi alla pensione, la Commissione europea lancia una strategia destinata a diventare uno dei pilastri della prossima Politica agricola comune: un piano per il ricambio generazionale per rendere l’agricoltura più accessibile, sostenibile e attrattiva, puntando su terra, credito e qualità della vita nelle aree rurali.
La “comunicazione” sul ricambio generazionale, attesa per il 21 ottobre, disegna una tabella di marcia ambiziosa: entro il 2040 Bruxelles vuole raddoppiare la quota di nuovi imprenditori agricoli, colmando il vuoto di redditività e semplificando il passaggio di consegne tra generazioni. Ma per riuscirci serve un’azione strutturale: accesso alla terra, strumenti finanziari più forti e servizi che restituiscano alle campagne la dignità di luoghi dove si può vivere e non solo lavorare.
Un allarme demografico che diventa questione strategica
Il ricambio generazionale non è più un tema di nicchia: è una condizione di sopravvivenza per l’agricoltura europea. Oggi solo il 12% dei conduttori ha meno di 40 anni, mentre il 33,2% delle superfici è amministrato da agricoltori oltre l’età della pensione. Le disparità territoriali sono forti: in Italia, Spagna e Grecia, l’età media supera i 58 anni, mentre nei Paesi del Nord la presenza di nuove aziende agricole è leggermente più alta.
La Commissione mette in guardia: senza un ricambio generazionale, l’Ue rischia un indebolimento della sovranità alimentare e della vitalità delle aree rurali. L’agricoltura invecchia, la terra si concentra, i prezzi dei terreni aumentano e l’accesso al credito resta limitato per chi parte da zero. Il risultato è un sistema bloccato, dove l’esperienza non si trasmette e l’innovazione fatica a emergere.
Il pacchetto di Bruxelles: tra incentivi e riforme strutturali
Il documento in preparazione propone una combinazione di misure finanziarie e regolatorie, con un filo conduttore chiaro: facilitare l’ingresso e rendere possibile il passaggio di testimone.
Tra le azioni principali:
- Starter Pack for New Entrants, un pacchetto che combina aiuti all’avviamento, sostegno degressivo al reddito nei primi anni di attività, investimenti agevolati e accesso a garanzie pubbliche.
- Triplicazione del massimale degli aiuti erogabili tramite strumenti finanziari, da 100.000 a 300.000 euro (calcolati in Equivalente Sovvenzione Lorda), per sostenere investimenti produttivi, digitali e ambientali.
- Osservatorio europeo della terra, con il compito di monitorare prezzi, prevenire concentrazioni e promuovere modelli di accesso innovativi come banche della terra, cooperative o partenariati pubblico-privato.
- Revisione del regime pensionistico agricolo, con la proposta di escludere dai pagamenti diretti chi percepisce già una pensione piena entro il 2032, per favorire il ricambio dei titolari di aziende.
A completare il quadro, programmi di formazione e mobilità — sull’esempio di Erasmus for Entrepreneurs — e iniziative di comunicazione per restituire all’agricoltura un’immagine più moderna e inclusiva.
L’accesso alla terra: il nodo che condiziona tutto
Resta il problema di fondo: la terra. In molte regioni dell’Europa meridionale, i prezzi per ettaro sono ormai fuori portata per chi non dispone di capitali familiari o ereditari. A questo si aggiunge la difficoltà nel reperire terreni liberi, con patrimoni agricoli spesso frammentati e successioni lente.
La Commissione invita gli Stati membri a intervenire con strumenti di pianificazione fondiaria, inventari pubblici dei terreni agricoli, incentivi fiscali per il subentro e un maggiore ruolo delle banche della terra regionali. Ma senza un approccio comune e coraggioso, l’accesso alla terra rischia di restare la principale barriera all’ingresso.
Un gap da 14 miliardi e un nuovo modo di fare impresa
Il gap finanziario stimato per chi vuole avviare un’azienda agricola supera i 14 miliardi di euro. Bruxelles propone di colmarlo potenziando gli strumenti di credito agevolato e integrando fondi del Feasr e del programma InvestEU, ma la sfida resta complessa.
Dietro ai numeri, però, si intravede un cambio di paradigma: chi entra oggi in agricoltura porta con sé modelli di impresa multifunzionali, orientati alla sostenibilità, al turismo rurale e alla trasformazione diretta. La Commissione riconosce che questi nuovi operatori sono anche i più pronti a investire in digitale e in pratiche a basso impatto ambientale: un capitale di innovazione che l’Europa non può permettersi di perdere.
Un progetto politico e culturale
La strategia europea non è solo economica. È anche un tentativo di ridefinire il rapporto fra società e agricoltura, fra città e campagne. Bruxelles punta su servizi territoriali, connettività e qualità della vita rurale per invertire lo spopolamento e rendere le zone agricole luoghi dove costruire il proprio futuro, non solo produrre cibo.
L’iniziativa include campagne di comunicazione, programmi educativi e un network europeo di ambasciatori agricoli per diffondere modelli di impresa sostenibile. Perché la sfida non è solo portare nuove persone nei campi, ma far sì che ci restino.
Tra realismo e speranza
La diagnosi di Bruxelles è lucida e condivisa: senza ricambio, l’agricoltura europea rischia di collassare su se stessa. Ma la terapia richiede realismo. Le misure finanziarie e regolatorie possono alleggerire la partenza, ma non sostituiscono riforme più profonde — fiscali, pensionistiche, territoriali — e un vero investimento in infrastrutture e servizi rurali.
Se l’Unione saprà unire questi tasselli, potrà trasformare un’emergenza demografica in un’occasione di rinascita produttiva e ambientale. In caso contrario, resterà un documento ben scritto, ma incapace di fermare la lenta deriva di un’agricoltura che invecchia.










