Agriturismi e “Parco Agrisolare”: il nodo della prevalenza

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Il bando Pnrr è nazionale ma le diverse Regioni adottano criteri diversi per stabilire quale sia l'attività prevalente

Negli ultimi mesi, a seguito dei controlli effettuati da diversi reparti provinciali della Guardia di Finanza, è emersa una criticità interpretativa che riguarda la partecipazione delle imprese agrituristiche alla Misura “Parco Agrisolare” del Pnrr – Missione 2, Componente 1, Investimento 2.2. Oggetto del dibattito è la corretta individuazione dell’attività prevalente per le aziende agricole che svolgono anche attività agrituristica, condizione essenziale per l’ammissione al finanziamento.

La questione, apparentemente di natura amministrativa, tocca in realtà un nodo giuridico più profondo: il rapporto tra l’attività agricola e quella agrituristica, e il modo in cui tale rapporto viene esercitato.

La misura “Parco Agrisolare” rientra tra gli interventi del Pnrr destinati a favorire la transizione energetica del settore agricolo, finanziando l’installazione di impianti fotovoltaici e sistemi di efficientamento energetico.
Per poter accedere al contributo, le imprese devono:

  • essere attive nella produzione o trasformazione di prodotti agricoli;
  • possedere un codice Ateco prevalente compreso tra quelli elencati nell’Allegato B dell’Avviso pubblico;
  • dichiarare tale codice nella domanda di partecipazione, con verifica attraverso Visura Camerale.

Nonostante i codici Ateco relativi all’attività agrituristica non siano ricompresi tra quelli ammessi, la misura consente di finanziare interventi collegati anche all’attività agrituristica, purché quest’ultima non risulti prevalente rispetto all’attività agricola principale.

Fatturato o tempo dedicato?

Durante i controlli successivi all’ammissione ai finanziamenti, la Guardia di Finanza ha riscontrato differenze di approccio nell’interpretazione del concetto di attività prevalente.

In particolare:

  • alcuni reparti applicano il criterio economico, basato sul fatturato, coerente con la logica dei codici Ateco;
  • altri utilizzano il criterio temporale, ovvero il tempo effettivo dedicato alle diverse attività, in linea con quanto previsto dalle normative regionali in materia di agriturismo.

Questa difformità interpretativa può portare a disparità di trattamento tra imprese simili ma situate in regioni diverse, mettendo in discussione il principio di uniformità nazionale del Pnrr.

Per comprendere la questione è utile tornare al quadro giuridico che disciplina l’attività agrituristica: la Legge 20 febbraio 2006, n. 96.

L’articolo 2, comma 1, definisce l’agriturismo come:

Attività di ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli […] attraverso l’utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, silvicoltura e allevamento di animali”.

Il principio chiave è quello della connessione tra attività agricola e agrituristica. Il successivo articolo 4, comma 2, stabilisce che Regioni e Province autonome devono garantire che l’attività agricola rimanga prevalente, definendo i criteri per valutare tale rapporto. Di fatto, quindi, la legge nazionale demanda alle Regioni la definizione dei parametri di prevalenza, generando una naturale differenziazione territoriale.

L’analisi delle diverse leggi regionali mostra una certa varietà di approcci, ma anche una tendenza comune: la valutazione della prevalenza in base al tempo dedicato.

Il cosiddetto criterio temporale misura la quota di tempo lavorativo impiegata nelle attività agricole rispetto a quella destinata ai servizi agrituristici.

Si tratta di un criterio più legato alla sostanza del lavoro agricolo che ai soli risultati economici, e che mira a preservare la natura rurale e produttiva dell’azienda.

Tuttavia, applicare questo criterio in un contesto nazionale come il Pnrr comporta un problema: le regole regionali non sono uniformi e ciò può portare a valutazioni diverse su casi analoghi.

Una possibile soluzione

La natura nazionale del programma “Parco Agrisolare” impone la ricerca di un principio di valutazione omogeneo, valido per tutte le regioni italiane. In assenza di linee guida univoche, le imprese rischiano di essere giudicate in modo diverso a seconda del territorio, con effetti potenzialmente discriminatori.

Per questo, in un’ottica di favor partecipationis — cioè di massima inclusione e semplificazione dell’accesso ai fondi pubblici — appare opportuno individuare un criterio tecnico uniforme che consenta di conciliare le esigenze di controllo con quelle di equità.

Dall’analisi giuridica e amministrativa emerge l’opportunità di adottare un approccio a doppio livello, basato sulla combinazione di due criteri:

  1. Criterio del fatturato – da applicare in via prioritaria per determinare la prevalenza dell’attività agricola, in coerenza con la classificazione economica dell’impresa.
  2. Criterio temporale – da utilizzare in via sussidiaria, qualora il fatturato non permetta di accertare chiaramente la prevalenza agricola, tenendo conto delle disposizioni regionali e del tempo effettivamente dedicato alle attività agricole.

Solo qualora entrambi i criteri non confermino la prevalenza dell’attività agricola, l’impresa non potrà considerarsi ammissibile alla Misura.

Agriturismi e “Parco Agrisolare”: il nodo della prevalenza - Ultima modifica: 2025-10-08T12:29:31+02:00 da Simone Martarello

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