L’orticoltura foggiana salvaguarda la biodiversità

assunzioni congiunte
L’esperienza di agricoltori che coltivano con successo varietà “antiche”

A Lucera Vincenzo De Troia coltiva una vecchia varietà di carciofo, il “Carciofo di Lucera”. «I capolini principali di tale carciofo – informa l’agricoltore – hanno forma ovoidale, con apice piano e brattee esterne violette con sfumature verdi. Sono lunghi 10 cm, il loro diametro oscilla tra 7,5 e 8,5 cm, mentre il peso varia da 130 a 180 g. Le brattee presentano una spina appena accennata. Il ricettacolo, il “cuore” del carciofo, ha diametro di 5 cm, è lungo fino a 1,5 cm ed è mediamente depresso. I capolini secondari invece hanno forma triangolare con apice lievemente acuto, colore viola intenso e sono leggermente più piccoli di quello principale. Dopo aver lavorato il terreno ed eseguito la concimazione organica, a fine ottobre-inizio novembre metto a dimora i carducci, che provengono dalla scarducciatura di altre piante. Dalla messa a dimora dei carducci fino alla raccolta dei primi capolini effettuo numerose scerbature manuali. Non utilizzo prodotti chimici, neanche per la lotta agli insetti. Inizio la raccolta dei primi capolini, che sono relativamente piccoli e spuntano un prezzo maggiore sul mercato, a metà marzo. Concludo la raccolta a maggio. Ad agosto eseguo la dicioccatura. Con le prime piogge successive, la carciofaia si risveglia e inizia a produrre i carducci; di questi ne lascio due per ogni pianta dell’anno precedente. La durata di una carciofaia di carciofo lucerino varia da 2 a 9 anni, ma anche di più».

A Sannicandro Garganico Antonio del Cocchio conduce insieme con il genero una piccola azienda coltivata a ortaggi, che ospita ecotipi molto interessanti di pomodori, caroselli, cima di rapa e senape, di cui custodisce i semi ereditati dal padre. «Il pomodoro paesano di Sannicandro matura a luglio ed è usato per la produzione di salse. Il pomodoro vernino ovale di colore giallo intenso, che matura nella seconda decade di agosto, è da serbo: può conservarsi fino a maggio in “serte” appese ai muri in esterno o in magazzini. Coltivo anche una tipologia di carosello poco conosciuto nel Foggiano, detto “Pilusella”, oblungo, costoluto, con tipiche piccole chiazze di colore verde scuro e scarsa pelosità a maturazione. Durante l’inverno occupo l’orto con brassicacee, cima di rapa nostrana e una senape nera che una volta era intensamente coltivata nell’agro locale e utilizzata in minestre o bolliti e per preparare il piatto tipico di minestra con anguille».

Custodi di varietà locali

De Troia e del Cocchio sono due custodi dell’enorme, e pressoché sconosciuto, patrimonio della biodiversità orticola presente nel Foggiano. La sua salvaguardia e valorizzazione certamente non sarà la soluzione dei problemi dell’orticoltura dauna, tuttavia potrà consentire agli agricoltori di esplorare nuovi orizzonti produttivi e commerciali e magari garantire al comparto qualche possibilità in più di respiro. È quanto afferma Giulia Conversa, ricercatrice in Ortofloricoltura presso il Dipartimento Safe dell’Università di Foggia e referente in Capitanata per il progetto “Biodiversità delle specie orticole della Puglia” (BiodiverSO), finanziato dal Psr Puglia 2007-13 e coordinato da Pietro Santamaria, ricercatore del Dipartimento di scienze agro-ambientali e territoriali dell’Università di Bari.

«La Capitanata è molto ricca di varietà locali e tipiche di ortaggi, coltivate in gran parte in pieno campo con pratiche agronomiche biologiche, che stiamo cercando di recuperare. Si tratta di una biodiversità agraria di grande valore non solo botanico e agronomico, ma anche commerciale. La sua attenta conoscenza può favorire la valorizzazione di tante specie e varietà, oggi poco note, a eccezione della cipolla bianca di Margherita per la quale è stata chiesta di recente la Igp, e o limitate a piccoli areali colturali curati da quelli che, come De Troia e del Cocchio, abbiamo definito “biopatriarchi” o addirittura spontanee, ma comunque ricche di caratteristiche organolettiche e salutistiche davvero eccellenti, che non devono andare assolutamente perse».

Sugli arenili di Vieste, come ci spiega Conversa, è possibile ammirare una straordinaria scacchiera di piccole superfici coltivate con ecotipi locali di pomodori, caroselli, meloni, angurie, peperoni, scarole e carciofi.

«Abbiamo ritrovato il carosello “Cucùmr di Vieste” e tre pomodori: il pomodoro a foglia di patata di Vieste, anni fa il più coltivato negli orti, apprezzato per le qualità organolettiche e l’ottima resa per la preparazione di conserve; il pomodoro nostrale, ricordato anche come pomodoro “viestano”; il pomodorino rosso invernale, succoso e molto dolce, un ecotipo molto vigoroso la cui pianta può raggiungere 1,5 m di altezza, a maturazione scalare con 5-6 palchi di grappoli portanti ciascuno 6-7 frutti: raccolto acerbo in agosto, si conserva intrecciato in una sorta di corona, per consumarlo in autunno».

A Sannicandro Garganico, oltre al carosello “Pilusella”, simile a quello viestano, è stata rinvenuta una zucca invernale ritrovata pure a Vieste, Vico del Gargano e Peschici.

Pomodori e rape “antichi”

«Negli orti storici di Vico del Gargano, realizzati tra filari di agrumi grazie alla disponibilità di acqua irrigua, vengono ancora oggi coltivati diversi ecotipi di pomodori da insalata a “cancedd” (spicchi), variabili in forma, colorazione e pezzatura, con fruttificazione a grappolo e su più palchi, mediamente quattro, conosciuti anche a Ischitella, Peschici e Rodi Garganico. Il frutto di questi pomodori è di grande pezzatura, dalla forma tronco-conica con costolature longitudinali, violaceo a maturità, a maturazione scalare (dal 20 luglio ai primi di dicembre). Abbiamo rinvenuto anche ecotipi di meloni, zucchine, fagiolini, caroselli e cetriolo. Sugli arenili di Peschici abbiamo recuperato la tipica ed eccellente “cipolla sanguigna”».

In agro di Sannicandro, informa Conversa, si coltiva una cima rapa “antica”, detta “cima di rapa nostrale di Sannicandro”, accessione di cima rapa testimone di antiche popolazioni che storicamente caratterizzano gli orti locali.

«Altre popolazioni antiche di cima di rapa sono state reperite a San Severo, dove sono documentabili almeno due tipi, distinte per epoca di maturazione: la cima di rapa carnevalina, di gusto dolce con semina a settembre, trapianto a ottobre e raccolta febbraio, e la cima di rapa natalina, con semina ad agosto e raccolta a Natale. Negli orti storici nella periferia di Lucera, su suoli pianeggianti, sabbiosi, in coltura asciutta integrata con irrigazioni di soccorso, abbiamo ritrovato un ecotipo di pomodoro detto “Prunill”, coltivato anche nei paesi limitrofi fino a Orsara di Puglia. Fra le varietà locali della Capitanata c’è infine anche una patata rossa, individuata a San Giovanni Rotondo dove, ancora oggi, viene coltivata nelle radure dei boschi: la “patan du vosck”. Ma le sorprese che riserva la biodiversità orticola foggiana sono ancora tantissime!».

L’orticoltura foggiana salvaguarda la biodiversità - Ultima modifica: 2015-04-20T11:55:55+02:00 da Sandra Osti

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