Da quel 12 gennaio del 1874 quando venne costituita la “Scuola agraria di San Michele all’Adige”, ha fatto molta strada. All’inizio furono solo 15 gli studenti ammessi e il corso di studi era biennale. Oggi sono un migliaio, si può accedere all’istituto dopo aver frequentato le medie inferiori e uscirne anche con una laurea in viti-enologia.
Primo storico direttore della scuola fu Edmund Mach. Oggi al suo posto c'è Manuel Penasa, 41 anni, trentino della valle di Rabbi ed ex studente dell’istituto. Con lui abbiamo fatto il punto su passato, presente e futuro di quella scuola che ha formato nei decenni anche i più grandi enologi delle cantine italiane. Oggi l’istituto, trasformato in Fondazione, oltre che dei corsi scolastici si occupa della formazione permanente degli agricoltori.
Professor Penasa, una bella responsabilità la sua. San Michele è diventato negli anni la “cittadella dell’agricoltura trentina” e non solo, grazie ai molti collegamenti a livello internazionale. Ci sintetizza il passato?
«Con la decisione della Dieta Regionale Tirolese del 1874 nacque a San Michele una scuola agraria con annessa stazione sperimentale. L’ambizioso obiettivo, condiviso poi con una scuola “gemella” fondata a Rotholz, era di “risollevare le sorti dell'agricoltura” nel Tirolo. L'attività iniziò nell'autunno dello stesso anno, precisamente l’11 novembre, con una cerimonia dove Edmund Mach incontrò i primi 15 studenti. Il primo corso era organizzato in un biennio professionale con insegnamento in italiano e in tedesco. Negli anni successivi il numero degli studenti aumentò progressivamente e furono attivati nuovi percorsi didattici rivolti ad esempio alla trasformazione del latte».
Dal 1919, con l’annessione al Regno d’Italia, il complesso dell’Istituto Agrario di San Michele passò alla competenza della provincia di Trento e nel 1926 venne attivato uno specifico consorzio con lo stato.
«Grosso impatto per l’istituto e per le scuole agrarie italiane ebbe la riforma Gentile del 1923, in quanto trasferì la gestione delle scuole agrarie dal ministero dell’Agricoltura e delle Foreste a quello dell’Istruzione, compromettendo di fatto le peculiarità che avevano dato lustro alle scuole agrarie, in particolare quelle enologiche. La necessità di figure specializzate nel settore portò nel 1933 a dare origine agli Istituti tecnici agrari con specializzazione in viticoltura ed enologia, organizzati con un corso di studi di cinque anni (perito agrario) e uno ulteriore di specializzazione che permetteva di conferire il diploma di “Perito agrario con specializzazione in Enotecnico” (R.D. 24/01/29). Nel 1958, il Consiglio di amministrazione, presieduto dall’allora presidente della Giunta Provinciale, Bruno Kessler, deliberò di attivare un Istituto tecnico agrario a carattere non statale con indirizzo “ordinario” di perito agrario. Nel 1960 prese avvio inoltre un Istituto Professionale triennale in grado di soddisfare la richiesta formativa soprattutto di giovani provenienti dal mondo agricolo e motivati a portare avanti le aziende di famiglia».
Nel 1993 una nuova traformazione?
«L’istituto professionale fu trasformato in istituto professionale per l’agricoltura e l’ambiente (Ipaa), secondo le innovazioni del "Progetto '92" dell'Istruzione professionale statale. Dall’anno formativo 2003/2004 è presente anche una scuola di Istruzione e Formazione Professionale, nel settore “Agricoltura e Ambiente”, che con gli anni è venuta diversificandosi e arricchendosi. Nel 2010 la scuola superiore italiana è stata oggetto di una riforma complessiva che ha investito anche l’Istituto agrario, che ha provveduto a rivedere l’impostazione della propria offerta formativa, attivando l'indirizzo generale “Agraria, Agroalimentare ed Agroindustria” con tre articolazioni: produzioni e trasformazioni, gestione dell’ambiente e del territorio, viticoltura ed enologia. Dall'anno 2015-2016 è attivo un sesto anno per il conseguimento del titolo di enotecnico, che sostituisce quello precedentemente riconosciuto al termine dell'indirizzo sessennale per enotecnico. Infine, dal settembre 2023 è stato attivato un percorso sperimentale quadriennale che permette il raggiungimento del diploma in quattro anni nell’articolazione “Gestione ambiente e territorio».
Oggi alla Fem si può entrare subito dopo le medie inferiori e uscire con una laurea, qual è quindi la vostra offerta formativa?
«È estremamente ampia. Va dalle materie agrarie, forestali, ambientali. L’Istituto agrario di San Michele all'Adige ha quindi il compito di formare le diverse figure tecniche e professionali nei vari ambiti sopra richiamati attraverso due “binari” ovvero la formazione professionale e l’istruzione tecnica. La formazione professionale (IeFP) è dedicata ai futuri operatori ed imprenditori nei diversi settori agricoli ed in particolare nel settore agroalimentare, nel settore zootecnico, frutticolo, viticolo e ortoflorovivaistico. L'istruzione tecnica (Ita) si occupa di formare i futuri tecnici in tre ambiti distinti: produzioni e trasformazioni, gestione dell’ambiente e del territorio e viticoltura ed enologia. Ricca anche l’offerta formativa post-diploma organizzata da un dipartimento dedicato che permette di ampliare le possibilità di specializzazione in percorsi terziari non accademici come il sesto anno enotecnico e corsi Its. Dall’anno accademico 2017-18 l’Università di Trento, in convenzione con la Fondazione Edmund Mach, ha istituito il Centro Agricoltura Alimenti Ambiente (C3A) sede del corso di laurea in Viticoltura ed Enologia».
Fare l’imprenditore agricolo oggi presuppone una formazione a 360 gradi, sul piano tecnico, organizzativo ma anche sul piano economico. L’istituto agrario offre strumenti efficaci a chi vuole affrontare questa sfida?
«La velocità con cui si muovono la società e l’economia impongono una sempre maggior flessibilità nell’adeguare la didattica e le competenze delle figure professionali alle nuove esigenze del mercato. A fronte di queste complesse dinamiche, l’istituto ha sviluppato ottime capacità di adattamento. Da un lato può contare sulla collaborazione con una fitta rete di aziende dalle quali cogliere le esigenze in termini di personale formato e competenze richieste. Infatti, le opportunità di stage sono un eccellente strumento per coniugare teoria e pratica, per specializzare gli studenti ma anche per capire come stiamo lavorando. Dall’altro lato, una parte importante della didattica si sviluppa con il coinvolgimento di tecnici ed esperti che portano in aula argomenti sempre aggiornati, contribuendo ad adattare in modo flessibile l’offerta didattica. È comunque fondamentale che la scuola lavori sulla crescita dello studente puntando sul raggiungimento delle competenze trasversali e delle competenze tecniche. L’obiettivo è che lo studente acquisisca una propria autonomia e sono convinto che il nostro istituto riesca a curare bene questi aspetti, garantendo ad ognuno un solido bagaglio formativo, utile ad affrontare le sfide del futuro».
Fin dagli inizi degli anni ’60 del secolo scorso San Michele si è distinto nella formazione permanente dei giovani che scelgono di fare gli imprenditori agricoli. Ora questa offerta è organizzata in un corso biennale di 600 ore, quanti giovani sono stati formati in questi anni? Quali le prospettive future?
«Si tratta di un percorso ben consolidato, rivolto a persone tra 18 e 40 anni d’età che intendono creare un’attività, ottenendo il premio di primo insediamento in azienda agricola, ma che non sono in possesso di un titolo riconosciuto. Gli obiettivi del corso, gestito da un team di esperti estremamente valido, sono quelli di garantire l’acquisizione di una serie di competenze mirate alla corretta gestione di un’azienda agricola. Il corso biennale consente di ottenere un brevetto professionale di imprenditore agricolo, ad oggi ha coinvolto negli anni circa 2.500 giovani e ben l’85% dei corsisti ha poi concretizzato il proprio progetto aziendale».
Una caratteristica di questa scuola è quella di eccellere in molti concorsi a livello nazionale ma anche internazionale. Quali sono i segreti di questo successo?
Per centocinquant'anni l’istituto agrario è stato elemento essenziale nello sviluppo dell’agricoltura trentina. Questo lungo percorso di crescita in sinergia con il territorio ha permesso di sviluppare un legame forte ed autentico fra il mondo agricolo e la scuola. Credo che questo sia il primo dei “segreti” alla base dell’eccellenza del nostro centro. La straordinaria ricchezza del know how presente all’interno della Fondazione è sicuramente un altro punto di forza: la scuola spesso coinvolge tecnici e ricercatori del centro di ricerca o del centro di trasferimento tecnologico valorizzando l’enorme potenziale d’interazione tra i diversi centri di Fem. A solo titolo di esempio, gli studenti del corso enologico seguono tutta la filiera, dalla barbatella alla bottiglia, e possono quindi comprendere per esperienza diretta la complessità, le problematiche e l’importanza di ognuna delle fasi che portano al prodotto finito. Ritengo che la nostra scuola porti con sé un'eredità ed una responsabilità rispetto al proprio ruolo formativo che sono profondamente sentite dal personale. Questo spirito crea un’identità ed un legame all’istituzione che considero un valore aggiunto: vuol dire riconoscersi appieno nei valori di impegno, concretezza, attenzione al territorio e capacità di inclusione che sono le radici del nostro storico istituto».