
Le zone umide rappresentano ecosistemi di straordinaria importanza, tuttavia, in un contesto di cambiamenti climatici e crescente pressione antropica, questi ambienti delicati sono sempre più minacciati, in particolare dal fenomeno dell’intrusione salina, ossia la risalita di acqua salmastra nei corpi idrici superficiali e sotterranei, che compromette la qualità delle acque dolci e la fertilità dei suoli circostanti.
Attualmente, la degradazione della qualità chimica dell’acqua di falda è uno dei principali fattori limitanti per l’agricoltura delle zone costiere, che in molti casi ha dovuto orientarsi verso colture di minor pregio o più resistenti alla salinità; nelle aree più compromesse si è arrivati persino all’abbandono delle attività agricole. Affrontare questa sfida significa comprendere le dinamiche complesse che regolano l’interazione tra acqua dolce e salata e adottare strategie di gestione innovative.
In tale contesto, il mondo dei Consorzi di bonifica ha definito da tempo, nuovi approcci multidisciplinari per la gestione della risorsa idrica a fini irrigui, ripensando la cura del territorio alla luce delle mutate condizioni climatiche. All’impegno costante per l’approvvigionamento e l’utilizzazione dell’acqua in agricoltura si affianca la necessità di proteggere e salvaguardare il patrimonio ambientale, paesaggistico e di biodiversità dei territori, con una particolare attenzione alle aree umide, oggi più che mai essenziali per la resilienza dei sistemi agricoli e naturali.
In questo articolo, esploreremo alcune delle soluzioni e degli interventi adottati dai Consorzi di bonifica per la tutela di queste aree, analizzando casi emblematici in Toscana, Emilia-Romagna e Lazio.

Cuneo salino nel litorale romano
Anche nei territori costieri di Ostia, Palidoro, Santa Severa, Maccarese e Cerveteri, oltre 16.000 ettari complessivi, si sta riscontrando la crescente intrusione del cuneo salino. Tale fenomeno potrebbe accentuarsi a causa della progressiva riduzione delle portate del fiume Tevere, dell’innalzamento del livello marino e della subsidenza naturale mettendo a rischio le coltivazioni agricole a elevata specializzazione presenti nell’area.
Nel 2024 il Consorzio di Bonifica Litorale Nord ha avviato, con il coordinamento tecnico scientifico del Dipartimento Tesaf dell’Università di Padova, lo studio e monitoraggio delle dinamiche di salinizzazione in atto, adottando un approccio multidisciplinare. L’attività integra diverse metodologie quali: il telerilevamento satellitare, l’analisi di laboratorio, l’utilizzo di sonde multiparametriche, i rilievi in situ tramite tecnologia Tdr (Time Domain Reflectometry), effettuati in circa 20 punti di monitoraggio distribuiti lungo la rete irrigua e nelle aree agricole.
Le simulazioni e i dati raccolti ad oggi indicano che, in condizioni di portata ridotta e temperature elevate, la salinità delle acque potrebbe superare le soglie critiche per l’irrigazione.
Nella stagione estiva 2024, la conducibilità elettrica (EC) ha raggiunto, in alcune zone, valori superiori a 5,5 mS/cm, ben oltre la soglia limite di 2 mS/cm indicata come valore limite dalla Fao per le colture sensibili. Analogamente, i suoli monitorati potrebbero andare incontro ad accumuli salini significativi, con Ec superiori a 3,3 mS/cm e concentrazioni di cloruri e sodio tali da compromettere nel tempo la struttura e la funzionalità biologica del terreno.
Per prevenire l’aggravarsi di tali scenari, il Consorzio ha sviluppato un pacchetto di misure strutturali e gestionali tra cui la barriera antisale mobile, concepita per essere attivata nei periodi più critici in cui si verifica questo fenomeno. Questa struttura temporanea, composta da moduli idraulici removibili, attivabile in modo automatizzato in base ai dati di salinità rilevati in tempo reale, è volta a contrastare la risalita dell’acqua salmastra dalla foce del Tevere verso le aree agricole.
Oltre al monitoraggio del cuneo salino, il Consorzio ha avviato uno studio di fattibilità per la realizzazione di un invaso nel comune di Cerveteri, con una capacità idrica compresa tra 1,8 e 2,6 milioni di metri cubi, il quale, alimentato da acque dolci, potrebbe fornire una riserva strategica per l’irrigazione estiva, riducendo la dipendenza dai prelievi fluviali. Inoltre, è in corso la sperimentazione del riutilizzo delle acque reflue depurate provenienti dal depuratore di Fregene, con un potenziale di oltre 4,7 milioni di metri cubi annui da destinare alla distribuzione irrigua nei mesi più critici.
Tutte queste strategie sono sostenute da una rete di monitoraggio continuo finalizzata alla creazione di modelli previsionali capaci di generare scenari di rischio, supportare le decisioni operative e attivare sistemi di allerta.

La Riserva della Diaccia Botrona
La Diaccia Botrona è una delle aree umide più rilevanti d’Italia (Sito Natura 2000 e zona Ramsar), negli ultimi anni, ingressione marina e minori apporti di acqua dolce hanno reso l’ecosistema più salmastro, con effetti negativi sulla qualità degli habitat e dell’agricoltura circostante.
Per mitigare queste problematiche, recentemente il Consorzio di Bonifica 6 Toscana Sud ha presentato il progetto di miglioramento della circolazione idrica e della qualità delle acque della riserva naturale ottenendo 1,89 milioni di risorse nel programma Fesr 2021-2027 della regione Toscana.
Migliorare la circolazione idrica della riserva permetterà di contrastare la regressione ambientale dell’area e di ridurre la perdita di biodiversità negli habitat dunali che risultano maggiormente minacciati, rendendoli più resilienti e meno vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico.
Grazie a questo progetto si prevede di alimentare nuovamente l’impianto di sollevamento, non più operativo, che preleva le acque dal Torrente Valle; per garantire una corretta circolazione delle acque in tutta la riserva regionale, si prevede inoltre il ripristino di tutte le opere idrauliche presenti.,
Questi interventi consortili, mirati a contrastare l’interrimento dei canali e dei chiari, garantiscono il mantenimento delle aree allagate anche nei periodi siccitosi assicurando una gestione idraulica funzionale alla tutela e alla valorizzazione di un ambiente naturale unico.

L’Oasi di Volta Scirocco del Cer
In località Mandriole, nel comune di Ravenna, cuore del Parco Regionale del Delta del Po, si trova l’Oasi di Volta Scirocco del Consorzio di secondo grado per il Canale Emiliano Romagnolo, un’area umida di circa 30 ettari che rappresenta un modello di gestione naturalistica, fondamentale per contrastare gli effetti del cambiamento climatico, tra cui appunto l’aumento della salinità legata all’intrusione marina dall’Adriatico.
L’Oasi è un mosaico di habitat formatosi in un’ansa del fiume Reno. Qui, l’acqua dolce del fiume si mescola con quella salata delle vicine Valli di Comacchio, creando un ambiente ideale per una ricca biodiversità, incluse alcune specie rare come la testuggine d’acqua dolce. La traversa mobile sul Reno, gestita dal Consorzio di Cer, è cruciale per mantenere idoneo il livello di salinità dell’acqua, garantendo irrigazione e approvvigionamento idrico alla zona sostenendo le colture più sensibili. In questo senso, l’Oasi rappresenta un esempio concreto di come la tutela degli ecosistemi possa tradursi in un vantaggio competitivo per l’intero comparto agricolo locale.
L’Oasi è inoltre un sito di vitale importanza per l’avifauna, trovandosi su una rotta migratoria chiave, e ospita una vasta gamma di specie, dai Tuffetti ai rari Tarabusi, oltre a numerose specie di anatre, limicoli e aironi. La riserva è anche popolata da diversi mammiferi, rettili, anfibi e insetti, rendendola un prezioso baluardo di biodiversità. L’Oasi di Volta Scirocco del Cer è un esempio concreto di come la collaborazione dei Consorzi di bonifica possa salvaguardare ecosistemi vitali e la loro biodiversità di fronte alle sfide dei cambiamenti climatici fornendo un supporto all’agricoltura locale.
In conclusione, consolidare reti di monitoraggio e allerta, integrare infrastrutture flessibili con soluzioni basate sulla natura e rafforzare la collaborazione tra Consorzi di bonifica, Università, Enti di ricerca e Istituzioni rappresentano le leve più efficaci per garantire che le zone umide rimangano serbatoi di acqua, biodiversità e sicurezza. Investire nella tutela di queste aree significa rafforzare la competitività delle filiere agricole, dare stabilità ai redditi aziendali e ridurre i costi legati ai danni da salinità mettendo le comunità agricole delle zone rurali al centro delle strategie di resilienza.
di Antonio Urbano1, Massimo Gargano1, Valeria Ferrarini2, Francesco Cavazza2, Valentina Chiarello4, Sara Bartoletta3, Francesco Decina 3, Caterina Truglia 1, Raffaella Zucaro2
1Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue, 2Consorzio di Bonifica di Secondo Grado per il Canale Emiliano Romagnolo,
3Consorzio di Bonifica Litorale Nord,
4Consorzio di Bonifica, 6 Toscana Sud












