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In questa storia sarebbe
opportuno lasciare da
parte i numeri e parlare
solo del merito. I protagonisti
sono la Corte dei conti
Ue, la Commissione europea
e gli Stati membri. La
prima, da anni e giustamente,
denuncia le distorsioni
del disaccoppiamento (gli
aiuti alle società non agricole,
ferrovie, aeroporti e circoli
sportivi), tanto da convincere
la seconda (la Commissione
Ue) a centrare la
riforma Pac sulla figura dell’
«agricoltore attivo» con
tanto di black list di società
da escludere dai sussidi Ue.
Ma anche il disaccoppiamento
ha le sue eccezioni,
come l’articolo (68, prima
69 e in futuro 38) che consente
di mantenere in casi
specifici i premi legati alla
produzione, a scelta degli
Stati membri. Ma non funziona
neppure questa eccezione
alla regola.
A certificarlo è l’ultima
relazione della Corte di conti
Ue (la relazione speciale
n. 10 del 2013), relativa appunto
al sostegno specifico
previsto dall’articolo 68 del
regolamento sui pagamenti
diretti (n. 73/2009), negli anni
di applicazione 2010 e
2011. In sintesi, misura bocciata.
E all’indomani di un
serrato negoziato che ha visto
gli Stati membri strappare
la possibilità di utilizzare
fino al 15% del proprio massimale
nazionale per gli aiuti
accoppiati a determinati
settori in difficoltà (leggi zootecnia
intensiva penalizzata
dal processo di convergenza).
Secondo la Corte, che ha
preso in esame nella sua attività
di audit l’attuazione della
misura in quattro paesi
(tra cui l’Italia, insieme a
Francia, Spagna e Grecia)
dei 24 che hanno deciso di
attivare l’opzione, «mancano
prove sufficienti per dimostrare
che le misure introdotte
ai sensi dell’articolo
68 siano necessarie o pertinenti
».
Tra le carenze riscontrate
dai magistrati contabili, oltre
allo «scarso controllo»
della Commissione e all’«
ampio margine di discrezionalità
degli Stati membri»,
vale la pena evidenziare «le
debolezze nei sistemi amministrativi
e di controllo predisposti
per garantire che le
misure esistenti fossero attuate
correttamente. Queste
debolezze sono state talvolta
accertate anche in presenza
di carichi di gestione e di
controllo già pesanti, ma
che potrebbe essere necessario
aumentare ulteriormente
per assicurare il rispetto della
normativa».
La relazione si conclude
come sempre con una serie
di raccomandazioni formulate
dalla Corte. Tra queste
spicca la richiesta di maggiore
severità nella gestione
di misure analoghe all’articolo
68. Secondo la Corte
«per concedere sostegno
specifico per talune attività
agricole bisognerebbe basarsi
su un’interpretazione restrittiva
delle disposizioni
di cui all’articolo 68, e su
un’adeguata giustificazione
alla Commissione; quest’ultima
dovrebbe inoltre poter
controllare efficacemente le
misure così attivate». Inoltre
«la Commissione dovrebbe
svolgere un ruolo
più attivo nella definizione
dei criteri che regolano l’attuazione
delle misure», mentre
«gli Stati membri dovrebbero
avere l’obbligo di
dimostrare che ogni misura
di sostegno specifico che intendono
introdurre è necessaria,
pertinente e soddisfa i
criteri della sana gestione
finanziaria».