L’agricoltura rigenerativa può essere il futuro del settore primario? La risposta è certamente sì. Ed è scaturita nel corso del convegno organizzato a Roma dalla Accademia Nazionale delle Scienze dei XL (Quaranta) in collaborazione con l’Accademia dei Georgofili. Il perché è stato spiegato nel corso del convegno dai relatori, assieme a cosa si intende per "agricoltura rigenerativa", un'espressione per la quale non esiste una definizione univoca e precisa.
Una definizione possibile
La definizione più intuitiva l’ha spiegata Amedeo Reyneri Di Lagnasco della Facoltà di Agraria dell’Università di Torino: «Riguarda il ripristino della fertilità del suolo, favorendo la presenza della fauna microbica e non solo. Deve essere anche in grado di migliorare gli aspetti produttivi, avvalendosi di moderne tecniche agronomiche e tecnologie innovative».
Evitando, va aggiunto, di porre divieti, ma guardando al conseguimento di obiettivi concreti: incrementi produttivi, salvaguardia del terreno agrario e sostenibilità. Detto in questi termini potrebbe sembrare una banalità, ma non è così.
Nuovi input dagli Usa
Dario Frisio della Facoltà di agraria dell’Università di Milano ha rilevato: «Nell’Ottocento le produzioni agricole sono aumentate perché è cresciuta la superficie coltivata; nel Novecento sono state implementate per il maggiore sfruttamento del terreno. Poi è cominciato il degrado. Ora, dagli Usa stanno arrivando input importanti per invertire la tendenza, con l’introduzione di nuovi concetti come il Tfp (Total Factor Productivity) o il modello detto Frontiera delle Possibilità Produttive». Sistemi sui quali sono interessate a investire molte aziende, piccole e grandi, dell’agroalimentare. Anche se «oggi è troppo presto per trarre delle conclusioni di tipo economico - ha sempre rimarcato Frisio -. Ma se le ditte private stanno finanziando queste iniziative, è perché intravedono l’interesse dei consumatori e quindi spazi di crescita e di business».
Persi 3,3 milioni di ettari in 40 anni
Interessanti pure alcuni dati forniti da Luigi Sartori dell'Università di Padova: «Negli ultimi 40 anni - ha ricordato - si sono persi alla produzione 3,3 milioni di ettari, una superficie pari alla Lombardia e all’Umbria. Non solo per l'erosione del suolo, la perdita di carbonio e la mancanza di sostanza organica, ma anche per la compattazione, la desertificazione e il degrado del terreno. L’agricoltura rigenerativa potrebbe essere una cura: sfrutta i processi agricoli che ci sono in natura».
L'importanza della zootecnia e dell'agroforestazione
L’agricoltura conservativa può quindi essere una base di partenza, a cui aggiungere l’integrazione con la zootecnia e l’agroforestazione. «Oggi - ha proseguito Sartori - le lavorazioni ridotte hanno raggiunto le stesse produzioni di quelle convenzionali, ma con costi contenuti del 10%. La non lavorazione ha costi molto inferiori: del 25%, a fronte di rese buone se ben gestita. E molto risparmio di gasolio, con meno emissioni di CO2. Con la corretta gestione dei residui colturali si limita l’erosione, così come con le cover crop si migliora la gestione del carbonio. Le concimazioni organiche sono la prima inclusione che riguarda il settore zootecnico: esse riducono l’uso di fertilizzanti di sintesi e aumentano la biodiversità. Ma comportano maggiori emissioni».
Due priorità
Amedeo Reyneri ha quindi rimarcato: «L’agricoltura rigenerativa si basa su due priorità: cambiamento climatico e rigenerazione del suolo. Con la valorizzazione dei reflui e del carbon farming. Occorre migliorare la produttività per usare meno suolo. Le colture più produttive sono quelle che hanno una minore impronta carbonica. Con il carbon farming stiamo trasformando il sistema agricolo. Oggi i crediti di carbonio, su base volontaria, non sono molto valorizzati in termini economici, ma si possono aprire prospettive interessanti. Lo sviluppo, sul piano territoriale, è la formazione di reti di imprese; sul piano politico, il passaggio da un sistema basato sui divieti a uno basato sugli incentivi». Occorre ovviamente pianificare i passaggi in fasi successive; dal piano aziendale a quello, più complesso, di livello comprensoriale e territoriale.
Il ruolo determinante delle Nbt
Nelle prospettive future dell’agricoltura rigenerativa, un ruolo determinate sarà legato alla possibilità di impiego delle Nbt, come ha spiegato Stefania Masci dell’Università di Viterbo, in quanto in grado di ottimizzare le tecniche di miglioramento genetico e di fornire un contributo importante alla sostenibilità ambientale in grado di fornire varietà più resistenti agli eventi climatici estremi e agli attacchi di parassiti, aumentando al contempo la produttività.
I risultati di una sperimentazione
Dopo gli interventi accademici, sono stati presentati i risultati di un ventennio circa di sperimentazione applicata in campo, eseguita in proprio da un agricoltore, Marco Pasti, il quale nella sua azienda ha destinato 12 ettari divisi in parcelle da un ettaro a coltivazioni sperimentali, con diverse colture basate sulla semina su sodo. I risultati sul piano produttivo sono stati buoni, con un miglioramento della sostanza organica nel suolo, e con un controllo delle infestanti anche con le colture di copertura. Ma Pasti ritiene che la tecnica debba essere ancora migliorata, in particolare sul controllo di chiocciole e limacce e anche per qualche problema di allettamento.
Sfide per il futuro
Le conclusioni del convegno sono affidate a Deborah Piovan, imprenditrice agricola e accademica dei Georgofili, la quale nel sintetizzare i punti salienti emersi ha sottolineato l’approccio al tema multidisciplinare e con metodo scientifico, l’unico in grado di fornire certezze e, nel caso, di correggere se stesso. L’ agricoltura rigenerativa può dare un contributo importante alla protezione del suolo. Importante è raggiungere gli obiettivi produttivi, per i quali occorre adottare tecniche e innovazioni misurabili e quantificabili. Per il futuro occorre valorizzare l’agricoltura in grado di catturare il carbonio e contenere le emissioni. La via è il mercato, che vuole dire trasparenza e sostenibilità del business.