L’approccio agroecologico è molto cresciuto in conoscenze e capacità produttive. L’agricoltura biologica si è sviluppata con un nucleo coerente di elaborazione agronomica di qualità grazie agli studi e alle applicazioni in campo elaborate per decenni dall’agricoltura biodinamica. Proprio la biodinamica è considerata oggi in Nord Europa un’eccellenza produttiva e il mercato internazionale le riserva un posto di primo piano, riconoscendole prezzi e posizioni al vertice. In Italia le censure sulla biodinamica hanno evidenziato più che altro la mancanza di una conoscenza concreta di questo metodo, descritto in modo fantasioso e lesivo. È dunque necessario divulgarne gli esatti termini, aumentare gli studi rigorosi e la formazione, che sono buon presidio del mondo agricolo contro il pregiudizio. L’avvio del Comitato permanente per la ricerca in agricoltura biologica e biodinamica, istituito lo scorso anno in Italia dal Mipaaf, è un punto di partenza per questa prospettiva. È ora però inderogabile l’istituzione del tavolo interministeriale Mipaaf-Miur per l’avvio di sperimentazioni di corsi in biologico e biodinamico in almeno due atenei italiani, così come previsto dal Piano Strategico Nazionale per la bioagricoltura. Ogni ritardo causerà danni gravi a un settore in crescita.
Una pratica normata
L’agricoltura biodinamica è, del resto, interna ai regolamenti europei che normano l’agricoltura biologica e la legge sul bio approvata alla Camera la equipara a questa. I “preparati biodinamici” sono un mezzo tecnico dell’agricoltura biologica, più largamente usato dalle aziende non biodinamiche. Serve quindi l’azione congiunta di ricercatori, docenti, professionisti e agricoltori per uno sviluppo di conoscenze prezioso. Se si vuole avere una corretta valutazione dell’agricoltura biodinamica, occorre innanzitutto conoscere le sue aziende agricole, il loro metodo, le loro produzioni, come ha fatto di recente il Crea Produzioni industriali, compiendo un’analisi agronomica delle aziende biodinamiche italiane, diverse per dimensioni e vocazioni produttive, evidenziandone il valore e sfatando alcuni falsi miti.
L’agricoltura biodinamica non è solo una tecnica, pur racchiudendone in sé diverse: è un metodo agricolo, con un approccio conoscitivo e operativo, che richiede una seria professionalità e presupposti di pensiero ben chiari. I sistemi, le pratiche, i mezzi tipici, che pure costituiscono parte caratterizzante del metodo agricolo biodinamico, sono le applicazioni e i primi effetti pratici di un processo di conoscenza scientifica, sulle basi epistemologiche innovative enunciate nel testo Filosofia della Libertà (Rudolf Steiner, 1894).
Azienda a ciclo chiuso
L’azienda a base della biodinamica è l’organismo agroecologico a ciclo chiuso, fondato su un principio organizzatore nuovo, che mette al centro le aspirazioni aziendali e la grande cooperazione degli esseri viventi nella biodiversità. Coltivare è applicare comunque una tecnologia di produzione, capitalizzazione e di riequilibrio. La biodinamica mira al rispetto di queste tre funzioni. L’agricoltore consapevole diviene il modello stesso su cui formare un’azienda con un’identità originale, a partire dal suolo. Gli elementi di forza di una realtà agricola biodinamica sono le sane idee che portano un ambiente in equilibrio, un organismo agricolo ben conformato nei suoi confini e nelle sue forme, sani organi interni all’organismo agricolo adatti a svolgere le funzioni chiave, equilibri tra gli organi e i ritmi ben articolati della vita e la cura profusa nei confronti del vivente. I processi e le forze complesse e sottili che agiscono sul vivente si presentano a volte come fenomeni non determinabili, non soggetti a peso e misura, ma devono essere ugualmente conosciuti con metodo scientifico e gestiti dall’agricoltore che voglia fare qualità.
L’approccio agroecologico porta a concepire le operazioni agronomiche nel loro insieme. In biodinamica, per esempio, non si nutre la pianta, ma si rende fertile il terreno, da cui la pianta sarà nutrita. Non volendo ricorrere a tanti dei presidi dell’agricoltura industriale, si evita di dover curare i vegetali o gli animali, operando a monte, con un’agronomia rigorosa, perché nell’azienda agricola a ciclo chiuso si stabilisca l’equilibrio della salutogenesi. La biodinamica non solo preserva la fertilità, ma la incrementa in quantità e qualità. Con un lavoro accurato è possibile far evolvere le forme dell’humus.
Agroecologia, una disciplina
La formalizzazione dell’agroecologia come disciplina è avvenuta a partire dagli anni Ottanta del Novecento, ma si manifestò con gli strumenti operativi della biodinamica fin dai primi anni Venti del secolo scorso per rispondere sia al problema ambientale, sia al problema sociale dei rapidi cambiamenti in atto nel mondo rurale. Appariva già allora urgente lavorare a un nuovo paradigma scientifico, pensare a una nuova socialità e a un processo agronomico che le fosse armonicamente coerente, lontano dalla visione riduzionista e materialista del mondo. Per questo fu determinante il ruolo di Rudolf Steiner (1861-1925), pioniere dell’agroecologia. Steiner aveva prodotto studi su un nuovo assetto sociale e fondato un movimento per la loro attuazione. Da questi studi sorsero diverse attività scientifiche e pratico applicative. Le più note sono quelle in campo medico, pedagogico, architettonico, matematico, naturalistico e nelle arti. Steiner fondò un ospedale e una casa farmaceutica ancora oggi attivi in Svizzera. Il suo movimento propose un sistema pedagogico rivoluzionario, che si è diffuso con migliaia di scuole in tutti i continenti. Con i suoi numerosi collaboratori creò un nuovo stile architettonico, l’architettura organico vivente. Gli edifici che progettò sono ora dichiarati monumento nazionale in Svizzera. Agli studi steineriani si può far risalire la nascita della bioagricoltura, con studi in campo che impegnarono gli ultimi anni della vita di Steiner.
La certificazione Demeter
Dalle prime sperimentazioni di un metodo agricolo ecologico, che avrebbe poi preso il nome di agricoltura biologica-dinamica, sorse il nucleo teorico e tecnico da cui ebbe sviluppo, nel tempo, il grande movimento dell’agricoltura organica, o biologica. In diversi paesi europei il lascito di Steiner si è diffuso e affermato: col diffondersi delle prime aziende biodinamiche, fu concepito un protocollo di coltivazione e avviato, fin dagli anni Venti del Novecento, il marchio Demeter, distintivo dei prodotti biodinamici. Grazie a queste linee guida fu concepito il nucleo normativo, che portò ad adottare in Europa il primo regolamento agroalimentare del biologico, nel 1991. Il marchio Demeter è oggi molto noto in Nord Europa. Si tratta di un marchio di proprietà intellettuale a carattere collettivo. Significa che gli agricoltori biodinamici sono pronti a condividere un patrimonio di credibilità commerciale con chiunque voglia applicare il metodo con rigore e serietà. In Europa le aziende biodinamiche sono sottoposte a tre tipi di controlli: quello pubblico cui sono soggette tutte le aziende agricole e di trasformazione, quello dovuto per legge per le aziende dell’agricoltura biologica e il controllo Demeter, che verifica norme più restrittive del regolamento dell’Unione Europea sull’agricoltura biologica.
La biodinamica in Italia
In Italia l’applicazione dell’agricoltura biodinamica dalla fine degli anni Venti del Novecento e la successiva diffusione nelle varie forme di bioagricoltura, hanno portato a un cambiamento di prospettiva, a un’espansione promettente dei mercati, cui oggi devono contribuire studi attenti e investimenti adeguati in ricerca e formazione, affinché la crescita veda un vero riscatto degli agricoltori dalla grave crisi che li colpisce. Già nel dopoguerra l’aspirazione presente nel dibattito per una riforma agraria, impegnò personalità come Ernesto Rossi, Giulio Einaudi e Adriano Olivetti. Quest’ultimo fortemente influenzato dalle idee steineriane, avviò diverse comunità produttive. Nelle loro idee, pur non precisamente coincidenti, vi era la convinzione che la disponibilità delle terre agli agricoltori, conseguenza di una profonda riforma agraria, dovesse accompagnarsi alla crescita culturale, tecnica e imprenditoriale, senza la quale gli agricoltori si sarebbero affrancati sì dal latifondo, ma sarebbero divenuti preda di processi esterni al mondo agricolo. La scelta che allora intraprese il nostro Paese non seguì queste premesse.
Forse è solo oggi, anche grazie all’affermazione della bioagricoltura ad opera di una generazione di agricoltori innovatori e preparati, che diviene possibile compiere la riforma agraria delle competenze immaginata allora e ridare centralità all’agricoltura, perché sia motrice e non vittima del processo produttivo. Studiare, ricercare e coltivare anche con la biodinamica, contribuirà a questo processo.