Biologico: dopo il lockdown, tendenza al “raffreddamento”

Il 2020 si è chiuso col segno più, ma dal 2021 la situazione si è complicata

Bisogna tener d’occhio il Piano d’azione e vigilare sulla proposta Ue di etichettatura di sostenibilità. Il 2030, entro il quale il 25% della Sau dovrà essere bio, è alle porte. La variegata situazione europea e la prospettiva dell'introduzione dell'etichettatura Planet Score

Nonostante da più parti se ne intonasse il de profundis (“Prodotti troppo cari per un consumatore con minor reddito disponibile”), il settore biologico aveva attraversato indenne la crisi finanziaria esplosa nel 2007-2008.

Anzi, da allora l’incremento delle vendite aveva iniziato la cavalcata a doppia cifra, culminata in Italia con il +18,5% nel 2015 e il +19% nel 2016.

Nemmeno il primo lockdown 2020 aveva intaccato la tendenza. Al contrario i tre effetti “stock”, “prevenzione e salute” e “resto a casa” hanno fatto segnare al bio un +19,6% il primo trimestre 2020 nella Gdo italiana, con picchi del +44,8% per i surgelati, del +32,4% per la carne e del +24,8% per l’ortofrutta. Tendenza brillante anche nel canale specializzato ed e-commerce in gran spolvero, anche se a fronte dello stop alla ristorazione e alle vendite dirette.

La tendenza positiva è andata via via raffreddandosi col passare dei mesi. Trainato da un primo semestre molto positivo, il 2020 si è chiuso ovunque con il segno più, ma dal 2021 la situazione si è fatta più articolata.

Articolo tratto da Terra e Vita 21

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Italia, il prodotto non si vende da sè.
Troppi valori ancora da capitalizzare

Il quadro complessivo italiano del biologico chiama a riflessioni. I segnali di rallentamento si sono cominciati a vedere a fine 2019. La forte rivitalizzazione delle vendite legata all’emergenza sanitaria (effetto dispensa, moda del pane fatto in casa, aumento dei consumi domestici, ricerca di prodotti salutistici) dei primi mesi del 2020 ha tratto in inganno, proponendo un ritorno allo sviluppo degli anni d’oro che non ha trovato conferma nei mesi successivi.

I fattori? Al di là della cronica disorganizzazione delle filiere e di un deficit di rappresentanza, il settore non ha saputo capitalizzare i propri valori, quasi che il prodotto si vendesse da solo, senza tener in debito conto fenomeni come l’inflazione e il diffuso calo di potere d’acquisto, che rendono attraenti alternative più economiche quali i prodotti integrati, a residuo zero, a km zero, i diversi marchi di qualità (HVE Haute valeur environnementale, Label Rouge) e la letterale esplosione di vanti di sostenibilità che sconfinano nel greenwashing.

Bisognerà presidiare attentamente il Piano d’azione nazionale, vigilare sull’integrità della proposta Ue di etichettatura di sostenibilità e metter mano a strategie: il 2030, entro il quale il 25% della Sau dovrà essere biologico, è alle porte.

La Cia, il cui presidente nazionale Cristiano Fini e il vicepresidente Matteo Bartolini sono produttori biologici, come Federico Marchini membro del gruppo di lavoro Copa Cogeca sul bio, batterà un colpo?


Spagna e Svizzera

In Spagna, maggior competitor delle produzioni italiane, gli acquisti domestici 2020 hanno superato i 2,5 miliardi (+6,1%, il 2,8% della spesa alimentare), cui si aggiunge un export valutato dalla Federación de Industrias de la Alimentación y Bebidas in 2,75 miliardi (+17%), costituito da ortaggi (25%), agrumi (19%), frutta (11%), olio d’oliva (15%), vino (7%), cereali e derivati ​​(6%) e conserve vegetali (6%). Il trend moderatamente positivo è proseguitoanche nel 2021.

Secondo Iri le vendite sono aumentate del 3,7%, con canale principale la gdo (48% di quota), assortimenti in ampiamento, migliori performance per i surgelati, la cui domanda è cresciuta del 54,4%, seguiti dall’ortofrutta con il 13,8% e dalla salumeria con il 6%.

I dati BioSuisse mostrano che in Svizzera il 2021 si è chiuso scollinando per la prima volta quota 4 miliardi di franchi, con una spesa annua pro capite superiore ai 450 euro, ma con una crescita di poco inferiore al 4%, contro il +19,1% registrato nel 2020.

Nella confederazione è bio il 10,9% della spesa alimentare, ma vale il 29,2% per le uova, il 26,3% per il pane e il 23,8% per gli ortaggi, influenzati nel 2021 dal cattivo tempo estivo. In crescita le performance dei discount.

Una Lidl più brillante della media ha registrato un +20% su un 2020 già positivo e sta continuando ad ampliare la gamma, costituita già da un assortimento di 300 referenze, con un centinaio aggiuntivo in occasione delle quattro settimane promozionali biologiche annuali.

Austria e Svezia

Analoga, secondo i dati del panel RollAma, la quota di mercato in Austria. Il bio è arrivato a pesare l’11% della spesa alimentare, con il record di 800 milioni di acquisti domestici, con latte (30% di quota) e uova (25%) oltre la media, sotto la quale è invece la carne (6%).

Gli scricchiolii si cominciano ad avvertire in Svezia, dove i 34,2 miliardi di corone (3,2 miliardi di euro) di spesa bio valgono l’8,9% del mercato alimentare, ma segnano un -0,5% rispetto a un 2020 che aveva visto una timida crescita del 3,5%.

L’andamento positivo delle vendite dirette dei produttori e del monopolio Systembolaget (che da solo pesa per il 22% del mercato e con 81 milioni di litri di bevande ha aumentato le vendite del 6%) non è sufficiente a bilanciare le perdite del 5.4% nel retail.

Pochi i negozi specializzati, il peso del biologico nell’offerta delle maggiori catene distributive è nettamente superiore a quello che si registra in Italia.

Per Gfk l’assortimento di ortofrutta biologica in Coop nel 2021 è stato del 22,2%, seguono Axfoods con il 16,7%, Ica con il 16,6%, Bergendahls con il 16,3% e Lidl con l’11,6%. Se il 68% delle banane acquistate dagli svedesi è biologico, la quota si riduce per gli altri prodotti (patate 11%, mele 8%).

In calo del 5,9% le vendite di uova e dell’8% quelle dei lattiero-caseari, in tendenza negativa dal 2018, in parallelo al successo delle bevande sostitutive a base vegetale (se è nato in Svezia il colosso lattiero caseario Arla Foods, leader anche nel settore biologico, ha sede a Malmö lo specialista dei non dairy drink Oatly Group, che ha incrementato il fatturato di un inaspettato 52,6%).

Germania e Francia

Gli scricchiolii della Svezia diventano crepe in Germania, maggior cliente degli esportatori italiani. Dopo un 2020 in crescita record del 22,3 % (14,99 miliardi, il 6,4% della spesa alimentare, il 60% in Gdo e il 24,7% nel canale del retail specializzato, il più efficiente d’Europa) nel corso di un 2021 pur chiuso con un +5,8% a 15,9 miliardi, le vendite hanno cominciato a rallentare pesantemente, per entrare in fase negativa dall’estate.

Per Dennree, grossista e dettagliante con 350 supermercati biologici di proprietà e 150 affiliati BioMärkte la crescita 2021 è stata inferiore a quella media: 1,47 miliardi, +1,4% (contro il +24% del pandemico 2020), seguita da una distribuzione di premi per 10 milioni ai 7.700 collaboratori.

Dopo un 2021 in chiaroscuro, nel 2022 il barometro delle vendite curato dalla rivista specializzata BioHandel registra un pesante -13,4% per il primo trimestre, che coinvolge ora anche Dennree e il follower Alnatura (fatturato 2021 di 1,15 miliardi).

Nubi anche sulla Francia, altro importante mercato per il bio italiano. Qui Agence Bio registra vendite 2021 in calo dell’1,4% a 12,7 miliardi. Dato il calo generale dei consumi, la quota bio sul mercato alimentare resta comunque stabile, dal 6,57% del 2020 passa al 6,63% del 2021.

Molte le categorie con segno negativo, e tutte importanti: frutta -5%, ortaggi -2%, latte da bere -5%, lattiero caseari -5%, uova -4%, salumeria -7%, carni bovine e suine -3%, drogheria -2%. In sostanza, andamento positivo solo per i vini (+9%) e per sidro e birra (+19%), il cui peso non basta però a risollevare il comparto.

Il calo riguarda soprattutto la Gdo (-3,9%, 250 milioni secchi in meno), in cui si concentra circa il 50% delle vendite di biologico, ma tocca anche il canale specializzato (Biocoop, Bio ‘C bon, La Vie Claire…) in rosso dell’1,8%, che aumenta tra i retailer indipendenti. Secondo le valutazioni di Agence Bio i consumi si sono in parte spostati sulla vendita diretta dei produttori (+7,9%), ma si tratta di stime di non agevole verifica.

Quel che è certo è che secondo IRI nel primo trimestre 2021 il trend non si è invertito, facendo segnare un ulteriore -6,6%, non bilanciato dal trend positivo della ristorazione fuori casa (la legge Egalim impone un minimo del 20% di prodotti bio nelle mense e i rinnovi contrattuali si adeguano).

tab. 1 Superfici bio nel mondo (anno 2020)
Ettari Quota sul tot. bio
Africa 2'086'859 2.8%
Asia 6'146'235 8.2%
Europa 17'098'134 22.8%
America latina 9'949'461 13.3%
Nord America 3'744'163 5.0%
Oceania 35'908'876 47.9%
Mondo 74'926'006 100%
Fonte: FiBL survey 2022

Etichettatura di sostenibilità

Entro il 2024 la Commissione presenterà una proposta su quadro per l’etichettatura di sostenibilità dei prodotti alimentari per consentire ai consumatori di compiere scelte sostenibili.

Il Planetscore, proposto dall’Institut de l’agriculture et de l’alimentation biologiques (ITAB) si basa sulla metodologia Lca, ma considera anche fitofarmaci, impatto sul clima e sulla biodiversità, benessere animale.

Il sistema è in fase di test da una quarantina di aziende e catene distributive e ha trovato il gradimento dell’87% dei consumatori intervistati dall’Union Fédérale des Consommateurs.

Biologico: dopo il lockdown, tendenza al “raffreddamento” - Ultima modifica: 2022-07-04T17:18:04+02:00 da K4

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