Come conciliare sostenibilità e qualità del vino nell’era del climate change? Tutto parte dall’attenzione alla gestione del suolo. «La radice è il cervello della pianta e il suolo è l’anima del terroir».
Trent’anni di esperienza nel bio
Ruggero Mazzilli è uno dei principali alfieri della viticoltura biologica, un modo di intendere la gestione del vigneto che negli ultimi anni è diventato la chiave per caratterizzare l’enologia nazionale di qualità.
In oltre 30 anni di attività come consulente tecnico delle principali aziende nazionali, uno dei principali insegnamenti di Mazzilli è l’assoluta convenienza della NON lavorazione dell’interfilare. «Nei terreni lavorati la fertilità biologica è bassa. La mineralizzazione è rapida e l’umificazione è lenta o assente. Con la drastica riduzione della sostanza organica e della vitalità microbica il suolo perde elasticità e struttura».
Una forte espressione territoriale
Le radici risultano infatti più deboli perché manca la simbiosi con i microrganismi che direttamente o indirettamente le aiutano e le proteggono. «Inoltre è più difficile ottenere vini con una forte espressione di territorialità». Mazzilli lo ha scritto anche nel suo “Viticoltura biologica. Tecniche agronomiche e strategie di difesa». Il recente manuale best seller realizzato per i tipi di Edagricole.
Chi si ferma però è perduto: anche in viticoltura biologica l’innovazione e l’evoluzione delle competenze tecniche assumono un ruolo preminente. I cambiamenti climatici in atto stanno infatti determinando effetti importanti sulla fisiologia della vite di cui occorre tenere conto approntando una gestione flessibile del vigneto.
L’impatto degli eventi climatici estremi
L’alternanza di eventi climatici estremi, dall’estrema siccità estiva alle gelate tardo primaverili, mette infatti alla prova le competenze dei viticoltori. Nella sua stazione di sperimentazione Spevis in Toscana Mazzilli ha continuato a sperimentare le tecniche più efficaci e sostenibili anche per far fronte al climate change.
Una soluzione a portata di click
«L’inerbimento – spiega – è un importante strumento enologico di qualità e tipicità, ma va risolto il problema idrico». La competizione del cotico erboso per questa importante risorsa può essere infatti penalizzante in alcune annate.
Dry cover crop è la soluzione messa a punto da Mazzilli per superare questo inconveniente. Scarica il dossier per conoscere la tecnica più efficace per gestire il cotico erboso (spontaneo o seminato) in modo da evitare qualsiasi stress termo-idrico al vigneto.