Con la firma del patto per il biologico, avvenuta pochi giorni fa tra l'assessore regionale all'Agricoltura Mirco Carloni e i rappresentanti regionali di Agci, Coldiretti, Cia, Confagricoltura, Confcooperative, Copagri, Legacoop, Uecoop, Unci e Camera di Commercio Marche, si chiude definitivamente la querelle sul Distretto unico del biologico, fortemente voluto dall'assessorato. Una realtà che a regime costituirà il distretto biologico più grande d'Italia e d'Europa.
Uno strumento chiave per incentivare l'economia locale secondo Carloni, un alleato essenziale per l'equilibrio del processo alimentare e di conseguenza per la salute, un modello socio-economico del tutto nuovo. Da giovedì 15 aprile sono aperte le adesioni e quindi gli operatori biologici possono manifestare il proprio interesse a partecipare al distretto biologico regionale attraverso la piattaforma Siar - sezione Bandi pubblici.
Fari puntati sui vini biologici
Un percorso di cui farà parte anche la produzione vinicola bio. «Le Marche vogliono essere identificate come l'avamposto italiano del biologico e i suoi vini hanno bisogno di strumenti strategici per continuare a crescere e ad assecondare un mercato in forte espansione – ha detto Carloni –. Attivare una banca dati nazionale su produzione e vendita dei vini biologici è una scelta strategica per far crescere una pratica a forte valore aggiunto che va nella direzione auspicata dalla Regione. Sottoporrò l'istanza al ministero delle Politiche agricole certo che il ministro, Stefano Patuanelli, e il sottosegretario con delega al Vino, Gian Marco Centinaio, ne comprenderanno il valore strategico – auspica l'assessore –. La scorsa settimana abbiamo siglato il Patto per il distretto unico del biologico e il vino dovrà certamente essere un protagonista nella partita che giocheremo in favore dell'agroalimentare marchigiano».