Oltre 90 partecipanti, 27 Paesi rappresentati, 25 progetti e moltissime idee: sono alcuni numeri del workshop europeo tenutosi lo scorso 14 e 15 marzo a Bologna, organizzato con il contributo della Commissione europea e il supporto della Direzione generale dell’agricoltura e sviluppo rurale (Dg Agri).
Coinvolgimento territoriale e professionale
Non solo rappresentanza a livello territoriale ma anche a livello professionale: ricercatori, decisori politici, consulenti e tecnici aziendali, organizzazioni non governative, agricoltori si sono incontrati tutti insieme per discutere del futuro agroalimentare dell’Ue e cercare di trovare soluzioni o approcci nuovi da portare al tavolo della Commissione.
Sicuramente un buon punto di partenza, perché la diversità di rappresentanza territoriale e professionale dei diversi stakeholder nell’Unione rappresentano il vero valore aggiunto per potere far emergere criticità, bisogni, necessità e opportunità.
Sicurezza alimentare e adattamento
Il workshop dal titolo “Enhancing food security under changing weather patterns: farm adaptation” aveva come obiettivo affrontare il tema di garantire la sicurezza alimentare in Europa nonostante i fenomeni sempre più evidenti e impattanti del cambiamento climatico.
L’argomento è di assoluta attualità e interessa tutto il territorio dell’Unione Europea, sebbene con apprezzabili differenze tra uno stato membro e l’altro.
Cosa ci aspetta
Siccità prolungata e precipitazioni mal distribuite, desertificazione, sbalzi termici improvvisi, gelate tardive, trombe d’aria, ondate di calore, piogge acide, cicloni, ecc. peraltro sempre più frequenti negli ultimi anni, sono solo alcune delle più note manifestazioni di un cambiamento climatico in atto, sempre più evidente ed estremo.
È da subito parso indispensabile, quanto imprescindibile per tutti, uno sforzo di intenti comune a livello europeo che si dovrà concretizzare in tempi brevi. Questo perché gli effetti dei cambiamenti climatici non si fermeranno, anzi sono destinati a proseguire (e probabilmente a peggiorare), ben consapevoli che affronteremo anni e stagioni ancora più difficili rispetto a quelle appena vissute.
La cornice europea
Quando discusso e condiviso non può che trovare soluzioni in un percorso e in un approccio di impronta certamente europea con misure, sussidi e interventi differenziati nei diversi Stati membri, ovvero nelle diverse regioni/fasce climatiche d’Europa.
Nonostante l’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici in vigore dal 4 novembre 2016, che ha stabilito, tra i diversi obiettivi, il contenimento dell’aumento della temperatura media mondiale entro i 2 °C (rispetto ai livelli preindustriali), la strada appare tutt’altro che tracciata; diversi passi sono stati fatti ma ancora molto resta ancora da fare.
Nel 2019, a livello europeo, la Commissione ha posto delle forti basi (in primis il ben noto Green New Deal) per contrastare il cambiamento climatico in atto e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
Impatti negativi nel sud Europa
Il quadro presentato durante il workshop dai diversi relatori, alla luce dei dati disponibili attualmente e dalle proiezioni dei prossimi decenni, è tutt’altro che confortante. La previsione degli esperti è quella di un continuo peggioramento delle condizioni attuali anche dopo il 2050, con situazioni estremamente critiche, ossia irreversibili, verso la fine di questo stesso secolo.
Gli impatti principali si verificheranno in primis nei paesi del sud Europa, tra cui l’Italia, dove le stagioni siccitose saranno sempre più frequenti, prolungate, intense e critiche (non solamente durante il periodo primaverile estivo ma anche autunno-invernale) con lunghi periodi di assenza di precipitazioni e quindi l’impossibilità di creare riserve della risorsa idrica in inverno per affrontare le sfide durante la stagione estiva.
Siccità, la nuova normalità nel 2040
Secondo Martin Claverie, ricercatore dell’European Commission Joint Research Centre (Jrc-Ispra) «La produzione alimentare globale è e sarà altamente vulnerabile nei prossimi decenni. La disponibilità della risorsa idrica è un elemento di estrema criticità per tutto il territorio dell’Unione. Ad oggi abbiamo già assistito a due gravi eventi di siccità in Europa, nel 2018 e nel 2022; questi potranno diventare la nuova normalità nel 2040.
Se questa tendenza fosse confermata – prosegue Claverie – la produzione di colture agrarie, specialmente quelle ad alto dispendio di risorse idriche, potrebbe diventare irrealizzabile entro il 2050. Inoltre, stiamo assistendo a un continuo cambiamento delle zone agroclimatiche, con implicazione diretta sulla reale fattibilità di coltivare alcune specie (orticole e frutticole, in primis). Ad oggi, monitorare la resilienza della produzione agricola evidenzia l'importanza di procedere con la diversificazione colturale nel mercato comune europeo, tuttavia non possiamo contare su questo meccanismo di compensazione per il futuro».
Mais, perdite fino al 25%
A tal proposito, il Jrc ha sviluppato un modello cross-settoriale (denominato Peseta 4) per la valutazione del rischio climatico. «Senza adattamento, i cambiamenti climatici ridurranno notevolmente, ad esempio, le rese di mais e frumento nell’Europa meridionale (con perdite fino al 25% per il mais) e, in misura minore, di mais da granella in Nord Europa. Il cambiamento climatico potrebbe limitare ancora di più l'acqua disponibile per l'irrigazione, rendendo di fatto impossibile la produzione di alcune colture nell'Europa meridionale».
Secondo Irene Bonvissuto (European Commission DG Climate Action) «Bisogna intervenire sul miglioramento delle strategie adottate e dei piani di adattamento attraverso la promozione della resilienza locale, specifica e appropriata, l’integrazione della resilienza climatica all’interno dei quadri di sostegno economico dell’Unione europea e mediante la promozione di soluzioni basate sulla conservazione e tutela della natura – anche con l’ausilio dell’ingegneria naturalistica – per favorire l’adattamento».
Soluzioni nature-based e high-tech
L’approccio europeo deve basarsi certamente sulla conoscenza, sull’implementazione di soluzioni sia “nature based” sia anche “high-tech”. Ad esempio, tra le diverse soluzioni evidenziate per l’adattamento alla siccità si annoverano:
- il (ri)utilizzo sostenibile dell'acqua, la gestione del suolo e il mantenimento della copertura vegetale – inerbimento ma anche mulching – tutte le volte che è possibile;
- l’impiego di colture resistenti alla siccità, la promozione del vertical farming, il ripristino delle aree degradate, garantendo altresì una corretta pianificazione territoriale;
- la promozione e l’adozione di tecniche di agricoltura di precisione;
- la gestione e il ripristino degli ecosistemi naturali (e agrari) per assicurarsi tutti i benefici di un ecosistema vitale e funzionante (sevizi ecosistemici);
- l’attivazione di pacchetti assicurativi che possano tutelare gli imprenditori agricoli contro le calamità naturali;
- la piena applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute sul lavoro per proteggere anche le maestranze dagli impatti dei cambiamenti climatici e favorire il miglioramento delle condizioni di lavoro e il benessere;
- il sostegno di soluzioni a rapida risposta (a tutela anche dei piccoli agricoltori);
- il rafforzamento della ricerca scientifica per proteggere il potenziale delle risorse genetiche e sviluppare nuove varietà mediante il genome editing (Tecniche evoluzione assistita, Tea);
- l’aiuto a garantire un uso sostenibile dell’acqua, attraverso la gestione dei confini, l’efficientamento dei piani idrici locali, l’utilizzo di tecniche irrigue sempre a più alta efficienza (risparmio idrico) e la raccolta della medesima, durante le precipitazioni, in bacini e invasi artificiali o naturalizzati;
- l’inserimento dei rischi del cambiamento climatico nelle valutazioni del rischio idrico.
Il ruolo della Pac 2023-2027
Quanto menzionato poi, sta avendo anche ricadute dirette e indirette sulle nuove azioni e misure promosse dalla nuova Pac 2023-2027. Non solo l’acqua, ma anche il contrasto all’inquinamento (con emissioni non controllate di CO2 e di altri gas climalteranti) è al centro delle politiche comunitarie.
In particolare, i piani di gestione della nuova programmazione agroalimentare europea incentiveranno i gestori del territorio (in primis gli imprenditori agricoli) a immagazzinare il carbonio nel suolo e la biomassa attraverso pratiche di gestione appropriate, con diretti benefici per le colture.
Gli attuali standard di base della Pac (condizionalità) proteggono i suoli dall'erosione, garantiscono un livello minimo di biodiversità in azienda, con benefici per l’adattamento.
Il nuovo requisito rafforzato di mantenere aree e caratteristiche non produttive su almeno il 4% di terreni agricoli arabili favorirà anche la rimozione del carbonio e fornirà elementi per l’adattamento (es. protezione da vento forte e ondate di caldo, riparo per animali ed entomofauna utile).
Questo può essere effettuato principalmente mediante:
- gli investimenti “non produttivi”, che promuovono alti livelli di protezione ambientale, riducono gli impatti e i rischi;
- la promozione e la valorizzazione dei servizi di consulenza, l’approccio partecipativo con il coinvolgimento dei diversi portatori d'interesse, l’impiego di strumenti di gestione aziendale, ecc;
- la promozione e l’impiego di soluzioni innovative e tecnologiche a supporto.
Un progetto italiano
A seguire, tra i diversi progetti presentati, uno che ha come capofila l’Italia: il progetto Life Ada (Adaptation in agriculture - www.lifeada.eu), finanziato dall’Unione Europea (Life19 Cca/It/001257).
L’obiettivo del progetto è fornire supporto pratico al settore agroalimentare al fine di rafforzare le competenze degli agricoltori per affrontare e resistere al cambiamento climatico.
Con tre filiere coinvolte (lattiero-casearia, vitivinicola, ortofrutticola), quattro regioni interessate (Emilia-Romagna, Veneto, Toscana e Lazio) e oltre seimila agricoltori partecipanti, il progetto Life Ada ha l’ambizione, grazie al contributo di stakeholders pubblici e privati, di impegnarsi per elevare la capacità degli agricoltori di adattarsi al cambiamento climatico tramite:
- conoscenza: trasferimento della conoscenza riguardo possibili scenari di cambiamento climatico assieme alla gestione dei rischi e all’adozione di misure concrete per guidare gli imprenditori agricoli negli attuali e futuri cambiamenti;
- strumenti: costruire strumenti specifici ed efficaci per supportare il processo decisionale mediante l’adozione di strategie adattative lungo tutta la supply chain;
- pianificazione: attraverso la definizione di una strategia tecnico-politico a livello regionale al fine di supportare le scelte e la pianificazione degli agricoltori;
- assicurabilità: attraverso la promozione di un approccio innovativo per gli agenti assicuratori al fine di rafforzare la capacità di mitigare i rischi e garantire maggiori tutele agli agricoltori nel medio lungo termine, nonostante la crescita costante e continuativa dei rischi legati alle produzioni agricole.
Ad oggi il lavoro svolto è molto, ma il progetto Life Ada si è posto obiettivi sempre più sfidanti nel lungo termine: coinvolgere circa 15.000 agricoltori a livello nazionale (oltre 242.000 in prospettiva futura) per 1,2 milioni di forza lavoro coinvolta, per una superficie potenzialmente interessata di oltre 2,6 milioni di ettari.
Approccio partecipato, integrato, lungimirante
In conclusione, l'adattamento ai cambiamenti climatici presenta oggi sfide a livello legale, procedurale, finanziario, tecnico e di mercato di notevole rilevanza, ora e nei prossimi anni.
Alcuni spunti finali di riflessioni sono tuttavia necessari:
- il successo dell'adattamento dipende da un efficace modello di governance con la partecipazione attiva di tutti gli attori del settore;
- si rende quanto mai urgente e indifferibile individuare e condividere congiuntamente soluzioni efficaci nel breve-medio periodo per fare fronte ai cambiamenti a cui andremo incontro, tenendo in debita considerazione le differenze territoriali e le peculiarità di ogni stato membro dell’Unione europea;
- bisogna rafforzare in modo energico il sistema di conoscenza e innovazione in agricoltura (Agricultural knowledge and innovation systems – Akis) lungo tutte le filiere agroalimentari;
- è essenziale eliminare ovvero mitigare tutte le contraddizioni e limitazioni ancora pendenti, bensì orientarsi fortemente nel creare sinergie tra i diversi portatori di interesse (dai produttori sino al legislatore a livello Ue, nessuno escluso).
Gli impegni a cui il settore agroalimentare dovrà far fronte sono estremamente rilevanti, con impatti diretti e indiretti, non solo nel comparto agricolo, ma nella vita di tutti i cittadini Ue.
Solo un approccio integrato, partecipato e lungimirante di respiro europeo potrà realmente aiutarci ad affrontare le innumerevoli sfide che il futuro ci riserva, al fine di contenere gli effetti dei cambiamenti climatici e favorire la resilienza dei sistemi agroalimentari.