Il cibo a disposizione è più che sufficiente per nutrire tutta la popolazione del pianeta ma ciò non si realizza; al contrario aumenta la popolazione che soffre la fame dopo che per dieci anni, avevamo assistito ad un calo continuo delle popolazioni sottonutrite.
La fame nel mondo nel 2016 ha colpito 815 milioni di persone, ovvero l'11% della popolazione globale e a dirlo è il rapporto "The State of Food Security and Nutrition in the World 2017" a cura delle agenzie dell'Onu Fao, Ifad e Wfp, rilevando che i 38 milioni di affamati in più sul 2015 si devono in gran parte alla proliferazione di conflitti violenti e agli shock climatici. Il rapporto è la prima valutazione globale dell'Onu sulla sicurezza alimentare e sulla nutrizione rilasciata dopo l'adozione dell'Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030, che mira a porre fine alla fame e a tutte le forme di malnutrizione entro il 2030 come priorità politica a livello internazionale. Il rapporto ricorda che nel 2050 la popolazione mondiale arriverà a contare dieci miliardi di individui e per tale data la produzione alimentare dovrà aumentare del 50% e ciò sarà possibile con le politiche agricole in atto.
L’ultimo rapporto Fao è però motivo di preoccupazione a causa di questa ripresa della malnutrizione ai limiti della fame per oltre ottocento milioni di individui.
Questa situazione viene evidenziata in un anno in cui la carestia ha colpito in alcune parti del Sud Sudan per diversi mesi nel 2017 e le situazioni di insicurezza alimentare a rischio di trasformazione in carestie sono state identificate in altri paesi colpiti da conflitti, vale a dire Nigeria, Somalia e Yemen.
La situazione della sicurezza alimentare è notevolmente peggiorata anche in alcune parti dell'Africa sub-sahariana, dell'Asia meridionale e occidentale. Questo è stato più evidente in situazioni di conflitto, in particolare dove gli impatti sulla sicurezza alimentare dovuti alle guerre sono stati aggravati da siccità e da inondazioni, legate in parte al fenomeno El Niño e in parte agli shock legati al clima.
Negli ultimi dieci anni il numero di conflitti violenti in tutto il mondo è aumentato in modo significativo, in particolare nei Paesi in cui si è già affrontata l'insicurezza alimentare, colpendo le comunità rurali e avendo un impatto negativo sulla produzione e disponibilità di cibo.
In media, il 56% della popolazione dei paesi colpiti da un conflitto vive nelle aree rurali, dove il sostentamento dipende in larga misura dall'agricoltura. Il conflitto colpisce negativamente quasi ogni aspetto dell'agricoltura e dei sistemi alimentari, dalla produzione, dalla raccolta, dalla trasformazione e dal trasporto fino alla fornitura, al finanziamento e al marketing. In molti paesi colpiti da conflitti, l'agricoltura di sussistenza è ancora centrale per la sicurezza alimentare per gran parte della popolazione. In Iraq, per esempio, prima del conflitto, i distretti di Ninewa e Salah al-Din producevano quasi un terzo del grano del paese e quasi il 40 per cento del suo orzo.
Il rapporto della Fao segnala inoltre varie forme di malnutrizione che riguardano milioni di bimbi.
Circa 155 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni sono sottosviluppati mentre 52 milioni soffrono di deperimento cronico. Circa 41 milioni di bambini sono invece in sovrappeso. Preoccupano inoltre, secondo il rapporto, l'anemia delle donne e l'obesità degli adulti. Queste tendenze sono una conseguenza non solo dei conflitti e del cambiamento climatico, ma anche dei grandi mutamenti nelle abitudini alimentari e dei rallentamenti economici.