Nocciole, il Piano del Mipaaf per investire su qualità, aggregazione e innovazione

    Giampaolo Rubinaccio, Ortofrutta Italia
    Pronto, o quasi, il Piano corilicolo nazionale. Rubinaccio (Ortofrutta Italia): «L’Italia rischia di perdere un primato importante se non scommette sulla valorizzazione della filiera e sulla definizione di un brand»

    Il Piano Corilicolo ministeriale è in fase di revisione finale: entro due mesi verrà presentato in Conferenza Stato- Regioni.

    Dopo oltre un anno di lavoro il Tavolo nazionale convocato dal Ministero per le Politiche Agricole licenzia i primi dati e sancisce gli obiettivi strategici per le varie aree di approfondimento.

    Tre coordinate di riferimento

    “Qualità, aggregazione e innovazione” sono le coordinate di riferimento indicate in sintesi dall’allegato tecnico composto da 164 pagine e redatto da tre gruppi di lavoro (e altrettanti sottogruppi), che ha definito le criticità e i punti di forza su cui scommettere nei prossimi anni, per valorizzare al meglio un settore dalle indiscusse potenzialità, che restano però ancora inespresse.

    Giampaolo Rubinaccio

    «Le aree vocate alla corilicoltura - spiega l’agronomo Giampaolo Rubinaccio - continuano a scontrarsi con le solite problematiche e l’assenza di una strategia politica condivisa ha finito per sottovalutare il notevole fermento che ha interessato il settore».

    «Così come non sono state valorizzate le interessanti sperimentazioni realizzate grazie all’intervento delle tecnologie». Rubinaccio è  coordinatore di Ortofrutta Italia e tra i redattori del gruppo di lavoro sulla “Commercializzazione, problematiche economiche e organizzative delle aziende”.

    Più coordinamento per imporre il made in Italy

    «Il valore della corilicoltura – continua -  in Italia viene sottostimato, ma il volume d’affari e la capacità di produzione registrata spalancano le porte ad una crescita qualitativa del prodotto tale da poter conquistare il primato mondiale».

    L’Italia oggi è chiamata a confrontarsi con realtà estere altamente concorrenziali. «Per questo bisogna fare sistema e costruire un brand italiano in grado di competere con il gigante turco, ma anche con l’incremento delle produzioni cinesi, statunitensi e dell’Azerbaigian. Oltre a definire interventi politici mirati, il Piano vuole offrire un sistema informativo autorevole e riconosciuto per aziende e produttori, quindi per condividere dati e conoscenza».

    Superati dall’ Azerbaigian

    Infatti il Piano Corilicolo che sarà licenziato a breve affronta nel dettaglio anche altri asset funzionali alla definizione delle coordinate programmatiche da adottare. Come ad esempio la meccanizzazione–post raccolta e le fonti rinnovabili e agricoltura digitale; le tecniche colturali e il miglioramento genetico e cambiamenti climatici; la difesa e le avversità; la vocazionalità ambientale e il paesaggio e scelte varietali; e infine, il marketing territoriale e la valorizzazione e tracciabilità.

    «Dallo studio corale condotto in seno al Ministero, a cui hanno preso parte i 258 comuni della Città della Nocciola, accademici, studiosi e rappresentanti delle associazioni di settore riconosciuti a livello nazionale, emerge che l’Italia è pronta al canto del cigno e rischia di perdere il protagonismo sulla scena mondiale».

    «Oggi il secondo posto di produzione viene assegnato all’Azerbaigian, seguito da Stati Uniti e Cina pronti a salire sul podio. Ma con i suoi 71 mila ettari e una produzione che sfiora le 130 mila tonnellate (l’11% della produzione mondiale), l’Italia dovrebbe puntare alla qualità piuttosto che alla quantità».

    Nocciole

    Asset da valorizzare

    «Il sistema Italia deve prepararsi a difendersi, puntando a comunicare il valore del prodotto che ha e a promuovere i meccanismi che già sperimenta, come la condizionalità, l’agricoltura biologica, l’etica di impresa ed altre, tale da poter elevare il valore di mercato del prodotto stesso».

    «Per fare questo bisogna partire dal consumatore, che è l’interlocutore principale, mentre le OP devono rendere economicamente produttiva la filiera. Infine spetta alle organizzazioni agricole che hanno un ruolo determinante, spingere le istituzioni regionali affinchè la produzione locale diventi motivo di preferenza per il consumatore stesso».


    L’incremento di produzione corilicola italiana e i territori maggiormente vocati

    Il Piemonte negli ultimi anni è riuscito a mantenere qualità e prezzi più alti al mondo, in quanto la vendita delle nocciole qui è accompagnata da una campagna di marketing estrema. Ben tre anni fa è stata compiuta la scelta di ampliare l’areale produttivo della nocciola “trilobata”, meglio nota come “nocciola delle langhe”, e nonostante quest’anno la produzione abbia subito un calo a causa delle gelate, è stata mantenuta una quotazione estrema.

    Oltre al Piemonte merita una menzione speciale la nocciola romana, che ha lavorato sulla denominazione regionale a marchio Dop. Il Lazio infatti ha estremizzato le tecniche colturali e qui gli agricoltori applicano tecniche agronomiche complesse, caratterizzate da una sviluppata attività industriale. Nel viterbese anche la più piccola Organizzazione Professionale ha investito sul top di gamma della trasformazione, utilizzando al meglio i fondi comunitari e investendo in nuove tecnologie. Le industrie laziali hanno sperimentato da tempo le selezionatrici a fibra ottica, garantendo una trasformazione industriale di primo livello. Oggi l’80% delle nocciole sgusciate destinate al mercato estero partono da Viterbo e quelle stesse industrie stanno alzando ulteriormente l’asticella, con investimenti sul rispetto delle normative ambientali.

    La Campania invece non riesce ad aumentare i prezzi di vendita del prodotto perché non produce nocciole di standard medio-alto. Ha perduto il primato dell’industria di prima trasformazione, in quanto l’elevata capacità tecnologica disponibile nel Lazio consente di abbattere i costi e ottenere un’elevata qualità di prodotto.

    Nuove regioni come il Veneto, l’Umbria, la Basilicata, la Calabria, stanno impiantando noccioli in areali difficili, grazie all’innovazione tecnologica e al know how. Basti pensare alle nuove cultivar di nocciole come la tonda francescana, che garantisce capacità produttive e reddituali. La tecnica è all’origine di un incremento produttivo, che trascina anche un aumento delle esportazioni.

    Noccioleto

    Il caso Campania

    Come può difendersi la corilicoltura nazionale?

    «Quella italiana - sottolinea il coordinatore di Ortofutta Italia - è caratterizzata anche dalla fragilità geologica di alcuni territori, e spesso accade che quando il produttore ha difficoltà economiche tende ad abbandonare questi territori. Abbiamo portato queste istanze al tavolo ministeriale, oltre ad altre criticità segnalate dalle singole regioni».

    «La Campania ad esempio dovrebbe essere maggiormente attenzionata, soprattutto per le attività peculiari condotte in provincia di Caserta. Come regione deve assolutamente essere orgogliosa della sua produzione: la filiera della nocciola si posiziona subito dopo quella della bufala come capacità di produzione e reddituale. Infatti la produzione si attesta intorno alle 45 mila tonnellate da moltiplicare per 3 mila euro a tonnellata. Il volume d’affari che è in grado di generare ruota intorno ai 120 milioni di euro annui. E a questo si aggiunge il fatturato derivante dalla castanicoltura, che supera i 100 milioni».

    Ma quanta attenzione riceve dalla Regione questo comparto?

    «Poca. Sarebbe opportuno infatti che una volta approvato il tavolo nazionale, le professionali agricole campane lavorino per sollecitare l’assessorato di riferimento a promuovere un focus sulle nocciole, per una presa di coscienza reale del potenziale espresso da questo settore».

    Il prodotto deve essere tutelato da un brand che ne tuteli qualità e valore, e che sia la cifra in grado di connotare una pluralità di fattori che rendono unico il prodotto nel suo genere. “La nocciola di Giffoni ad esempio, è l’unica nocciola a denominazione campana con un ventaglio di comuni iscritti nell’areale del disciplinare di produzione. Ma è bene sottolineare che la nocciola di Giffoni rappresenta il 35% della produzione campana, quindi il 15% della produzione italiana, il 4% della produzione europea e infine, il 2% della produzione mondiale. La tutela di origine che la caratterizza è il solo argine che avvolge il prodotto su un mercato in cui sono presenti almeno 100 varietà” argomenta.

    «Per questo è necessario lavorare per far comprendere al consumatore che quando si compra la nocciola italiana non si compra solo un prodotto, ma un territorio che include un sistema imprenditoriale che ha scopi etici (rispetto per l’ambiente, lotta al lavoro nero, regolarità fiscale), ricerca di soluzioni tecniche migliorative, storia, tradizioni. Senza trascurare la necessità di non perdere di vista il lavoro di rete dei produttori, che solo stando insieme possono farsi conoscere e apprezzare, per qualificare il prodotto e quindi il valore di mercato».

     

     

    Nocciole, il Piano del Mipaaf per investire su qualità, aggregazione e innovazione - Ultima modifica: 2022-04-29T20:19:20+02:00 da Lorenzo Tosi

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