La pioppicoltura italiana rappresenta un’eccellenza a livello internazionale, riconosciuta e imitata da numerosi Paesi in Europa e nel mondo. Attualmente, in Italia sono presenti circa 60.000 ettari di piantagioni di pioppo, localizzati prevalentemente nell’area padano-veneta. L’impiego di cloni selezionati e altamente performanti, unito all’applicazione di tecniche colturali all’avanguardia e all’esperienza consolidata dei pioppicoltori italiani, consente di ottenere elevate produzioni di legno di qualità. Inoltre, negli ultimi anni sono stati sviluppati nuovi cloni di pioppo ibrido (prevalentemente Populus ×canadensis) resistenti alle principali malattie – i cosiddetti cloni Msa (a Maggiore sostenibilità ambientale) – caratterizzati da una maggior capacità di crescita a parità di condizioni colturali e quindi anche di impiego di acqua. Tra questi, i più promettenti per l’impiego industriale risultano Tucano e Diva.
Produzione da raddoppiare
Nonostante ciò, la produzione interna di legno lavorabile non è attualmente sufficiente a coprire il fabbisogno dell’industria nazionale. A questo si aggiunge un crescente interesse verso l’utilizzo del legno di pioppo per impieghi alternativi rispetto al tradizionale settore del compensato (tab. 1). Di conseguenza, è necessario importare notevoli volumi di legno di questa specie dall’estero.
Sulla base degli attuali livelli di piantagione di pioppo ibrido, nei prossimi anni saranno disponibili per il taglio circa 4.000–5.000 ettari l’anno, pari a circa un milione di metri cubi di legno ritraibili a fine turno, a fronte di un fabbisogno complessivo di circa 2,2 milioni di metri cubi/anno.
Per soddisfare il fabbisogno nazionale, si stima necessario incrementare la superficie coltivata fino a circa 115.000 ettari, come indicato nell’Accordo interregionale di Venezia del 2014, recentemente rinnovato a Milano (settembre 2025). Tale accordo, sottoscritto dai principali attori del settore (istituzioni regionali, pioppicoltori, industria, ricerca), conferma, peraltro, la favorevole redditività della coltura: negli ultimi anni, il prezzo degli alberi in piedi a fine turno non è mai sceso sotto i 100 €/t, grazie soprattutto alla domanda dell’industria dei compensati. In questo contesto si inserisce anche il nuovo Regolamento europeo sui crediti di carbonio, che accresce l’interesse verso il pioppo come serbatoio naturale di carbonio, oltre che come strumento di tutela e miglioramento della qualità del suolo.
Servono strutture e competenze
Alla luce di questi elementi, emerge con chiarezza la necessità di ampliare la superficie pioppicola nazionale. Un’interessante opportunità in tal senso è rappresentata dall’espansione della coltura anche nelle regioni centrali e meridionali del Paese. Un recente studio del Crea Foreste e Legno in collaborazione con il Cnr ha individuato circa 145.000 ettari di terreni altamente idonei sotto il profilo pedoclimatico nel nostro Paese, di cui circa un terzo localizzati al Centro-Sud (tab. 2): le aree di maggiore interesse risultano in Toscana (province di Arezzo, Firenze, Massa-Carrara e Pisa), Lazio (Frosinone, Rieti e Roma), Campania (Caserta e Salerno) e Calabria (Cosenza).
Naturalmente, la sola idoneità pedoclimatica non è sufficiente a garantire lo sviluppo di nuove aree pioppicole. Nelle regioni del Centro e del Sud Italia, infatti, molte aziende agricole non dispongono delle strutture e delle competenze necessarie per la gestione di impianti specializzati di pioppo. Pertanto, l’espansione di questa coltura dovrebbe inizialmente concentrarsi nei distretti già dotati di una filiera produttiva e competenze, in particolare nelle province di Pisa e Lucca, Caserta e Cosenza.

Gli incentivi
Per favorire la diffusione della pioppicoltura anche in altre aree potenzialmente vocate è fondamentale il sostegno degli incentivi pubblici connessi alla Pac. Di fatto, negli ultimi anni, molte Regioni hanno dedicato specifica e consistente attenzione, attraverso la misura SRD05, agli impianti di arboricoltura a ciclo breve o medio-lungo, valorizzando i molteplici vantaggi di tali sistemi: produttivi, ecologici e paesaggistici.
Infine, per una coltura poliennale di lungo periodo come la pioppicoltura specializzata (cicli di almeno 9–10 anni), risulta strategico promuovere progetti di cooperazione e accordi di filiera che coinvolgano congiuntamente pioppicoltori e industria, al fine di garantire certezza dell’investimento per i primi e certezza di forniture per i secondi.













