Il 25 febbraio è stato firmato il decreto effluenti/digestato e siamo rimasti orfani dell’articolo 32, quello che, per intenderci, introduceva l’equiparazione del digestato ai concimi di sintesi. Il concetto di equiparazione era la grande novità: senza l’articolo 32 rimane tutto come prima, almeno nell’approccio metodologico. Ha vinto quindi la rigidità europea? Ma la stessa non ci sta dicendo che l’economia circolare è il futuro dell’agricoltura? L’esercizio comunque è servito ed è solo questione di tempo. Il concetto di equiparazione è ormai ben radicato e bisogna attendere solo che maturi nella mente dei burocrati. Eccoci allora a commentare un decreto che non riporta nulla di nuovo se non il riconoscimento del digestato.
É questo un grande risultato? Da un lato sì, visto che si mette fine alla querelle che voleva il digestato come un rifiuto. D’altra parte però si sancisce definitivamente che il digestato è un refluo zootecnico! Strano pensare che un refluo/ingestato dopo un processo industriale di trasformazione biologica rimanga tale quale. Sarebbe come asserire che l’uva, dopo fermentazione alcolica rimane uva e non diventa vino. Allora perché vietare gli alcolici ai minori visto che sono ghiotti di uva?
Il decreto, con riferimento al digestato (e anche al refluo), reitera gli errori del passato non considerandolo un concime ma un problema da risolvere. L’utilizzo dei reflui/digestati in agricoltura, come sancisce la legge, ha quale obiettivo il recupero dei nutrienti contenuti, nel rispetto dell’ambiente. L’utilizzazione agronomica del digestato, infatti, deve avvenire nel limite dei 170 kg N/ha per anno nelle zone vulnerabili. In molti casi, però, le richieste di azoto da parte delle colture (es. mais) sono superiori a tale limite. Per ovviare a ciò si ricorre all’uso dei concimi di sintesi in aggiunta al refluo/digestato. Dal punto di vista ambientale, quindi, il limite dei 170 kg/ha non ha rigore e la quantità di azoto al campo dipende dalle richieste della coltura (che comunque devono essere soddisfatte) e non dal fatto di essere o meno in una zona vulnerabile (170 kg/ha per anno). Il tutto ha ancora meno senso se consideriamo (come da decreto) che il divieto di spandimento è previsto, di norma, dal 1° di novembre alla fine di febbraio, quindi, con possibilità di utilizzo del refluo/digestato in assenza di coltura (non è specificato se lo spandimento debba avvenire in presenza di coltura o meno). E ancora, l’uso di efficienze di utilizzo dell’azoto, riportate nel decreto, di fatto, giustificano la perdita nell’ambiente di parte rilevante dell’azoto del refluo (ecco perché c’è la Direttiva nitrati), contravvenendo al “recupero dei nutrienti”.
É un circolo vizioso: se ci ostiniamo a non considerare il refluo/digestato alla stregua di un concime da utilizzarsi con efficienze elevate come per i concimi di sintesi, è evidente che avremo sempre Direttive che limiteranno l’utilizzo dei reflui/digestati.
Il decreto disciplina l’utilizzo dei digestati in agricoltura citando: “al raggiungimento dei 170 kg/Ha di N concorre solo la quota di azoto che proviene da effluenti di allevamento”. Esiste quindi un azoto da digestato di seria A e uno di serie B, o meglio un azoto che non inquina e un altro che inquina! Se la motivazione alla base di una tale decisione è facilmente evidenziabile, ovvero, non penalizzare l’uso del digestato per la quota parte non dai reflui, dall’altra si introduce una distorsione tale per cui l’azoto alle volte inquina e alle volte no. Non essendoci differenze tra azoto del digestato di origine zootecnica e quello di origine non zootecnica, l’applicazione della Direttiva nitrati diviene puramente teorica, un fatto burocratico al quale dobbiamo attenerci….E l’ambiente?
Ergo: è tutto come prima? No. Non è così! La ragione vince sempre e allora ecco che il digestato è già equiparabile. Ne sono testimonianza i molti imprenditori agricoli che in zone non vulnerabili utilizzano già il digestato in completa sostituzione dei concimi di sintesi, con risparmi economici e rispetto dell’ambiente.
di Fabrizio Adani
Esperto Nova Agricoltura e Prof. ordinario di Suolo e Ambiente, Chimica del Suolo, delle biomasse
e Produzione di bioenergia, Uso e Riciclo delle Biomasse all'Università di Milano