Gli impianti di biogas agricoli prevedono la fermentazione di matrici derivanti dalle coltivazioni dedicate (tipicamente gli insilati di cereali come mais, frumento e triticale) o di matrici residuali come i sottoprodotti agricoli (paglie di cerali, lolla di riso, foglie colletti di barbabietola da zucchero, ecc.), agro-industriali (es. buccette di pomodoro, vinacce, sanse, polpe esauste ecc.) e reflui zootecnici su tutti. Gli insilati di cereali sono di gran lunga le biomasse più utilizzate per l’alimentazione degli impianti attualmente in funzione e, nonostante la revisione degli incentivi introdotta a partire dal 2013, rappresentano tuttora un’importante risorsa grazie alla facilità di coltivazione e stoccaggio nonché alle elevate produzioni specifiche in biogas.
Indipedentemente dalla matrice impiegata una buona digestione anaerobica (Da) deve mirare all’ottimizzazione del processo che, in prima analisi, può essere associato alla massimizzazione della degradazione della sostanza organica; soprattutto per le matrici appositamente prodotte come gli insilati lo sfruttamento del loro intero potenziale è il presupposto per la minimizzazione dei costi di produzione. Conoscere il volume di biogas prodotto, la sua cinetica di produzione nonchè, il grado di degradazione della sostanza organica e la massa di digestato prodotta è importante anche per poter valutare correttamente l’andamento del processo ed è utile anche in fase di dimensionamento dell’impianto e delle vasche di stoccaggio del digestato.
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(*) Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali. Produzione, Territorio, Agroenergia, Università di Milano
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