Domanda
Questo contenuto è riservato agli abbonati alle riviste Edagricole. Abbonati
Sei abbonato a Terra e Vita o ad una delle altre riviste Edagricole e hai già effettuato l’accesso al sito?
Fai login per accedere a questo articolo e a tutti i contenuti a te riservati.
Sei abbonato ad una delle riviste Edagricole ma non hai mai effettuato l’accesso al sito?
Registrati qui con la stessa e-mail utilizzata per la sottoscrizione del tuo abbonamento.
Entro 24 ore verrai abilitato automaticamente alla consultazione dell’articolo e di tutti i contenuti riservati agli abbonati.
Per qualsiasi problema scrivi a abbonamenti@newbusinessmedia.it
Il 13 maggio ci sarà
l’esordio ufficiale del
nuovo ministro delle
Politiche agricole a Bruxelles.
Nunzia De Girolamo parteciperà
infatti alla riunione
con i colleghi europei che
dovrebbe protrarsi fino al
martedì successivo. E non sarà
un Consiglio «formale».
In quell’occasione infatti il
presidente di turno, Simon
Coveney, rilancerà l’allarme
sulla riforma Pac anticipato
più o meno esplicitamente lo
scorso mese a Lussemburgo:
al Consiglio serve un mandato
più forte. Questa è la sostanza
di quello che Coveney
dirà ai propri colleghi, non in
occasione della riunione ma
a margine della stessa. Stando
almeno ad alcune fonti
comunitarie ben informate.
Per affrontare la stretta finale
della trattativa sulla riforma
con l’Europarlamento
e la Commissione europea,
infatti, il presidente del Consiglio
agricolo Ue vuole un
accordo più forte tra i ministri,
e soprattutto maggiore
chiarezza su alcuni temi chiave
della riforma. Uno è quello
del capping, il plafonamento
degli aiuti, in merito al
quale la soluzione proposta
dal compromesso del Consiglio
non è chiarissima. Delega
agli Stati membri, ma con
la possibilità di introdurre
scaglioni dai 100mila euro,
senza però un tetto vero e
proprio a 300mila (come
chiesto da Parlamento e Commissione).
Qui la Germania è
il primo oppositore, quindi
sarebbe forse meglio un’intesa
più chiara in senso contrario
(tanto più che alla fine,
molto probabilmente, l’ipotesi
sarà fatta cadere come sempre
avvenuto in passato).
Ci sono poi, ancor più importanti,
le questioni legate
al greening e alla convergenza
interna degli aiuti che andrebbero
chiarite meglio.
Troppo complesso l’orientamento
in merito del Consiglio.
Che, per quanto riguarda
il greening, ha bisogno
anche di correggere alcuni
«errori gravi» che rischiano
di penalizzare proprio l’Italia.
Sulla convergenza invece
il compromesso, oltre a ridurre
al 10% (dal 40%) l’importo
del massimale nazionale
che può essere distribuito il
primo anno in maniera omogenea,
prevede anche il cosiddetto
«modello irlandese».
Vale a dire la possibilità di
un nuovo modello di convergenza
che consente di derogare
al raggiungimento del flat
rate nel 2019. La proposta
prevede per gli Stati membri
la possibilità di decidere di
raggiungere una convergenza
parziale, assicurando una
percentuale minima di convergenza
che rispecchia il
meccanismo di convergenza
esterna stabilito nelle conclusioni
del Consiglio europeo
sul bilancio 2014-2020.
Quindi i diritti all’aiuto il
cui valore unitario nel 2014 è
inferiore al 90% del valore
unitario nazionale o regionale,
nel 2019 (o al più tardi
per l’anno di domanda 2019)
dovrebbero vedersi riconosciuto
un adeguamento del
loro valore unitario con un
aumento di almeno un terzo
della differenza tra il loro valore
unitario nel 2014 e il
90% del valore unitario nazionale
o regionale nel 2019.
Infine, in merito ai diritti
speciali, è prevista la possibilità
per gli Stati membri
di riservare il valore complessivo
dei diritti speciali
nel 2013 a nome degli agricoltori
che detengono diritti
speciali alla data di presentazione
della loro domanda
di pagamento unico per il
2013. I trasferimenti potranno
invece avvenire solo tra
«agricoltori attivi». A definirli
saranno gli Stati membri,
ma prima c’è ancora
molto da fare.