L’eccellenza del vivaismo frutticolo italiano nel panorama europeo e internazionale è testimoniato dall’elevato livello di qualità e di rispondenze genetiche e sanitarie che il nostro settore vivaistico è oggi in grado di offrire ai produttori.
Per elevare al massimo questi requisiti e promuovere la qualità dei suoi prodotti sui mercati europei e internazionali, Civi Italia d’intesa con Masaf ha adottato un nuovo sistema di certificazione vivaistica, marchiato Qvi-Qualità Vivaistica Italia, con livelli di qualità e garanzie superiori a quelli richiesti come standard dai sistemi di certificazione europei.
Grazie a ciò, la produzione vivaistica nazionale certificata a marchio Qvi può contare ora su 12 milioni di piante da frutto, 250 milioni di piante di fragola e 30 milioni di portinnesti. A questi, vanno aggiunte le produzioni nazionali livelli Cav e Certificato Ue: 40 milioni di piante da frutto e 80 milioni di piante di fragola.
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Portinnesti, la chiave per affrontare i problemi del futuro
«Le attuali tendenze in atto a livello mondiale implicano la necessità di generare innovazioni genetiche e tecnologie e anche di iniziare a pensare a una trasformazione dei modelli colturali attuali per far fronte, da un lato, a una richiesta maggiore di sostenibilità delle produzioni frutticole e, dall’altro, ad attuare i necessari mutamenti per far fronte ai cambiamenti climatici in corso. In questo contesto, la ricerca sull’innovazione genetica dei portinnesti rappresenta una strada molto più efficace e lungimirante rispetto alla sfrenata e incontrollata corsa verso nuove varietà. In sostanza, il problema va risolto prima di tutto partendo dalla radice, cioè dal portinnesto», ha spiegato il ricercatore Stefano Lugli.
Proprio sull’importanza delle radici, cuore e mente di ogni pianta, sarà dedicata la relazione magistrale che Davide Neri terrà in apertura del simposio internazionale sui portinnesti.
«In diverse zone vocate per la frutticoltura» ha precisato Davide Neri, professore dell'Università Politecnica delle Marche. «Si stanno diffondendo problemi degenerativi con perdite consistenti e numerose piante morte a seguito di eventi estremi legati alla attuale crisi climatica. Degenerazione del pero, moria del kiwi, patogeni radicali degli agrumi sono le più preoccupanti, ma anche melo, pesco e ciliegio presentano danni non trascurabili».
«In questo scenario», ha continuato Neri, «i sempre più frequenti eventi climatici estremi con erratica distribuzione delle piogge, intense e alternate a periodi siccitosi prolungati, temperature estive elevate e prolungate, rendono meno resiliente il sistema basato su portinnesti molto deboli e poco esplorativi con sofferenza delle piante. Gli interventi possibili per migliorare il sistema sono perciò legati alla necessità di ricorrere a risorse genetiche più tolleranti agli stress abiotici e a perseguire operazioni colturali che permettano un migliore benessere della radice in condizioni di limitata fertilità del suolo e di eventi atmosferici estremi. In particolare, per migliorare "il cuore e la mente" del nostro frutteto occorre conoscere meglio l’architettura degli apparati radicali in relazione al vigore dell'albero; la biodiversità necessaria per il funzionamento delle radici in cenosi semplificate; e la risposta della radice all'intensificazione colturale e alla crisi climatica».
Nel melo domina ancora l'M9
Sul fronte melo, l'Italia ha come punto di riferimento Walter Guerra, direttore dell'Istituto di Frutti e Viticoltura del Centro di Sperimentazione Laimburg.
«Dopo tanti investimenti sulle varietà, è ora di concentrarsi sui portinnesti», ha spiegato Guerra. «A questo proposito, nel mondo sono attivi una dozzina di programmi di miglioramento genetico, ma ovviamente è un lavoro molto lungo. Se dagli anni '70 l'M9 è il portinnesto principale per il melo, da qualche anno a questa parte si stanno cercando alternative. Negli Stati Uniti le alternative hanno già raggiunto l'80% del venduto, mentre in Europa è ancora l'M9 a dominare».
Avere portinnesti più performanti è indispensabile, perché nel corso degli anni sono mutate tante cose nella coltivazione del melo.
«Porto qualche esempio dei cambiamenti in atto. Le nuove forme di allevamento e le nuove varietà hanno esigenze ben precise e un portinnesto di 50 anni fa non sempre riesce ad assecondarle. Ma bisogna considerare anche tanti altri fattori: cambiamenti climatici, insetti (afide lanigero su tutti), produttività, qualità, stanchezza del terreno. Sono tutti aspetti che devono essere valutati e il rinnovamento genetico dei portinnesti si sta orientando per adattarsi alle mutate situazioni. Sul fronte portinnesti in Europa non ci aspettiamo una vera e propria rivoluzione, ma di certo qualcosa cambierà e deve cambiare», ha concluso Guerra.
La sfida ambientale dei portinnesti del pero
Sul comparto portinnesti pero, la parola va a uno dei maggiori esperti mondiali, il professor Stefano Musacchi della Washington State University, Stati Uniti.
«In generale, il comparto delle pere sta affrontando una mancanza di innovazione comune a tutti i Paesi in cui questa specie viene coltivata. Inoltre, in molti casi, il consumatore giovane percepisce la pera come un prodotto "antico".
Oltre a questa stagnazione varietale e alla mancanza di portinnesti universali, il settore del pero deve affrontare una crescente sfida ambientale in molti distretti produttivi. In Italia, per esempio, le pere hanno ridotto le allegagioni e la resa a causa delle forti gelate in fioritura nel 2021 e nel 2023 e, inoltre, si stanno verificando prolungati periodi estivi molto caldi con temperature superiori a 35 °C per diverse settimane anche nella parte settentrionale del Paese, seguiti da annate caratterizzate da episodi alluvionali».
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La situazione italiana
Con le condizioni climatiche sempre più rigide, i portinnesti sono essenziali per mantenere alte le rese e la qualità dei frutti. Per molti anni, l'Italia ha aumentato gradualmente la densità di impianto e ha adottato portinnesti molto nanizzanti che ora non si adattano molto bene alle condizioni climatiche estreme che dobbiamo affrontare.
«In Italia, i sistemi di impianto proposti per il pero tendono a ridurre la vita economica entro 20-25 anni. In alcune zone di produzione con condizioni più favorevoli, i frutteti possono durare 30-40 anni o più, come nell'area del Pacifico nordoccidentale (Washington e Oregon) degli Stati Uniti e in Argentina.
Questo è dovuto principalmente al fatto che il pero europeo può essere coltivato su due gruppi principali di portinnesti: il cotogno (Cydonia oblonga Miller), utilizzato principalmente in Europa, e i portinnesti di pero (Pyrus communis L.), ottenuti principalmente da seme o clonali, diffusi negli Stati Uniti, in Sudafrica e in Sudamerica. Questi ultimi sono utilizzati in Europa soprattutto per la cv "Williams"», ha aggiunto Musacchi.
Limiti dei cotogni
I portinnesti più comuni in Italia sono i cotogni, utilizzati nelle zone adattate del nord del Paese, come Ferrara, Modena, Bologna e Ravenna.
«In generale, i cotogni consentono il controllo del vigore degli alberi, una rapida entrata in produzione del frutteto (cioè la precocità) e sono particolarmente adatti per le alte densità (Hdp) fino a 3000-4000 alberi/ha, ma attualmente questa tipologia di frutteto sta soffrendo a causa delle condizioni climatiche estreme. I portinnesti di cotogno sono anche facili da propagare», ha spiegato Musacchi.
«Al contrario, uno svantaggio significativo nell'uso del cotogno è rappresentato dall'elevata suscettibilità alla clorosi ferrica, che può compromettere i risultati produttivi in alcune aree di coltivazione, come quelle caratterizzate da terreni sub-calcarei e pesanti. Un altro fattore limitante l'impiego del cotogno è l'incompatibilità d'innesto che, in alcune combinazioni, diventa particolarmente grave, soprattutto con l'aumento della temperatura».
L'incompatibilità d'innesto tra pero e cotogno è localizzata, quindi può essere superata con la tecnica dell'intermedio, che consiste nell'interporre una cultivar compatibile tra la marza incompatibile e il portainnesto di cotogno.
«La varietà più utilizzata come intermedio è 'Butirra Hardy'. La suscettibilità alla clorosi ferrica e la mancanza di compatibilità sono quindi due fattori limitanti con varietà importanti come 'Williams' o 'Guyot', nel bacino mediterraneo dei Paesi del Sud Europa come Spagna, Francia o Italia. Il cotogno MC non è mai stato utilizzato in Spagna a causa delle caratteristiche negative descritte in precedenza in Italia», ha detto il ricercatore.
«Negli ultimi anni, anche l'uso di BA29 o MA ha evidenziato una mancanza di vigore e un decadimento della vegetazione e della resa negli alberi adulti. Inoltre, nella scelta dei cloni di portainnesto, bisogna tenere conto del fatto che l'elevata temperatura estiva limita la crescita delle radici negli strati più superficiali del terreno.
Questo crea problemi, fino al decadimento delle pere, per i portinnesti a bassa vigoria nei frutteti ad alta densità. Pertanto, l'industria frutticola ha bisogno di nuovi portinnesti di Pyrus con controllo del vigore dimensionale per risolvere i principali problemi del cotogno come portainnesto».
I progetti di selezione di portinnesti nel mondo
«In Europa, un importante programma di selezione è stato avviato dall'Inrae-Angers più di due decenni fa», ha continuato Musacchi. «Successivamente, questo programma è stato esteso alla Spagna in collaborazione con il programma Inrae-Irta.
L'obiettivo era quello di testare nuove selezioni nelle condizioni della Valle dell'Ebro, caratterizzata da condizioni climatiche calde e secche e da terreni che inducono clorosi ferrica. Questo programma è in corso e attualmente 54 selezioni d'élite di cinque specie di Pyrus sono nell'ultima fase di valutazione agronomica.
Nel Nord Europa e negli Stati Uniti, altri programmi di selezione si concentrano sul cotogno per la sua maggiore efficienza di resa e qualità dei frutti, cercando di aggiungere una tolleranza superiore al gelo invernale per alcune selezioni locali. Il Wsu ha recentemente avviato un nuovo programma di selezione di portinnesti di pere, guidato dalla dottoressa Kate Evans.
La serie OHxF (Farold) è una serie di portinnesti clonali che il vivaista dell'Oregon Lyle Brooks ha incrociato negli anni ‘60. Si tratta di un incrocio tra due varietà, 'Old Home' e 'Farmingdale', resistenti al colpo di fuoco batterico. In generale, sono difficili da propagare con le tecniche tradizionali, quindi si preferisce la propagazione in vitro.
Tra tutte le accessioni ottenute da questa serie, 'OHxF 40' (Farold 40 Daygon) e 'OHxF 69' (Farold 69 Daynir) sono diffuse in Italia in terreni marginali, dove i cotogni presentano difficoltà di adattamento e manifestano sintomi di clorosi ferrica».
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Portinnesti del pero italiani
«La serie Fox, ottenuta presso l'Università di Bologna, ha prodotto tre portinnesti di rilievo: 'Fox 9', 'Fox 11' e 'Fox 16'. Sono nati dall'impollinazione di 'Volpina', una vecchia cultivar del germoplasma autoctono dell'Emilia-Romagna. Il 'Fox 9' è quello che ha avuto il maggior successo commerciale.
In Germania, il programma di selezione privato di Numuller ha rilasciato alcune selezioni, tra cui 'A10' e 'A15', attualmente in fase di valutazione negli Stati Uniti. Il genere Amelanchier (Rosaceae) conta diverse specie originarie del Nord America e dell'Europa, caratterizzate da un'elevata tolleranza al freddo (- 40 °C).
È molto difficile rispondere alla domanda se esistono nuovi portinnesti già collaudati da proporre per i nuovi impianti. Ogni area distrettuale deve sviluppare la propria esperienza per determinare se un portainnesto è adatto alla coltivazione», ha concluso Musacchi.
Portinnesti per le drupacee, a che punto è la ricerca
Sulla situazione e le prospettive del settore drupacee ha risposto alle nostre domande il professor Gregory Lang della Michigan State University, Stati Uniti.
I portinnesti svolgono un ruolo sempre più cruciale nel determinare l'efficienza e la sostenibilità degli impianti di drupacee. Per quali ragioni?
I portinnesti hanno da tempo fornito la possibilità di coltivare, in regioni e tipi di suolo diversi e variabili, varietà specifiche di fruttiferi che sono molto desiderate dai mercati di consumo. Questa capacità di adattare le varietà desiderate a condizioni e luoghi di coltivazione diversi è cresciuta d'importanza con le sfide del cambiamento climatico e i problemi di manodopera (costi più elevati e disponibilità sempre minore) che stanno colpendo le regioni di produzione in tutto il mondo.
I portinnesti possono modificare l'architettura degli alberi, portando a frutteti più efficienti dal punto di vista della manodopera e adattabili alla meccanizzazione, e possono anche alterare l'equilibrio tra crescita vegetativa e riproduttiva, portando a rese più elevate e a una migliore qualità dei frutti. Entrambi questi fattori sono fondamentali per la redditività e la sostenibilità della produzione.
Su quali obiettivi si concentra oggi la ricerca nel campo della selezione dei portinnesti delle Drupacee?
Il breeding sui portinnesti generalmente persegue obiettivi di base di miglioramento della produttività e dell'adattabilità del suolo, oltre a conferire vari livelli di vigore agli alberi, con un'enfasi crescente su tratti aggiuntivi che conferiscono resistenza a importanti parassiti e malattie, nonché resilienza a eventi climatici estremi come siccità, inondazioni e temperature straordinarie, alte o basse.
I portinnesti di ciliegio presentano ora un'ampia gamma di scelte di vigore per i coltivatori, ma la resilienza ai cambiamenti climatici estremi, in particolare alle temperature elevate, ha limitato la loro ampia adozione.
Grazie al controllo della vigoria indotto dal portinnesto ora anche nel pesco si possono realizzare impianti ad alta densità ed elevata efficienza produttiva. I portinnesti di pesco, susino e albicocco devono ancora raggiungere livelli simili di controllo della vigoria in un'ampia gamma di genotipi disponibili, sebbene siano stati compiuti progressi in aree critiche di tolleranza alle malattie e adattamento al suolo, ma la produzione di questi frutti è rimasta stagnante a causa della vigoria.
Di conseguenza, tra gli obiettivi attuali figurano l'ampliamento della gamma di controllo della vigoria e della compatibilità degli innesti per questi portinnesti di drupacee, mantenendo o migliorando allo stesso tempo il loro adattamento alle condizioni critiche del suolo. La coltivazione dell'albicocco e del susino è ancora in gran parte legata all'utilizzo di portinnesti rustici e vigorosi.
Quali sono i progetti di miglioramento genetico dei portinnesti più importanti nel mondo?
Ciascuna specie di drupacee ha priorità critiche specifiche e variabili, così come specifiche aree di coltivazione. Per esempio, una malattia complessa del pesco (Ptsl - Peach tree short life, influenzata da patogeni e nematodi, è fondamentale per gli Stati Uniti sudorientali, mentre la resistenza all'Armillaria è ampiamente critica in tutte le regioni di coltivazione degli Stati Uniti.
I portinnesti di ciliegio che controllano il vigore di Gisela tendono a funzionare bene nei climi temperati miti come l'Europa settentrionale e il Nord America settentrionale, ma hanno prestazioni inferiori nei climi caldi e aridi come l'Europa meridionale, la California e il Cile centrale.
I programmi di selezione che utilizzano soglie di screening rigorose per i tratti di maggiore importanza critica per i gruppi di stakeholder hanno maggiori probabilità di realizzare progressi significativi e sostenibili.
Ci sono nuovi portinnesti già collaudati da proporre per nuovi impianti?
La maggior parte dei programmi mondiali di selezione dei portinnesti di Drupacee generano continuamente nuovi genotipi di portinnesti che vengono inseriti in varie fasi di test, con il risultato finale del rilascio periodico di nuovi portinnesti per l'adozione da parte dei coltivatori nelle piantagioni contemporanee.
Una considerazione fondamentale per i coltivatori che adottano nuovi portinnesti specifici, in particolare portinnesti che conferiscono un livello di vigore diverso da quelli del passato, è quella di utilizzare un sistema di allevamento appropriato, un'architettura della chioma e tecniche di gestione adatte al portainnesto e all'areale di coltivazione, tenendo conto del vigore indotto dal portinnesto sito nonché dell'impatto del portinnesto sulla precocità e sulla produttività.
Si tratta di decisioni cruciali per l'adozione e l'utilizzo di successo delle caratteristiche chiave del portainnesto nel tentativo di ottimizzare l'efficienza e la sostenibilità della produzione.
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I portinnesti per gli agrumi
Sulla situazione e le prospettive del settore agrumicolo abbiamo chiesto di intervenire a Stefano La Malfa, dell'Università di Catania e Marco Caruso, del Crea di Acireale (Catania).
Su quali obiettivi si concentra oggi la ricerca nella selezione dei portinnesti?
Gli obiettivi principali possono essere diversi nelle varie aree di coltivazione degli agrumi. Per esempio, la resistenza al CTV è fondamentale nelle aree in cui sono presenti ceppi Resistance Breaking che superano la resistenza del Poncirus trifoliata e dei citrange.
Attualmente, il Huanglongbing (HLB), o rinverdimento degli agrumi, è una malattia batterica che rappresenta una grave minaccia per l'industria agrumicola mondiale, anche nell'area mediterranea, dove gli insetti vettori dell'HLB sono stati individuati in Spagna, Israele e Cipro.
La tolleranza al HLB è quindi uno dei principali obiettivi dei costitutori in molti Paesi in cui la malattia è presente, anche se la resistenza alla batteriosi sembra essere determinata principalmente dal nesto.
Alcuni altri tratti sono comuni a diversi programmi di selezione e comprendono un'elevata efficienza produttiva e un migliore adattamento a diversi stress biotici e abiotici. Anche la qualità dei frutti (dimensioni, colore, Brix ecc.) è un obiettivo importante, soprattutto nei Paesi in cui la produzione di frutta è destinata principalmente al mercato fresco.
Quali sono i più importanti progetti di selezione di portinnesti nel mondo?
Al momento, i programmi più importanti sono negli Stati Uniti, in Australia, Brasile e Spagna. Altri programmi sono in corso in Italia e in Francia. Inoltre, Paesi come l'Argentina e il Sudafrica hanno svolto un ruolo importante nel rilascio di nuovi portinnesti. Molti altri Paesi stanno eseguendo programmi di valutazione dei portinnesti piuttosto che di breeding.
Esistono nuovi portinnesti già collaudati da proporre per i nuovi impianti?
Negli ultimi anni, nei principali Paesi produttori di agrumi sono stati rilasciati diversi portinnesti con prestazioni eccellenti in termini di produttività e adattabilità a diverse condizioni di coltivazione.
Alcuni di questi sono stati testati in diversi Paesi, con risultati altrettanto promettenti. Ci riferiamo a Forner Alcaide 5 (dell'Ivia, Spagna), che sta ricevendo risposte incoraggianti da parte degli agrumicoltori in diverse aree, soprattutto per la sua tolleranza alla salinità; C22 (Bitters, rilasciato dall'Università della California Riverside, Ucr), che si caratterizza per una migliore adattabilità a terreni a pH elevato e per un'elevata efficienza produttiva; e C57 (Furr, dell'Ucr), caratterizzato da un elevato vigore e produttività.
I tre portinnesti conferiscono un'elevata qualità dei frutti. In Florida sono stati recentemente rilasciati diversi portinnesti, come US 942 e la serie UFR, che mostrano una migliore tolleranza alla HLB rispetto a standard come citrumelo Swingle e citrange Carrizo. Il programma italiano del Crea ha rilasciato l'ibrido F6P12, che ha mostrato rese cumulate più elevate in una prova pluriennale rispetto a molti altri portinnesti, in combinazione con una cultivar di Tarocco, e si sta gradualmente diffondendo in Italia in combinazione con altre varietà.
L'innovazione varietale e i portinnesti a Macfrut 2024
Tutte queste tematiche saranno al centro di due tavole rotonde ospitate nel corso di Macfrut 2024 al Rimini Expo Centre.
Tavola rotonda sull'innovazione varietale
La prima tavola rotonda, "La filiera dell’innovazione varietale in frutticoltura: brevetti, forme di protezione e modelli di sviluppo commerciale", è organizzata da Soi (Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana) e Civi Italia. Si svolgerà venerdì 10 maggio alle ore 10.
Le tematiche legate ai brevetti vegetali, alle forme di protezione e alle nuove tecnologie di breeding saranno oggetto della relazione introduttiva di Francesco Mattina, presidente del Cpvo, l’ufficio comunitario delle varietà vegetali che gestisce, sviluppa e promuove un efficiente sistema di diritti di proprietà intellettuale fornendo servizi incentrati sul cliente, sostenendo così l'innovazione e la creazione di nuove varietà vegetali a beneficio della società.
Le opportunità e le problematiche sui modelli di sviluppo e organizzazione della filiera varietale verranno affrontati con due casi di studio dedicati al comparto delle mele e a quello del kiwi con due doppi interventi a cura di Walter Guerra, direttore del CS di Laimburg e Jurgen Braun, ceo di Kiku Variety Managment, per il melo; Raffaele Testolin dell’Università di Udine e Ugo Palara, presidente di New Plant, per l’actinidia. A moderare l’evento Daniele Bassi dell’Università di Milano.
Tavola rotonda sulla certificazione volontaria
La seconda tavola rotonda si intitola "QVI – La certificazione volontaria del vivaismo frutticolo italiano: strumento di promozione o freno per la qualificazione delle produzioni vivaistiche?” ed è in programma venerdì 10 maggio alle ore 12. A organizzarla è Civi-Italia con il patrocinio della Soi.
Al centro del focus la Qvi-Qualità vivaistica Italia. «Qvi-Qualità vivaistica Italia», ha precisato Luigi Catalano, direttore di Civi Italia, «è il livello di certificazione volontaria del materiale di propagazione vegetale delle piante da frutto prodotte in Italia. È il livello di garanzie più elevate che i vivaisti italiani possono offrire ai frutticoltori e proseguono quanto in passato era qualificato e noto come "virus esente"».
La tavola rotonda sarà moderata da Stefano La Malfa, presidente della sezione Frutticoltura della Soi. Questo il programma:
- Gli aspetti delle garanzie fitosanitarie e della corrispondenza varietale nell’ambito delle norme che regolamentano produzione e commercializzazione della piante da frutto. L'intervento sarà a cura di Bruno Caio Faraglia, che dirige il Servizio Fitosanitario Nazionale del Masaf a cui afferiscono tali competenze.
- Le problematiche legate all’immediato inserimento nei programmi di certificazione Qvi dei nuovi genotipi per i quali sono in corso le procedure per l’ottenimento della privativa della proprietà intellettuale presso il Cpvo sono un ostacolo alla maggiore qualificazione delle produzioni vivaistiche per i lunghi tempi necessari alle prove Dus (distinguibilità, uniformità e stabilità); in particolare, questo aspetto riguarda quelle specie per cui i programmi di breeding sono molto attivi e propongono continuamente nuove varietà. Questioni che saranno discusse e affrontate con Francesco Mattina, presidente del Cpvo.
- Dal lato dei produttori frutticoli, Davide Vernocchi, presidente di Apo Conerpo, rappresenterà le esigenze dei frutticoltori verso il materiale vivaistico, per la necessità di dare sicurezza a investimenti per la costituzione di nuovi frutteti che poi rappresentano l’ossatura produttiva dei prossimi lustri.
- Ruolo, azioni, obiettivi e strategie del Civi-Italia, cui il Masaf ha assegnato il ruolo di soggetto gestore della certificazione a marchio Qvi saranno illustrati dal presidente Giandomenico Consalvo.
«Si tratta di un evento per informare, divulgare e riproporre alla filiera frutticola nazionale le innovazioni varietali e le loro garanzie», ha concluso Catalano. «Le basi per il futuro del comparto nel segno della sostenibilità e competitività delle produzioni made in Italy».
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