Un comparto che vale il 10% della Sau italiana, un sistema di Op che storicamente fa della filiera ortofrutticola una delle più organizzate. Un valore alla produzione delle Indicazioni geografiche di circa 400 milioni di euro per 550mila tonnellate annue di prodotto certificato; un export cresciuto quasi del 20% dal 2015 con un incremento dell’avanzo commerciale del 35% nello stesso periodo: a fronte di questi numeri, il sistema-ortofrutta in Italia deve affrontare le sfide costituite dall’aumento dei costi di produzione, che fra carburanti, fertilizzanti e energia elettrica, a marzo 2022 fa segnare un +21% su base annua, e un +12% rispetto al dicembre 2021.Ismea al Macfrut di Rimini nell’ambito del convegno “Filiera ortofrutticola: dall’analisi dei costi alla creazione del valore”, nel quale Ismea ha focalizzato l’attenzione sugli elementi in grado di creare valore aggiunto per il comparto, e sugli ostacoli da superare per generarlo. Si parte dalla sostanziale “staticità”, ormai da qualche anno, da parte della produzione organizzata in OP, associata spesso a problematiche di sottodimensionamento o di efficienza funzionale. Basti pensare che le OP aggregano ancora il 50% della produzione, e che la distribuzione delle OP per Valore della Produzione Commercializzata (VPC) vede solo l’8,7% di esse superare la classe dei 50 mln di euro, mentre il 50,8% si colloca fra i 10 e i 50 mln di euro e il 40,5% in quella fino a 10 mln di euro.
Sul mercato, il confronto del primo trimestre 2022 con l’analogo periodo del 2021, rispecchiando l’aumento dei costi di produzione, fa rilevare un’accelerazione dei prezzi dell’ortofrutta al dettaglio e una contrazione dei volumi acquistati (significativo il calo delle quantità rispetto alla media degli ultimi 3 anni), anche se nell’analisi generale vanno considerati anche fenomeni congiunturali legati alla scarsa disponibilità di alcuni prodotti (ad esempio pere, kiwi, pomodori e zucchine). Questo lo scenario, evidenziato daProblemi strutturali e congiunturali
«Il settore ortofrutticolo, nonostante ormai si stiano diffondendo numerose best practice, ha ancora difficoltà a creare valore e a farlo percepire al consumatore finale – ha dichiarato il Presidente di Ismea Angelo Frascarelli –. Una quota importante di consumatori percepisce la categoria ortofrutticola come prodotto a basso costo, e il percorso per la creazione di valore nel prodotto passa, oltre che dalla necessaria crescita del sistema delle Op, anche da quegli ambiti più adatti a generare valore, come le filiere con prodotti a indicazione geografica, il bio, le filiere integrate, i mercati esteri, nonché qualità, gusto e facilità d’uso».
«Negli ultimi due anni il settore ha vissuto una contingenza molto difficile per il sommarsi di alcuni fattori come le avversità climatiche unite a problemi strutturali – ha affermato il presidente di Cesena Fiere Renzo Piraccini –. Oggi c’è una visione più ottimistica del futuro, che prende lo spunto da una campagna commerciale che si apre sotto i migliori auspici (non ci sono stati danni significativi da eventi climatici calamitosi) e dal dinamismo delle nostre aziende capaci di mettere a segno il record di export nel 2021. Quanto avvenuto negli ultimi tempi, e mi riferisco a Covid e tensioni internazionali, e il conseguente forte aumento dei costi del trasporto, porteranno a una globalizzazione più selettiva, creando nuove opportunità per le imprese. Macfrut 2022 è lo specchio di una filiera italiana che vuole ritrovare un nuovo protagonismo in Europa». All’evento sono state presentate le prime elaborazioni sui costi di produzione e sull’impatto dei recenti incrementi dei prezzi dei mezzi di produzione che hanno riguardato alcuni prodotti-tipo come il melone in Lombardia, la fragola in Basilicata e l’arancia-tarocco in Sicilia.