Gestire i fiumi per gestire l'acqua. Rispettando l'ambiente, ma senza sfociare nell'ambientalismo che (copyright Matteo Salvini) è un'ideologia, non più un ideale. Portata all'estremo, è la sintesi di quanto emerso nel corso di una tavola rotonda organizzata il 19 luglio da Confagricoltura Piacenza per fare il punto sulla gestione idrica e lo stato delle risorse in un territorio che vede tutt'ora un'intera valle esclusa dalla possibilità di irrigare, se non attingendo acqua dai pozzi.
Dunque, in competizione con gli usi civili. Proprio l'idea di colmare la falla, realizzando una diga per la val Nure, ha spinto l'associazione agricola a organizzare un incontro alla presenza del ministro per le infrastrutture e la mobilità sostenibile Matteo Salvini, già presente in città per un altro appuntamento.
Agricoltura e consumo di acqua
Alla tavola rotonda organizzata per discutere di come preservare e valorizzare l'acqua hanno partecipato Marco Trevisan, preside della facoltà di Agraria della Cattolica di Piacenza, Alberto Lasagna, direttore di Confagricoltura Pavia ma soprattutto ex direttore tecnico del canale Cavour e come tale esperto di risorse idriche, e Luigi Bisi, presidente dell'Ente Bonifica di Piacenza.
Il confronto è partito dalle diverse visioni di gestione dei fiumi, a iniziare da quello che dà il nome alla Pianura Padana. «Bacinizzazione o rinaturazione spinta per il Po? Come si possono integrare le diverse esigenze?», ha chiesto Elena Gherardi, Responsabile Comunicazione della locale Confagricoltura.
Netta la risposta di Alberto Lasagna: «In 1.200 anni l'uomo ha creato l'attuale sistema idraulico della Pianura Padana, che è al momento il più grande serbatoio regolato d'Europa. Purtroppo, si è spesso inclini a pensare il fiume come una linea, mentre in realtà andrebbe analizzato nella sua funzione di bacino, ossia come un poligono, composto dall'asta del fiume e da tutto ciò che la circonda. In quest'ottica ci si renderebbe conto, per esempio, che l'agricoltura non consuma acqua, ma la utilizza e la trasferisce dal fiume alla falda. È un aspetto complesso - ha continuato il relatore - ma possiamo dire che se togliessimo l'irrigazione, cambieremmo la curva della falda, che proprio grazie all'uso agricolo conosce, nel periodo primaverile, un'impennata». Si tratta, ha concluso Lasagna, di un equilibrio estremamente delicato e complesso.
«La falda, anche grazie all'irrigazione, si comporta come una diga con capacità di circa 900 milioni/un miliardo di metri cubi. Utilizzando l'acqua dei fiumi nei campi e facendola poi defluire nelle falde, è possibile accumulare acqua che altrimenti fuggirebbe verso il mare». Significativo il caso del 2022, quando, ha ricordato il relatore, nonostante la siccità generale la portata del Po tra Torino e Mortara è raddoppiata nel periodo di sommersione delle risaie.
L'uomo e i fiumi: un approccio pragmatico
Di approccio pragmatico ha parlato anche il preside della facoltà di Agraria della locale università. Citando, in primo luogo, alcuni numeri sul fabbisogno idrico nazionale. «Soltanto il 2,5% dell'acqua presente sul globo è utilizzabile dall'uomo, ma ogni anno 40mila chilometri cubi di acqua si spostano dal mare alla terra. Il fabbisogno del nostro Paese - ha proseguito Trevisan - è di 20 miliardi di metri cubi, dei quali 4,6 miliardi per uso civile, 3,4 per uso industriale e il resto per uso agricolo. Il 40% dell'acqua impiegata in agricoltura - ha aggiunto il docente - proviene dal sistema delle bonifiche, mentre il resto è preso dalle falde, dunque in concorrenza con gli altri impieghi. Con le opportune modifiche alla legge 156/06 potrebbe essere presa anche dalla depurazione, che rilascia ogni anno 6,7 miliardi di metri cubi di acqua (quella utilizzata per uso civile, più l'acqua piovana che finisce nel sistema fognario, ndr)».
In questo quadro, ha concluso Trevisan, le dighe hanno un ruolo fondamentale: sia per fornire acqua, sia per far fronte agli eventi estremi. «Per restare nel nostro territorio, soltanto la presenza di una diga sul torrente Arda ha impedito, nel luglio scorso, che i paesi della bassa valle fossero inondati dalla piena dovuta alle precipitazioni eccezionali verificatesi a monte».
Dighe, fiumi e bacini di laminazione
Non soltanto le dighe, ma gli stessi fiumi possono essere usati come bacini di laminazione in caso di piene. «Nel 2020 il Sesia si alzò di cinque metri in poche ore. Senza il Po a far da bacino di laminazione, avremmo assistito a un'esondazione disastrosa», ha ricordato Alberto Lasagna. «Anche per questo motivo - ha proseguito - è essenziale pulire il letto dei torrenti, rimuovendo pietre e tronchi d'albero che potrebbero creare tappi sotto ai ponti. Allo stesso modo si deve governare il fiume, individuando i punti di erosione e riportandovi sedimento preso dai punti di accumulo».
L'importanza dei bacini artificiali è stata infine sottolineata dal direttore della Bonifica Luigi Bisi: «Posto che il primo ruolo di un ente di bonifica è la tutela della sicurezza degli abitanti e delle attività produttive, occorre realizzare infrastrutture per favorire l'economia e fermare lo spopolamento delle aree svantaggiate, a partire da quelle montane. Si devono anche creare interconnessioni tra le valli, per portare acqua in quelle che ne sono sprovviste. La creazione di laghi può aiutare, ma attenzione alle proporzioni: quattro laghi permettono di accumulare 500mila metri cubi di acqua, una diga ne contiene 8 milioni».
Dal tecnico al politico
Sottolineare l'importanza di una corretta gestione dell'acqua e la necessità di realizzare una nuova diga sul territorio era lo scopo dell'appuntamento, come ha ribadito il presidente di Confagricoltura Piacenza Filippo Gasparini. «Occorrono una nuova diga sul Nure e una diversa gestione del fiume Trebbia: ostacoli come il deflusso minimo vitale non possono impedire una corretta regolazione delle acque. Il mondo agricolo è stanco di complicazioni inutili; chiediamo un cambiamento di rotta nella gestione delle risorse idriche, poiché il nostro settore non consuma acqua, ma valorizza un bene creando ricchezza e sviluppo».
Infrastrutture da realizzare
Di ideologia che fa perdere di vista un ideale condiviso (quello della tutela ambientale) ha parlato il ministro Salvini, ricordando alcuni esempi in cui burocrazia e un'interpretazione machiavellica delle regole hanno bloccato cantieri per mesi. «Dopo aver passato il 2023 a gestire l'emergenza siccità, quest'anno abbiamo chiesto a tutte le realtà italiane di inoltrarci progetti a medio termine per la gestione dell'acqua. Ne abbiamo ricevuti 562, 418 dei quali sono stati considerati congrui. Rappresentano il primo piano nazionale per lo sviluppo delle infrastrutture idriche, finanziabile con 12 miliardi di euro», ha ricordato il vicepremier.
Presente alla giornata anche il presidente nazionale di Confagricoltura Massimiliano Giansanti: «Per le infrastrutture - ha detto tra le altre cose - occorre un piano che vada oltre il Pnrr e lo completi. Un nuovo fondo comune coperto da bond europei per lo sviluppo della Ue e del settore agricolo. Non parlo soltanto di infrastrutture fisiche, ma anche digitali: in molte campagne non c'è internet e come possono gli imprenditori lavorare in queste condizioni?». Si deve pensare, ha concluso Giansanti, a una rete di satelliti europea, che ci renda indipendenti dai colossi americani. Nella fattispecie, da Elon Musk.