«Il sistema pensionistico italiano deve essere fortemente riformato. La copertura c’è, nessuno dice che lo sbilancio tra entrate e uscite è attivo di 10 mld». Ad affermarlo è il presidente della Cia Dino Scanavino denunciando una situazione pensionistica italiana seriamente critica, da ‘bollino rosso’. Gli ex lavoratori agricoli in Italia sono circa 460mila, tra questi l’89,4% non arriva a una pensione di 600 euro al mese. Ma la media di settore è notevolmente più bassa e si attesta sui 400 euro al mese, con punte minime di 276 euro. Una distorsione che azzera il ricambio generazionale sui campi: il 43% dei titolari di azienda ha più di 65 anni.
Questi, i temi affrontati durante il convegno: “Pensioni dignitose per gli agricoltori italiani. No al progressivo impoverimento delle pensioni dei coltivatori diretti e degli Iap, per il ricambio generazionale e la mobilità fondiaria”. Durante il dibattito, promosso dalla Cia insieme al suo patronato Inac, sono intervenuti il presidente della Cia Dino Scanavino, il presidente nazionale dell’Inac Antonio Barile, il presidente della Commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano e il capogruppo Pd in Commissione Lavoro alla Camera Marialuisa Gnecchi.
Durante i lavori è emerso che le riforme pensionistiche che si sono succedute negli ultimi venti anni, con la reintroduzione del sistema contributivo, hanno peggiorato in modo peculiare la previdenza dei coltivatori diretti e degli Iap. «Con le riforme Amato, Dini e Fornero vengono sottratti ai pensionati qualcosa come 900 mld di euro. È arrivato il momento di dare e non di togliere ancora – ha affermato Scanavino –. Abbiamo le retribuzioni minime più basse d’Europa, chiediamo quantomeno che vengano uniformate a quelle degli altri paesi europei. E tra i pensionati che stanno peggio, ci sono senza dubbio gli agricoltori che, tra l’altro, continuano a vivere nelle aree interne e rurali dove già scarseggiano welfare e servizi».
…
Leggi l'articolo completo su Terra e Vita 43/2016 L’Edicola di Terra e Vita